domenica 28 agosto 2016

Il “francese da 75” un nuovo implemento di distruzione per Mutant Future™


Un nuovo (si fa per dire, visto che era già antico al tempo della Catastrofe) implemento di distruzione ha resa nota la sua presenza nelle lande desolate del futuro post-apocalittico; la sua storia risale al tempo degli Antichi, molto prima che la Grande Catastrofe colpisse quella razza di semidei, annichilendone la civiltà e stravolgendo il loro mondo nella devastazione che noi tutti oggi conosciamo.

Paragonato alle altre, grandi reliquie dell’Ultima Guerra, non sembrerebbe essere chissà che, eppure, nonostante le sue (relativamente) ridotte dimensioni e capacità, questo ordigno è in grado di portare morte e distruzione su chiunque abbia la sventura di trovarselo di fronte.

Da che è stato introdotto sui mercati (e di conseguenza, negli arsenali) del Nuovo Mondo, è stato universalmente accolto con timore e soddisfazione: timore, perché la sua potenza non è cosa con la quale si possa giocare impunemente; soddisfazione, perché più di una comunità, una volta assicuratasi uno o più di questi ordigni, ha potuto garantire la sua sicurezza – quando non la salvezza – dalle incursioni di nemici e predoni, che avrebbero altrimenti avuto vita facile nelle loro scorribande.

Si tratta di un cannone, una delle mitiche armi degli Antichi, riportato alla luce non si sa bene da chi e da dove; fatto sta che, nel giro di pochi anni, c’erano già insediamenti che ne erano dotati ed altri ancora che li stavano fabbricando ex-novo.
I più informati affermano che le armate di Ulthar l’autoproclamato Signore della Guerra delle Terre Orientali ne siano ampiamente dotate, sia nella comune forma trainata che nella più esotica e sofisticata versione semovente, ma si sa che il Signore della Guerra ha potuto attingere da fonti sconosciute alle genti delle Terre Libere, dove tutte queste reliquie si trovavano evidentemente in abbondanza.

Gli storici più istruiti affermano trattarsi del mitologico “75” francese, un pezzo di artiglieria sviluppato antecedentemente alla prima, Grande Guerra riportata sui libri di storia, quando i precursori degli Antichi si fronteggiarono per anni devastando interi territori ma – fortunatamente per loro – ancora non disponevano delle risorse della tecnologia avanzata che hanno – secoli dopo – annientato la loro civiltà.
Già al tempo degli Antichi stessi, era dunque obsoleto ma talmente diffuso in tanta parte dell’orbe terracqueo che numerosi esemplari erano ancora disponibili, in musei e depositi, da poterci armare un piccolo esercito.

Oggi, questi pezzi da museo, ricondizionati, ricostruiti o addirittura fabbricati dalle comunità più tecnologicamente avanzate, stanno tornando a diventare lo standard con il quale si misura la potenza di una milizia o di un insediamento.

Viste le minacce che si stanno addensando, sia da est che da nord, sulle Terre Libere, ben presto il 75 tornerà a ruggire, probabilmente contro i suoi consimili in mano al nemico, in difesa della libertà ed indipendenza del Nuovo Mondo.

Come stanno in realtà le cose? Come preannunciato nella narrativa di cui sopra, qualcuno ha in effetti riesumato il classico tra i classici dell’artiglieria d’inizio ‘900, il celeberrimo canon de 75 mm Modèle 1897 francese, che rivoluzionò l’arma di artiglieria, rendendo obsoleta qualunque altra arma nel giro di una notte.

Dotato del (allora) rivoluzionario otturatore Nordenfeld a vite eccentrica e ad alta cadenza di tiro, di affusto (cosiddetto) a deformazione e di sistema di recupero idro-pneumatico, il 75 francese (com’era definito in tutto il mondo) stabilì le caratteristiche attorno alle quali ogni altro pezzo di artiglieria successivo venne progettato e costruito.

Adoperato essenzialmente nelle batterie di artiglieria campale, era sufficientemente compatto e leggero da poter essere trainato da cavalli ed in seguito dai primi veicoli a motore.

Sfruttando munizioni fisse, simili in effetti a grosse cartucce da fucile, si poteva caricare molto rapidamente; all’atto dello sparo, il cannone rinculava come tutti gli altri ma il sistema di ammortizzatori e di recupero idraulico non trasmetteva il moto all’affusto, sicché il cannone non si spostava dalla sua posizione e il tiro poteva essere ripetuto più e più volte, senza dover rimettere in batteria il pezzo o doverlo puntare di nuovo.
Inoltre, l’otturatore, ad azionamento meccanico-manuale, provvedeva da sé ad espellere il bossolo della granata appena sparata, rendendo l’operazione di ricarica estremamente semplice e rapida.

Se proprio aveva un difetto, questo era nell’affusto, la cui impostazione a timone fisso, era ancora ottocentesca e determinata dalla necessità di rendere il cannone facilmente trasportabile coi cavalli, cosa che limitava l’alzo (ed in conseguenza, la gittata) del pezzo.

Dapprima custodito come un segreto di stato, il 75 modello 1897 costituì la spina dorsale delle batterie di artiglieria da campagna francesi; nell’immediato dopoguerra, divenne pressoché ubiquitario, in quanto esportato e/o costruito su licenza in svariati paesi.
In questo periodo vennero introdotte numerose modifiche, principalmente all’asse e al timone, per modernizzarlo e renderlo in grado di essere movimentato da mezzi a motore ed avere un alzo ed un brandeggio nettamente superiori.

In questa forma, dotato di timone a bracci separati e ruote gommate con battistrada pneumatico, partecipò anche al secondo conflitto mondiale, specialmente nelle fasi iniziali e successivamente in quei teatri di guerra dove portabilità e maneggevolezza erano assai più importanti della mera potenza di fuoco, come nella Campagna del Pacifico, contro i giapponesi.
Di più: il cannone da 75 ha avuto una moltitudine di incarnazioni, essendo stato tra l’altro impiegato già al tempo della Grande Guerra, come cannone contraereo e semovente, venendo poi impiegato – nella Seconda Guerra Mondiale – come anticarro e addirittura montato su aerei per l’attacco antinave o contro bersagli al suolo, dopodiché scomparve dagli inventari di tutti gli eserciti maggiori e passò a diventare un pezzo da museo.

Ed è proprio nelle raccolte museali ed in altre esposizioni che – all’indomani della Guerra Finale – i sopravvissuti potrebbero trovarne letteralmente a decine nelle loro più disparate incarnazioni, tanto da poterlo rendere effettivamente un armamento standard non appena le condizioni tecnologiche e manifatturiere lo consentissero.

Su questo assunto infatti si basa questo articolo: che individui scaltri o istruiti ne abbiano trovati a sufficienza in condizioni operative da poterli rimettere non solo in funzione, ma riprodurli.

Come sempre, in questi casi, il vero problema sono le munizioni, perché se è vero che questi armamenti obsoleti sono facilmente rinvenibili, non è altrettanto vero per le munizioni.
Possiamo però supporre (ed è facile profezia) che si possano rinvenire in antichi testi le specifiche di queste granate così come alcune raccolte museali hanno in effetti in esposizione esemplari – intatti o “spaccati” - di dette granate, cosicché un tecnico o uno studioso particolarmente intraprendente potrebbe studiarle, comprenderne il funzionamento e riprodurle in serie.

Certamente, le loro caratteristiche e potenzialità non sarebbero certo pari a quelle delle munizioni originali prodotte dall’industria del XX secolo ma, con un po’ di buona volontà ed utilizzando altri tipi di esplosivo (magari non altrettanto stabili, sicuramente di potenza inferiore), si possono riprodurre dei colpi funzionanti, specialmente una volta riprodotte le spolette delle granate stesse, visto che a fabbricare un colpo solido non ci vuole poi chissà quale scienza!

L’arma: venendo alle specifiche ed alle statistiche di gioco, comprensive di regole della casa per rendere più realistica la simulazione, possiamo dire che i dati essenziali dell’arma-base (reali!) sono i seguenti:

Calibro: 75mm
Lunghezza totale: 5,6m
Lunghezza della canna: 36 calibri
Tipo di affusto: a timone fisso
Peso: 1140 kg (configurazione di tiro), 1970 kg (configurazione di viaggio)
Tipo di munizione: fissa, carica unica
Cadenza di tiro: 12 colpi/minuto
Velocità iniziale: 529 m/sec.
Gittata: 8550 m.
Limiti di elevazione: -11°/+18°
Limiti di brandeggio: 6°
Distaccamento: 6 serventi

Il cannone è dotato di uno scudo anteriore, a protezione degli organi di mira, del pezzo e dei serventi; lo scudo – in termini di gioco, offre protezione al puntatore, al capo-pezzo e al caricatore dagli attacchi frontali (CA 6) portati con armi leggere (individuali/personali) e schegge di granata.

In termini di gioco, il “75” ha le seguenti caratteristiche:

Arma                       Danno    Cadenza      Gittata (norm/max)       Peso
Cannone da 75mm speciale    normale             3000/60001              1140

1 questa è la gittata per il tiro diretto, mirando con gli organi predisposti sull’affusto (cannocchiale e/o reticolo di mira); se usato per il tiro indiretto/curvo (con l’ausilio dell’apposito mirino panoramico) la gittata arriverebbe in realtà a 8,5 km.



Le munizioni: come anticipato sopra, il 75 francese sparava munizioni fisse, con bossolo in ottone, carica unica e innesco a percussione.
I tipi di granata impiegati erano originariamente due: shrapnel e esplosivi/dirompenti; nel corso degli anni vennero introdotte altri tipi di granate, come quelle fumogene e chimiche e quelle perforanti/anticarro.

Al momento le uniche riprodotte/utilizzate nel mondo post-apocalittico sono quelle esplosive e quelle perforanti, mentre le shrapnel sono state sostituite da cartocci a mitraglia, in funzione antiuomo.

Tutte le munizioni attuali (quindi non reliquie) sono fabbricate con lamiera metallica per i bossoli e una lega simile alla ghisa per le granate, ottenuti con metalli di recupero; il peso delle munizioni complete (innesco, bossolo, carica di lancio e granata) si aggira intorno ai 9 kg.

Le granate esplosive – originariamente caricate con acido picrico prima e successivamente con tritolo (TNT) – oggi sono caricate con una varietà di esplosivi fatti in casa, di varia affidabilità e/o efficacia; in termini di gioco gli effetti sono gli stessi per tutte le tipologie e sono sommate nella tabella delle statistiche.

Le granate perforanti sono realizzate con una grossolana lega d’acciaio di qualità variabile, si tratta di proietti solidi, senza particolari accorgimenti tecnici/balistici e relativamente facili da fabbricare; il loro scopo è colpire bersagli puntiformi con tiri tesi e mirati e non godono di bonus particolari come le altre munizioni perforanti più moderne.

L’ultimo tipo di granata, realizzata ex novo al posto delle granate caricate a shrapnel, è il cartoccio a mitraglia, fabbricato con lamiera metallica e caricato a polvere pirica e palle di piombo o altro materiale di recupero.
La granata viene caricata come qualunque altra munizione ma appena lasciata la volata, l’involucro di lamiera si apre, scaricando i proiettili in essa contenuti come una cartuccia a pallettoni da un fucile da caccia, colpendo qualunque cosa in un cono la cui ampiezza è 1/10 della distanza (p.es. 1 metro alla distanza di 10 metri, 2 a 20, 3 a 30 etc. etc.).

Le statistiche di gioco per le varie munizioni sono le seguenti:

Tipo granata:        Danno:       Raggio di scoppio:       Peso:
Esplosiva                4d10                    60                      6,6 kg
Perforante              6d10                     -                   6,3 kg
a mitraglia             1d101                      3302                   7,0 kg

1 il danno è per la singola pallottola, ogni bersaglio viene in realtà colpito da 1d12 di pallettoni entro 1/3 del raggio di scoppio, 1d8 per i restanti 2/3;
2 il raggio di scoppio indica la lunghezza massima del cono che ha per apice la bocca del cannone e – come detto più sopra – un’ampiezza pari a 1/10 della distanza (33x330 alla massima portata); entro i 110 piedi, il numero di proiettili a segno è determinato dal lancio di 1d20, dai 110 ai 330 piedi, il numero scende a 1d10 a causa della dispersione della rosata.

Regole speciali: come per tutti gli altri articoli, queste regole sono assolutamente opzionali ed a discrezione del Mutant Lord e/o dei suoi giocatori e riguardano essenzialmente l’affidabilità del cannone (o meglio, delle sue munizioni) e gli effetti particolari dei cartocci a mitraglia.

1) affidabilità delle munizioni e fumble: quando si sparano dal cannone munizioni di nuova fabbricazione, a causa delle grosse limitazioni tecnologiche degli abitanti della desolazione, non sempre le cose vanno come dovrebbero andare.
Questo vuol dire che se il tiro per colpire è un fumble (1 su 1d20) c’è la reale possibilità che la munizione sia difettosa/fasulla ovvero che possa detonare prematuramente, causando danni all’arma e al personale che la serve.

Se la granata è di tipo esplosivo, lanciate 1d10: se esce 1, la carica esplosiva è instabile e detona prima ancora di lasciare il cannone.
Lo scoppio rottama il cannone e tutti i personaggi entro 30 piedi di raggio devono effettuare un tiro-salvezza contro Morte o subire 4d10 di danni.

Se il risultato del d10 è >2, la granata è difettosa o la carica di lancio fasulla (50/50); nel primo caso, la granata parte regolarmente ma una volta sul bersaglio non esplode (se il bersaglio è un oggetto fisso, subirà 5d8 di danno da impatto, senza alcun ulteriore effetto). Se è la carica di lancio a malfunzionare, la granata non parte e occorre espellerla dalla culatta e caricarne un’altra.

Con le granate perforanti, l’eventuale fumble è pressoché sempre una mancata accensione della carica di lancio, in quanto non c’è nulla nella granata che possa esplodere.

In caso di fumble per le cariche a mitraglia, possono aversi due risultati (50/50): una mancata accensione della carica di lancio ovvero la mancata apertura del cartoccio; in quest’ultimo caso, il proietto vola disordinatamente per qualche decina di metri senza alcun effetto – a meno che non colpisca direttamente qualche sfigato o non si spatacchi contro qualche ostacolo – nel qual caso la pura massa del proietto è sufficiente ad infliggere 5d6 di danni.

2) munizioni a mitraglia: come anticipato più sopra, le munizioni caricate a mitraglia agiscono di fatto come una scarica di pallettoni esplosa da un gigantesco fucile da caccia.

Per simulare l’effetto devastante che hanno questo tipo di colpi sul personale allo scoperto, la procedura di attacco e di danno è diversa, rispetto alle normali regole di combattimento.
Di fatto, quando il cannone spara, il tiro per colpire è determinato dal lancio di un d20 regolare; dal momento che si considera che il cannone stia attaccando un settore di terreno davanti a sé e non un singolo bersaglio, ogni lancio >10 è un colpo a segno e a seconda della distanza dalla bocca da fuoco ogni personaggio che si trovi nell’area di pericolo verrà automaticamente colpito da 1 o più pallettoni.
Per determinare chi è stato colpito, ogni personaggio in pericolo deve effettuare un tiro salvezza contro Energia o subire i danni previsti (1d10x1d12 ovvero 1d10x1d8 se oltre 1/3 della gittata); se il tiro salvezza riesce, subirà comunque 1d10 di danni, a meno di aver ottenuto un 20 naturale.

Note finali: era da parecchio tempo che non postavo nulla per Mutant Future così come era da eoni che volevo inserire nella mia campagna di gioco questo particolare pezzo di artiglieria, anche in virtù del fatto che un sacco di questi pezzi (e gli obici paricalibro) armano le orde di Ulthar, il Signore della Guerra, per lo più montati sui suoi semoventi.

Dal momento che il Modéle 1897 è stato il primo del suo genere ed è in effetti molto diffuso presso le maggiori raccolte museali (anche private) di buona parte del mondo occidentale, dove si ambientano la maggior parte delle avventure nel mondo post-apocalittico di Mutant Future, quindi è ragionevole presupporre che studiosi o archeologi del lontano futuro possano rinvenire uno o più di questi gingilli perfettamente preservato e tentare di rimetterli in funzione e/o riprodurli, molto più che non con pezzi di artiglieria ben più moderni (e sofisticati) i quali, tra l’altro, a meno di ritrovamenti fortunosi e clamorosi, con ogni probabilità saranno andati distrutti (o messi fuori uso, prima di abbandonarli) durante l’Ultima Guerra, da qui la scelta di questa vera e propria reliquia per introdurre le artiglierie a traino meccanico/animale e sopperire al generico cannone riportato a pag. 110 del manuale di base.

Sperando sempre di aver fatto cosa gradita, vi do appuntamento al prossimo post. Enjoy!



venerdì 26 agosto 2016

Mauser, Luger e gli altri… (The Armory per Call of Chtulhu™)



Dopo la prima incursione nel campo delle pistole semiautomatiche marcate Browning, passiamo ad esaminare il resto del panorama, per quanto riguarda la stessa categoria di armi proveniente però da altre fonti.

Forse non tutti sanno che la prima arma semiautomatica commercialmente di successo fu realizzata da Hugo Borchardt (un tedesco naturalizzato americano) nel 1893, prodotta dalla Ludwig Loewe & Co. in quel di Berlino.
Si trattava di un’arma massiccia e ingombrante, che sparava una peculiare cartuccia a collo di bottiglia scanalata calibro 7,63mm che divenne la base per cartucce similari successive di grande potenza, come la 7,63mm Mauser e la 7,65mm Parabellum di George Luger, che fu allievo del Borchardt ma che superò di gran lunga il maestro, grazie alla realizzazione della celeberrima pistola Parabellum ovvero P-08 dall’anno d’adozione ufficiale presso l’Esercito Imperiale tedesco.

Di queste tre armi, soprattutto le ultime due ebbero grandissima diffusione in tutto il mondo e vennero realizzate in una serie di modelli varianti che però, in definitiva, sono modifiche minori delle armi-base, perciò analizzeremo in questo post solo i modelli “originali”.

Fabbricata a partire dal 1896 fino al 1937, la pistola semiautomatica Mauser C-96 fu realizzata (o per meglio dire, copiata e non necessariamente su licenza) anche in Spagna ed in Cina.
Si tratta di un’arma robusta, pesante, caratterizzata da una configurazione peculiare, con la lunga canna esposta e il serbatoio – integrale all’arma e inamovibile – posto davanti alla guardia del grilletto.

Per il caricamento ci si avvale di lastrine (tipicamente Mauser) da 10 cartucce, inserite nell’otturatore aperto; le cartucce vengono inserite nel serbatoio con il pollice, dopodiché la lastrina viene scartata quando l’otturatore va in chiusura, azione che fa si che la prima cartuccia venga contestualmente inserita in canna, rendendo l’arma pronta al fuoco.

Di quest’arma furono prodotte numerose versioni, principalmente nel calibro nativo 7,63x25mm ma per l’esportazione la Mauser produsse anche modelli camerati per la cartuccia 9mm Mauser Export una cartuccia di grande potenza, oggi desueta.
Durante la Prima Guerra Mondiale, l’esercito imperiale, in nome della standardizzazione, fece produrre e/o modificare un certo numero di pistole Mauser perché impiegassero la cartuccia standard 9mm Parabellum; le armi così modificate hanno inciso sul calcio un grande numero 9 dipinto di rosso, per evitare che qualcuno inavvertitamente vi caricasse le 7,63mm Mauser.

Come gran parte delle pistole semiautomatiche di fine XIX secolo, la Mauser era dotata di un calciolo-fondina amovibile di legno e cuoio, che si incastrava nel calcio della pistola e la trasformava in una specie di carabina semiautomatica, molto utile per il tiro mirato a lunga distanza.
Venendo alle specifiche dell’arma, sono le seguenti:

lunghezza: 295 mm
canna: 140 mm
peso: 1,05 kg
cap. caricatore: 6 o 10 cartucce caricatore integrale inamovibile

mentre le statistiche di gioco sono le seguenti:

calibro:                              Colpi/round:    Danno:    Gittata*:    Malf.:
7,63x25mm                                2                 1d10             25              99
9mm Mauser Export                 1                1d10+1          25              98

nel 1912 apparve il modello “definitivo” della Mauser, la pistola M1912 la più utilizzata durante e dopo la Grande Guerra; le specifiche e le statistiche di gioco sono identiche al modello precedente, se non per il peso (1,25 kg.) e l’introduzione di caricatori amovibili a scatola.
A questo modello appartiene la famosa modifica numero 9 in calibro 9x19mm Parabellum, che ha le seguenti statistiche:

calibro: 9x19mm Parabellum
colpi/round: 3
danno: 1d10
gittata*: 20
malf.: 99
munizioni: 6, 10 o 20 colpi (anche in 7,63mm Mauser)

*con il calciolo/fondina montato la gittata diventa 50; il calciolo/fondina pesa – staccato – 0,45 kg. circa.

Veniamo ora all’altra, grande concorrente, la celeberrima Pistole Parabellum 1908, la prima arma ad adoperare la – oggi ubiquitaria – cartuccia 9x19mm Parabellum dalla quale l’arma prese la sua denominazione ufficiale.
Progettata da Georg Luger alla fine del XIX secolo, vide la luce con il primo modello nel 1900, camerata per la cartuccia 7,65x21 Parabellum, munizione progettata da Luger derivandola dalla originaria 7,63mm di Borchardt; come questa, la 7,65mm è una cartuccia scanalata a collo di bottiglia, più corta di 4mm rispetto alla cartuccia “madre” ma con una carica di lancio che la rese (per i tempi) piuttosto potente (anche se non ai livelli della 7,63x25mm Mauser).
Questa combinazione arma/munizione ebbe larga diffusione e fu adottata da svariati eserciti europei, il primo tra i quali fu quello svizzero, mentre in Germania fu adottata – con una canna leggermente più lunga – dalla Marina Imperiale, nel 1904, come Pistole 04 o P-04 per brevità.

Introdotta nel 1902 la cartuccia 9x19mm, ottenuta per allargamento del colletto della 7,65mm così da ottenere un bossolo scanalato dritto, con la contemporanea riduzione di 2mm della lunghezza del bossolo, Luger passò a modificare la sua pistola perché potesse sparare questa nuova munizione.

Seguendo l’esempio del suo maestro (Hugo Borchardt) Georg Luger modificò ed adattò il sistema di funzionamento a corto rinculo con apertura ritardata “a ginocchiello” della C-93 di Borchard, rendendolo però più funzionale e meno ingombrante, mentre il caricatore, amovibile, era inserito nel calcio della pistola, nella posizione oggi consueta.

La “nuova” pistola fu adottata dall’Esercito Imperiale tedesco nel 1908 ed ottenne la designazione P-08 dall’anno di adozione.
Come buona parte delle prime pistole semiautomatiche, anche la Luger poteva essere dotata di calciolo/fondina amovibile e durante la Grande Guerra ne venne prodotta una speciale versione a canna lunga, denominata Luger “Artiglieria” in dotazione principalmente ai sottufficiali di artiglieria e ai distaccamenti di mitraglieri, salvo poi diventare nell’ultimo anno di guerra dotazione standard per le Sturmtruppen negli assalti alle trincee avversarie.

Luger "Lange" o "Artillerie" 08 a canna lunga con calciolo/fondina
montato e caricatore "a chiocciola" da 32 colpi.
Per questo modello in particolare, fu sviluppato il famigerato caricatore a chiocciola funzionante ad orologeria e contenente ben 32 cartucce, che poteva però essere usato con qualunque modello di Luger in 9mm Parabellum.

Le specifiche per i 3 modelli principali della pistola Luger sono:

                        P-08 (Esercito)    P-04/06 (Marina)    “Lange/Artillerie” 08

lunghezza:            223mm                   267mm                             315mm
canna:                   102mm                   152mm                             203mm
peso:                       0,87 kg.                   0,96 kg.                          1,05 kg.
caricatore: amovibile, monofilare con capacità di 8 colpi, in alternativa, caricatore “a chiocciola” da 32 colpi.

Le statistiche di gioco sono le seguenti:

calibro:                         colpi/round:   danno:    gittata1:     malf.2:
7,65mm Parabellum            3               1d8+1          20                99
9mm Parabellum                 3               1d10            20                99

1 tutti i modelli eccetto quello “artiglieria” che è 25, col calciolo/fondina agganciato, la gittata radoppia (40/50);

2 la Luger è di costruzione eccellente ma con tolleranze strettissime: la percentuale di malfunzionamento si riferisce ad una pistola in ottime condizioni di manutenzione; in caso di arma negletta o sporca, scende di ben 5 punti (94).

nota: le specifiche di cui sopra fanno riferimento ai modelli militari di Luger e/o di Mauser, di cui – nel periodo in oggetto ne Il Richiamo di Chtuhlu – c’è grande abbondanza sul mercato in quanto surplus di guerra ovvero souvenir riportati dai soldati al ritorno dal fronte.

Molto diffusi sul mercato erano i modelli civili, dei quali sono molto più comuni quelli in calibro 7,63x25mm e 9mm Mauser Export (più rari) per la Mauser ovvero in 7,65x21mm Parabellum per la Luger, che ha anche la canna più lunga (127mm) rispetto al modello militare standard; i modelli civili inoltre non sono dotati normalmente di attacchi per il calciolo/fondina, giusto per precisare.

Sperando, come sempre, di aver fatto cosa gradita, vi do appuntamento al prossimo articolo per integrare ed ampliare l’arsenale a disposizione dei vostri intrepidi investigatori.


venerdì 5 agosto 2016

Quando non serve essere "originali" a tutti i costi.


Certo che è incredibile come la stessa, identica idea di base possa dar vita a due risultati assolutamente diversi.

Nello specifico, mi riferisco a due dei filmoni senza gli attoroni che ho recentemente visionato: Assalto dallo Spazio (Invisible Invaders 1959) e il coevo (e finora inedito nel Belpaese) ed universalmente aborrito Plan 9 from Outer Space.

A ben vedere, entrambi si basano sull'idea che gli invasori alieni adoperino come arma i cadaveri rianimati dei recentemente morti, nel primo caso mediante possessione da parte dell'entità extraterrestre stessa, nel secondo mediante l'innesto di impianti elettromagnetici nel cervello dei morti.

È evidentemente lo svolgimento e la realizzazione (oltre alla relativa povertà o ricchezza dei mezzi impiegati) che fanno la differenza tra i due, con il primo che si basa più sull'azione (per così dire) da parte dei protagonisti, mentre il secondo alla fine non è che una lunga raspa mentale pseudo-psicologica condita da (sottilissime) venature antimilitariste, apparentemente buttate là per dare sostanza e credibilità all'intervento alieno.

Tra l'altro, si potrebbe anche dire che il primo in realtà abbia plagiato il secondo, perché in realtà il caFolavoro di Ed Wood è del 1957 (quando venne proiettato per la prima volta col titolo Grave Robbers from Outer Space), mentre Invisible Invaders è per l’appunto del '59, eppure è Plan 9 che sembra un plagio e non il contrario.

Quello che fa davvero la differenza, alla fine, come sempre è la sospensione dell'incredulità, che in Plan 9 è praticamente inesistente, mentre in Invisible Invaders ci ripensi solo dopo averlo visto, come i cervidi, a mente fredda.

Con questo voglio dire che, in realtà, come in qualunque altro tipo di narrazione (ed il gioco di ruolo, in definitiva è una narrazione in fieri) a volte non è importante l’idea alla base, che potrebbe (e spesso è) essere qualcosa di non assolutamente originale (anche perché, oggi come oggi, ditemi chi ha idee veramente originali) addirittura di già visto; è come la metti in campo, come la sviluppi e soprattutto quanto riesci a renderla interessante e/o divertente (e quindi credibile, anche quando si parla di fantascienza o fantasy) che conta.

Questi due film, oggidì pressoché dimenticati se non per un pubblico di appassionati, ne sono un esempio concreto e presente, che tutti dovremmo avere sempre a mente quando scriviamo qualcosa, che sia un racconto o un romanzo, una sceneggiatura ovvero una “semplice” avventura per il nostro gioco preferito.

Ricordate sempre: non è nell’idea in sé il successo ma nel modo in cui la usi e nei mezzi che profondi per renderla fruibile, perché – specialmente nel mondo del gioco di ruolo che, fortunatamente, non ha limiti di budget – scambiando l’ordine dei fattori il risultato può cambiare e anche di brutto!