domenica 14 aprile 2013

Come fu che avvenne la Fine del Mondo – prologo irriverente, drammatico ma non serio, per qualsiasi ambientazione post-apocalittica

Verso la metà del XXI secolo la situazione mondiale aveva ormai raggiunto il punto di non ritorno.
L'occidente languiva ancora in preda ai postumi della più devastante crisi economica (derivata dalla crisi finanziaria artatamente provocata da bancari deficienti e speculatori senza scrupoli) di tutti i tempi, le tigri asiatiche e gli (ex) paesi emergenti del continente sudamericano imperversavano – rovinando intere economie nazionali con i loro prodotti a basso costo prodotti da legioni di operai sottopagati – in una guerra commerciale senza precedenti per occupare il vuoto di potere dopo il crollo dei regimi capitalisti dei paesi del primo mondo ed accaparrarsi i mercati globali.

Intanto, tutto il mondo islamico – passata la buriana della cosiddetta primavera araba – era in fermento, sobillato da ideologie pan-islamiste e fomentato da agitatori tratti dai peggiori integralisti islamici.
Quando alla fine il più vocale degli stati canaglia, l'Iran, si dotò per davvero dell'arma atomica, il mondo occidentale si decise finalmente ad agire con una decisa azione di polizia sotto l'egida dell'ONU, azione che si tradusse nell'ennesimo stillicidio durato quasi 10 anni, durante il quale i vari paesi coinvolti nel conflitto finirono per dissanguarsi dal punto di vista economico e militare, in particolar modo gli Stati Uniti.

Troppo tardi gli americani si accorsero di esser stati presi bellamente per il culo dai loro fedeli alleati arabi in medio oriente; mentre gli... eroi a stelle e strisce si facevano scannare da terroristi, guerriglieri e fondamentalisti di tutto il mondo lontano casa, Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi vari si facevano i beati cazzi loro, foraggiando guerriglieri e terroristi islamici e fomentando l'odio contro l'occidente e dando rifugio ai peggiori elementi del fondamentalismo islamico più estremista e guerrafondaio, finché, in una mossa a sorpresa, gli arabi non dichiararono la nascita del Grande Califfato Islamico invitando i musulmani di tutto il mondo ad unirsi nella Jihad contro gli infedeli.

I primi ad insorgere come un sol uomo al grido di quei grandi classici del repertorio maomettano come Allah è Grande! e La spada è la chiave del paradiso furono proprio tutti quei paesi del nord Africa e del vicino oriente che erano stati un tempo i protagonisti del cosiddetto rinascimento islamico.

Per prima cosa, si lanciarono con rinnovato vigore contro Israele che questa volta, messo veramente alle strette e senza più l'appoggio degli Stati Uniti – ormai col culo a terra e alle prese con una nuova guerra di secessione da parte delle milizie fondamentaliste cristiane contro il governo federale e con la resuscitata rivoluzione messicana, intenzionata, nel nome di Santa Ana assurto ora a simbolo della riscossa nazionale, a riannettersi il Texas, la California, l'Arizona e il New Mexico nonché con una recrudescenza del terrorismo domestico, islamico e non – ricorsero all'opzione nucleare (tanto perché avevano sempre giurato e spergiurato di non possedere armi atomiche) – nuclearizzando Il Cairo, Amman, Beirut, Damasco, Baghdad e – giusto per andare sul sicuro e togliersi lo sfizio – Gaza, Ramallah, Gerico, Nablus e Hebron (e risolvendo così una volta per tutte la questione palestinese), venendo a sua volta spianata dai missili nucleari sauditi (acquistati a suo tempo - e sottobanco - dalla (ex) Unione Sovietica), e pachistani – che nel frattempo erano corsi di gran carriera ad annettersi tutto l'Afghanistan e buona parte delle repubbliche islamiche (ex sovietiche) contigue e dichiarando la nascita della Grande Repubblica Islamica, con grave scorno dei russi che seguendo la dottrina Putin non avevano ancora rinunciato a rimettere in piedi il Grande Impero Sovietico.

In Europa intanto, la situazione non era delle più rosee: la prima mossa intrapresa dagli stati appartenenti al Grande Califfato fu di chiudere il rubinetto del gas verso i paesi degli infedeli, mentre all'interno delle varie nazioni europee le minoranze islamiche, divenute nel corso dei decenni sempre più numerose e prepotenti, grazie anche alle politiche lassiste e tolleranti nei loro confronti, cominciavano a fare casino reclamando (ulteriori) diritti e l'adozione della shari'a al posto delle leggi in uso nei vari stati, con la scusa di voler combattere l'immoralità diffusa e la corruzione degli imbelli governi cristiani.

Questo nell'ignoranza più assoluta riguardo il fatto che gli stati occidentali sono (quasi) tutti delle repubbliche democratiche costituzionali e assolutamente laici e non stati teocratici, con un'unica, doverosa eccezione – l'Italia – dove la politica, anche quando più dichiaratamente liberista e/o socialista era ancora invece smaccatamente pedissequa dei dictat del Vaticano.
Gli stati interessati risposero picche alle pressanti richieste di “moralizzazione” (e islamizzazione coatta) e ricorsero – per la prima volta nella storia moderna – al pugno di ferro contro questi rompicoglioni d'importazione, specie in quei paesi più noti per la loro tolleranza, come l'Olanda e la Danimarca, dove ormai ne avevano fin sopra le palle della prepotenza di questa gentaglia venuta a dettar legge in casa loro.

In conseguenza di questo giro di vite (che se non si fosse ancora capito, era stato orchestrato ad arte dagli elementi filo-islamici foraggiati dal Grande Califfato), tutte le popolazioni del Magreb (con le notevoli eccezioni dei mediorientali e dei palestinesi, ancora alla ricerca di una soluzione al problema di essere diventati tutti di punto in bianco fosforescenti) insorsero come un sol uomo, invadendo (come se non l'avessero già fatto nei 50 anni precedenti) l'Europa meridionale, con l'appoggio delle quinte colonne già presenti sul territorio di Spagna e Francia.

I turchi, nel frattempo, presi decisamente alla sprovvista dal rapido avvicendarsi degli eventi, finirono per spaccarsi al loro interno tra le fazioni islamiche estremiste e le fazioni laiche ed europeiste, fino a che l'esercito non decise di dire la sua e prendere a bastonate gli uni e gli altri, sancendo la legge marziale e l'instaurazione di fatto di una junta militare.

In tutto questo marasma, c'è sempre chi decide di non farsi i cazzi suoi e questi furono i greci; prendendo la palla al balzo, decisero di regolare finalmente i conti con gli odiati turchi ed intrapresero, sotto la spinta del nuovo governo a guida neonazista (eh, si, il rincoglionimento generale della popolazione aveva fatto si che i dementi di Alba Dorata invece di scomparire prendessero sempre più piede), una campagna di conquista militare di Cipro e delle altre isole dell'Egeo, allargandosi ad occidente verso i Balcani e le (ex) repubbliche jugoslave e mettendo in atto una vera e propria pulizia etnica dei territori occupati con la deportazione coatta di tutti i musulmani (e dei non ortodossi) dal paese.

Questo a sua volta scosse all'azione il neo-insediato governo militare di Ankara che – spostata nuovamente la capitale ad Istambul – decise di seguire le orme del grande conquistatore ottomano Mehmeth II e dichiarata la fondazione del Nuovo Impero Ottomano passò ad aggredire militarmente i paesi dell'Europa centrale e meridionale (Grecia in primis e poi Bulgaria, Romania, Ungheria) spingendosi fino alle repubbliche Ceca e Slovacca e alla Polonia, Ucraina e Bielorussia a est e fino ai Balcani e alla Dalmazia a ovest.
Nel frattempo, in Italia, il governissimo di destra-centro-sinistra – già alle prese con le recrudescenze secessioniste del nord, cominciate già all'indomani della dichiarazione di indipendenza dei vari stati americani – si destreggiava all'insegna del cerchiobottismo più becero di andreottiana memoria, dando così la stura ad ogni istanza minoritaria, specie di quelle più scassapalle, faziose, intransigenti e antidemocratiche (quelle che, per intenderci, non hanno ancora capito che democrazia non vuol dire “faccio il cazzo che mi pare” ma “comanda la maggioranza”).
Questa tattica temporeggiatrice avrebbe dovuto garantire la sicurezza dei patri confini e invece divenne un invito a nozze per le orde islamiche provenienti da est e da sud, come sempre foraggiate e fomentate dal Grande Califfato.

Sorprendentemente, però, la reazione del popolo italico contraddisse platealmente quella del governo: ovunque sul territorio nazionale si levarono le milizie popolari, nei cui quadri, paradossalmente, militavano in gran numero proprio quegli immigrati di religione islamica di seconda e terza generazione, che non avevano alcuna intenzione di ritrovarsi in un paese musulmano sotto l'egida della shari'a.

A questo punto, gli alti comandi arabi presero una fatale decisione, che avrebbe influito sull'esito del conflitto nel Belpaese prima e in tutta Europa poi.

Credendo veramente che in Italia comandassero i preti (nella loro ottusa mentalità teocratica, la leadership del Califfato non aveva capito che solo i politicanti leccavano il culo ai maggiorenti della Chiesa cattolica per ottenerne i favori...) e che l'Europa fosse davvero cristiana, anziché dirigere l'attacco contro i centri nevralgici dell'apparato militare, lanciarono un attacco nucleare contro la Città del Vaticano, nella profonda convinzione che un'azione del genere avrebbe demolito il morale e la capacità di resistenza degli infedeli imbelli.
Il Vaticano venne spianato da un ordigno da 100 kt, esploso proprio su San Pietro, decapitando di fatto le alte gerarchie della Chiesa Cattolica Romana, manco a farlo apposta impegnate in un sinodo in Vaticano per discutere la preoccupante situazione internazionale.

 Al proditorio bombardamento atomico su Roma tutto il mondo occidentale in effetti reagì: in Gran Bretagna il re fece i bagagli in fretta e furia, nel timore che gli islamici volessero fare il bis anche con la chiesa anglicana; i luterani con una scrollata di spalle pensarono che era un segno mandato dal padreterno ai papisti per la loro ottusità riguardo il sacerdozio femminile e l'omofobia, mentre all'est - alla faccia dell'ecumenismo - patriarchi e pope fecero la hola.

Intanto, in terra italica, il progetto d'invasione - teso a dare il colpo di grazia alla resistenza degli infedeli - proseguì con il lancio sulla Capitale delle divisioni aviotrasportate d'élite Saladino e Maometto che al grido di Allah Akbar si paracadutarono su Roma, immaginando di trovare la città in preda al panico ed ogni resistenza organizzata tacitata.

Contrariamente alle aspettative, l'attacco sulle istituzioni vaticane aveva colpito la sola classe politica italiota, rimasta letteralmente basita ed incapace della benché minima capacità di reazione ma non il resto del popolo italiano che anzi, com'è (purtroppo) assai tipico delle nostre latitudini, aveva accolto la notizia del bombardamento di Roma e la distruzione del Vaticano nei modi più diversi e partigiani possibili.

I paracadutisti islamici, esterrefatti, vennero aggrediti con ogni mezzo possibile ed immaginabile dalla popolazione residente.
Tutti gli apparati di difesa militari della città (con la sola eccezione del presidio e del distretto militare di Roma, che erano adiacenti all'area nuclearizzata) erano infatti rimasti praticamente intatti mentre i cittadini romani, incazzati come picchi, avevano preso le armi – comprese asce, faci e forconi – sottraendole in buona parte alle imbelli forze dell'ordine e alle forze armate (oramai più una parodia di mercenari che un vero e proprio esercito nazionale stanziale) per vendicare l'ingiuria contro la urbs æterna.

In un replay in salsa romana della battaglia della Marna, furono utilizzati tutti i mezzi disponibili, compresi gli autobus dell'ATAC (ma non i taxi, dal momento che i famigerati tassinari romani colsero al volo l'occasione per l'ennesima rivendicazione contro il Campidoglio) per convogliare le milizie cittadine contro gli invasori.
Non solo, ma in una riedizione in salsa radical-chic italiota della famosa guerra delle Toyota nel Chad del XX secolo, vennero lanciati nella mischia in gran numero i famigerati SUV che ormai da un paio di decenni scorrazzavano impunemente per le vie della capitale, mandando ovviamente in bestia tutti gli automobilisti ed i pedoni non avvezzi alla SUVerbia dei loro proprietari.

Nell'intento di vendicare il loro orgoglio ferito dal prezzo sempre più esorbitante dei carburanti, dovuto in buona parte alle speculazioni delle compagnie petrolifere con la scusa dell'embargo petrolifero islamico, i proprietari di questi costosissimi ed ingombrati bidoni semoventi, si scagliarono come iene contro gli invasori, ungendo letteralmente le ruote con i loro cadaveri ed attirando su di sé, a causa della brutalità degli attacchi, il grosso del fuoco nemico, che fu così divertito dalle unità combattenti del popolo.

Il risultato fu che – per una volta tanto – i SUVvisti si resero utili e grazie al loro generoso (anche se interessato) sacrificio il traffico di Roma finalmente poté tirare il fiato dopo decenni di tirannia da parte degli odiosi mammut su ruote.

La resistenza romana ebbe un effetto prodigioso su tutti i paesi occidentali impegnati nel conflitto per stallare l'invasione islamica; in Germania qualcuno ritirò fuori dal cassetto una certa direttiva di un tal cancelliere al potere negli anni '30 del XX secolo per fare finalmente piazza pulita di tutti i subum... ahem!... gli immigrati dal sud e dall'est del mondo (specie quelli di religione musulmana) accomodandoli in appositi ghet... ahem!... acquartieramenti, sotto il controllo delle forze armate e ivi messi al lavoro per incrementare la produzione bellica a servizio e beneficio della razza padr... ahem!... del popolo e dello stato germanico.

Dal canto loro, gli Stati (dis)Uniti d'America, ormai vieppiù irritati da tutte le rogne che gli erano piovute addosso, in un momento di rara presa di coscienza politica, decisero di fare la cosa giusta (sempre secondo il loro criterio ignorante) lanciando un devastante attacco nucleare contro tutti i nemici, interni ed esterni, nessuno escluso.
Fu così che una pioggia di testate nucleari si abbatté su tutti i paesi arabi, sui messicani e – perché no? - sui vari stati separatisti (utilizzando però testate a neutroni per eliminare dissidenti e rompicoglioni ma non i beni immobili e materiali) e – tanto per non farsi mancare niente – sui nordcoreani, anche se, ad onor del vero, era ormai un po' che non si facevano più sentire, da quando cioè la Cina aveva preso per la collottola i suoi riottosi alleati rimettendoli al loro posto dopo la crisi (pseudo)atomica del 2013.

Per non essere da meno, i russi bombardarono con armi nucleari la Grande Repubblica Islamica, che intanto approfittando della confusione si era annessa Iran, Iraq, Kazakistan, Beluchistan e tutte quelle accidenti di repubbliche (ex sovietiche) che finiscono in -stan, facendo nel contempo un grosso favore agli indiani che così pensarono bene di passare alle vie di fatto per stabilire a chi dovesse andarsi il controllo dei futuri mercati globali dell'era post-bellica, andandosi così a scrociare con la Cina e con il Brasile, i quali, per nulla impressionati dall'incredibile (nel senso di non credibile) potenziale nucleare indiano sfoggiato contro i rispettivi territori, risposero per le rime spianando il Kashmir e l'Hindukush a suono di bombe atomiche di grosso megatonnellaggio, con buona pace di tutti gli amanti dei maglioni di lana del globo terracqueo.

Dulcis in fundo, una gragnuola di testate nucleari tattiche (tutta roba di fabbricazione americana dimenticate nelle varie basi NATO sparse per il continente nonché una buona parte di recente produzione anglo-franco-tedesca) piovve di punto in bianco sul rinato Impero Ottomano ponendo fine alle sue mire di espansione nell'Europa centro-meridionale.

A questo punto la frittata era fatta e nemmeno il continente più isolato del mondo sfuggì alle conseguenze del disastro globale, quando tutti gli stati impoveriti e sovrappopolati dell'estremo oriente e del subcontinente indiano, per sfuggire al delirio nucleare indo-sino-brasileiro, migrarono in massa verso Australia, Nuova Zelanda e Papua/Nuova Guinea, solo per venire respinti con le armi dalle popolazioni anglofone e xenofobe di quelle terre.

Le cose andarono avanti così ancora per parecchi anni, principalmente perché il tanto temuto e risolutivo armageddon nucleare non ebbe mai luogo, a causa dei numerosi, reiterati trattati sul disarmo nucleare i quali – lungi dal risolvere il problema – avevano comunque portato ad una cospicua riduzione del numero (e del megatonnellaggio) degli arsenali delle due (ex) superpotenze, sicché ci si dovette accontentare per regolare i conti – specie tra i paesi più poveri e meno avanzati tecnologicamente che però non vollero mancare all'occasione di regolare un po' di conti con nemici e rivali, vecchi e nuovi – di armi chimiche e biologiche prodotte in laboratori clandestini alla faccia dei tanto declamati trattati internazionali dell'ONU sulla messa al bando delle armi di distruzione di massa, firmati da tutti (o quasi) i belligeranti in tempi non sospetti.


Quando finalmente la polvere (o meglio, il fallout) delle esplosioni atomiche si posò, le nubi di gas velenosi si dissiparono e le epidemie e le pestilenze (naturali e artificiali) ebbero fatto il loro corso, la Terra si ritrovò ad essere un posto forse un po' meno popolato e con qualche problemino ambientale per il prossimo paio di secoli (diciamo pure millenni, specie in medio oriente e nella penisola arabica) ma decisamente più tranquillo.

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