venerdì 15 marzo 2024

La Villa dell'Orrore: una nuova avventura per The Morrow Project/G.O.R.E. - Quinta Parte


4) Il seminterrato

Il seminterrato della villa originariamente ospitava tutti quei locali di servizio, come cantine, magazzini, la fucina etc. necessari al funzionamento giorno per giorno del maniero. Nell’edificio originale i locali erano ipogei, raggiungibili dall’interno ovvero da ingressi esterni che scendevano sottoterra. Quando Stephen Works ha ricostruito l’immobile, ha apportato una piccola modifica, rendendoli accessibili direttamente spallando la parte posteriore del dislivello sul retro dell’edificio.

Nella loro nuova forma, gli antichi magazzini ipogei sono diventati un piano seminterrato che ospita l’autorimessa della villa e le officine. Sono però rimasti i locali che ospitavano originariamente la caldaia, la cantina e la lavanderia, tutti sul lato est e raggiungibili dalla scala che scende dall’area delle cucine.

Nel resto dello scantinato è rimasto ben poco delle forme e delle strutture originali, tutto è molto moderno e funzionale.

Visto dall’esterno, il seminterrato si presenta come una serie di porte, finestre e saracinesche. Le finestre sono tipiche di una autorimessa, dei grandi riquadri di vetrocemento inseriti in un telaio metallico; le due saracinesche – una grande e l’altra più piccola, tipo box – sono dotate di porte pedonali e apparentemente sono del tipo scorrevole e non basculante. La porta è una tipica porta di servizio in metallo.

Tutte le porte sono chiuse e sprangate ma possono essere forzate all’occorrenza. Nella porta del box è stata dissimulata una battagliola delle dimensioni atte al passaggio di un cane di grossa taglia. Questa apertura è liberamente mobile in entrambe le direzioni perché è da qui che entrano ed escono i cani da guardia.

 

Pianerottolo Est

A questo ambiente si arriva scendendo dalla scala di servizio dal lato delle cucine. È un ambiente buio, scavato direttamente nella roccia e intonacato a calce. Da qui si aprono tre porte di legno, di aspetto vetusto ma assolutamente utilitaristico, che conducono alla lavanderia (nord) alla cantina (ovest) e al locale caldaie (est).

Sempre sul lato ovest, un breve corridoio connette il pianerottolo con l’autorimessa. Il corridoio è chiuso da una porta metallica automatica. Quando il Team raggiunge questo ambiente, tutte le porte sono chiuse e sbarrate. Le porte non sono controllate dalla Centrale di Comando ad eccezione della porta automatica che conduce alla rimessa.

Inoltre qui non c’è un proiettore olografico, quindi ‘Stephen’ può vedere e sentire cosa accade ma non può materializzarsi.

Lavanderia

Nonostante il locale sia rimasto architettonicamente intatto, quel che contiene è ultramoderno. Ci sono una lavatrice di tipo normale, domestico, una lavatrice industriale, una asciugatrice ed un sistema di stiraggio professionale. C’è anche un lavatoio, con tanto di asse ligneo: è una riproduzione moderna di un pezzo d’epoca. In una nicchia sulla parete ci sono tutti i prodotti necessari al funzionamento di una lavanderia – detersivi, additivi, spazzole, appretti, smacchiatori etc – ed un grosso armadio a parete stipato con la biancheria di casa, lavata e stirata (nonché ormai piuttosto polverosa).

sulla parete nord si apre un portoncino di sicurezza metallico che conduce all’esterno, sullo spiazzo del garage.

Nota per il GM: anche in questo caso vale quanto detto in precedenza per il ripostiglio del piano terra: un chimico potrebbe far buon uso di molti dei prodotti chimici qui conservati…

Cantina

Questo lungo ed ampio locale è ed era la cantina della villa, caratterizzata da una volta a botte e stipata fino al soffitto con rastrelliere portabottiglie. Vi sono centinaia di bottiglie stipate, alcune pregiate, altre meno e molte casse di soft drinks e acqua minerale, alloggiate in ricoveri decisamente più moderni.

Apparentemente, Stephen Works apprezzava i vini francesi – principalmente bordeaux e champagne - ma non disprezzava prodotti locali e comunque tutte le bottiglie sono millesimate ovvero single barrel.

Un moderno sistema di climatizzazione – tuttora acceso e funzionante – mantiene le condizioni ottimali di temperatura ed umidità e tutti i vini sono perfettamente conservati. Se poi siano anche ancora buoni, è un altro paio di maniche.

Sul fondo della parete sud, fanno bella mostra di sé tre botti antiche, sistemate sui loro supporti originali. Sono botti da 50 hl di due metri di diametro e lunghe almeno altrettanto. La botte di destra è in realtà vuota e nasconde un passaggio segreto che conduce al bunker sotterraneo.

La botte centrale è invece una trappola per gli incauti: al suo interno è stato installato un sistema di pompaggio che immette nel locale della cantina acido cianidrico in forma gassosa da sfiati dissimulati sulla superficie. L’effetto è quello di un veleno di classe C (POT 15) che ha effetto molto rapidamente una volta raggiunta una concentrazione sufficiente (occorre circa un minuto; il test, in presenza del veleno, va ripetuto ogni minuto successivo di permanenza nella cantina).

La trappola viene attivata da due dispositivi: uno remoto ed uno locale. Se si provano a rimuovere determinate bottiglie – specialmente le più pregiate – l’atto stesso della rimozione attiva un sensore a pressione. L’altro sistema si attiva semplicemente se si prova ad aprire il rubinetto della botte per attingerne il contenuto! (per determinare se una delle bottiglie appartiene alla categoria ‘allarmata’, lanciate 1d6: se esce 1 si attiva la trappola).

Dopo 15 minuti un sistema di ventilazione disperde il gas all’esterno, dove diventa inerte nel giro di poche ore. Per la cronaca, 15 minuti sono il lasso di tempo necessario perché le vittime muoiano.

Per quanto riguarda la botte di destra, se si prova a spillarne il contenuto non esce nulla; se si bussa sulla botte suona a vuoto. Dissimulata sul cerchio anteriore della botte, sul lato destro, c’è una leva, azionando la quale si sblocca la serratura che consente di aprirne la testa come se fosse una porta.

Per quanto riguarda la terza botte? Dentro ci sono 5mila litri di (ottimo) aceto di vino bianco, capirai dopo quasi un secolo…

La sala caldaie

Questo vano – anticamente un deposito o una cella – nel XIX secolo venne convertito per installarvi una caldaia, originariamente a carbone, successivamente ad olio combustibile, per il riscaldamento e per fornire acqua calda alla casa. Stephen Works ha deciso di mantenerla in uso ma con un impianto moderno. Non solo: dove in origine si trovavano il deposito del carbone e poi la cisterna del gasolio, ha fatto installare l’impianto di erogazione – controllato elettronicamente – del gas che alimenta tutti i camini ed i caminetti del maniero. Attualmente questo è l’unico dispositivo della villa che non funziona, in quanto collegato direttamente alla rete del gas municipale che non è più attiva da decenni.

L’autorimessa

In questo ampio spazio trova posto una parte del parco auto appartenuto a Stephen Works. Vi si accede per mezzo dell’ampia saracinesca scorrevole che domina al centro della parete nord e l’ambiente è illuminato da una ampia finestra in vetrocemento e acciaio.

Sulla parete est c’è una porta di sicurezza che porta ai locali di servizio, su quella ovest c’è un ampio banco da lavoro con tanto di rastrelliera a parete con tutto il necessario per un’officina meccanica. Sempre sulla parete ovest si apre un’altra porta di sicurezza, che conduce alla scala che sale nell’ala ovest del primo piano.

Nel garage si trovano attualmente alcuni veicoli: una Lamborghini Countach originale, una Mercedes-Maybach EQS, un Quad elettrico da 5000W ed una Porsche Taycan 4S.

Le batterie di tutti i veicoli elettrici sono esauste – nessuno ha pensato di collegarle alle prese da quasi un secolo – ma potrebbero ancora funzionare, quelle del Quad sono state addirittura smontate e il veicolo è posizionato su quello che, a tutti gli effetti, sembra essere un ponte da officina.

La Lamborghini ha il serbatoio pieno ma il carburante è ormai stantio.

Sulla parete di fondo un’ampia scaffalatura contiene tutto il necessario per la manutenzione dei veicoli, comprese taniche di lubrificante, antigelo, strumenti diagnostici e pezzi di ricambio. Curiosamente, una parte della parete è sgombra, in prossimità di quello che sembra essere un quadro elettrico. Ai piedi del muro, vi sono vistose macchie di ruggine.

Se qualcuno apre lo sportello del quadro elettrico, la figura di Stephen Works si materializza al centro del garage ma stavolta in versione gigante. La voce elettronica di Works rimbomba dagli altoparlanti mentre pronuncia le parole: “ADESSO SIETE ANDATI TROPPO OLTRE!”

Dal soffitto scendono dei lampeggianti stroboscopici d’emergenza e da quattro botole emergono altrettanti elevatori sui quali torreggiano altrettanti ordigni semoventi che puntano direttamente sugli intrusi brandeggiando le proprie armi.

Nota per il GM: le macchie di ruggine sono in realtà di sangue: è quello di Stephen Works, quando venne trascinato, ferito, nel seminterrato dalle sue fedeli assistenti per sfuggire al Giorno del Giudizio.
Il SUV è parcheggiato ad mentula canis nel bel mezzo del garage. La carrozzeria mostra segni evidenti di colpi d’arma da fuoco, un paio dei quali hanno penetrato l’abitacolo nonostante la blindatura (VA 20 valido sia MP che per G.O.R.E.) e ferito seriamente l’occupante.
Il quadro elettrico nasconde il dispositivo di accesso all’elevatore segreto che porta al bunker antiatomico – gli altri due punti di accesso sono l’ascensore segreto nello studio al primo piano e la scala di emergenza che scende dalla cantina – che funziona con uno scanner palmare ovvero a comando vocale, tutti impostati sui parametri di Steven Works ovviamente. Tecnicamente, la AI ha il pieno controllo dell’accesso ma assai difficilmente permetterà agli intrusi di accedere all’ascensore.
In realtà, guadagnare l’accesso all’elevatore potrebbe essere meno drammatico di quanto non sembri. Se infatti si smonta letteralmente il pannello della serratura elettronica, si può accedere ai circuiti sottostanti e circonvenire il sistema di sicurezza provocando l’apertura dell’elevatore. Quando e se si riesce ad attivare l’elevatore, una sezione della parete rientra nel muro stesso, rivelandone la cabina, che è di tipo heavy-duty e può contenere comodamente 8 persone e/o una discreta quantità di carico.

Canile e ricovero

La seconda saracinesca a scomparsa porta a questo ampio locale ricoperto letteralmente di apparecchiature elettroniche mentre diverse alcove allineano le pareti. Alcune di queste sono occupate da macchine semoventi, altre sono vuote e somigliano curiosamente a cucce hi-tech per cani. Queste ultime sono caratterizzate anche da diversi tubi pieni di fluidi misteriosi dall’aspetto vagamente inquietante. Banchi di strumenti diagnostici occhieggiano inutilizzati. La puzza di questo ambiente è veramente opprimente, un mix di organico e chimico, come di carogna mista a lubrificante e ozono.

Nota per il GM: le macchine sono robot giardinieri, che si occupano di quando in quando della manutenzione del verde davanti e sul retro della villa. Vengono attivate ad hoc dalla AI altrimenti sono qui, dormienti. Uno dei robot è guasto e abbisogna di riparazioni. Nonostante l’aspetto inquietante, sono inoffensivi in quanto programmati esclusivamente per prendersi cura del verde, potare le aiuole ed estirpare le erbacce.
Le altre alcove ospitano gli iRover-K9 quando non sono di ronda. Ce ne sono 6, come è già stato detto ed ogni superstite dell’eventuale, primo scontro che non monta la guardia davanti al portone d’ingresso e che non è stato evocato di rinforzo si trova qui, con il suo sistema di occultamento attivato, immobile in attesa un intruso arrivi a tiro.

Sul lato sud del vano, una porta di sicurezza – chiusa e serrata da una serratura a combinazione elettronica – porta al corridoio delle scale ovest.

Pianerottolo Ovest

A questo ambiente si arriva scendendo dalla scala padronale in fondo al corridoio occidentale del primo piano. Da qui si diparte un corridoio su cui affacciano due porte, una nord – una porta di sicurezza dotata di serratura a combinazione elettronica – ed una porta di sicurezza che conduce all’autorimessa.

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