sabato 5 ottobre 2024

Il Devastatore, un nuovo implemento di distruzione per Mutant Future™


 Nella ormai infinita guerra per il predominio delle Lande Contestate, una nuova arma ha reso nota la sua presenza tra le fila delle armate mutanti di Ulthar, l'autoproclamato Signore della Guerra delle Terre Selvagge. Si tratta - come sempre - di una nuova versione si un implemento di distruzione degli Antichi, frutto dello studio dell'infaticabile Protervio tra i sacri testi e le reliquie che le orde mutanti (e non solo) estraggono dai siti degli Antichi mano a mano che l'esplorazione e la conquista dei nuovi territori procede.

In questo caso specifico, lo studioso ha letteralmente riesumato da uno di quei siti chiamati Musei un esemplare di un'arma già abbondantemente obsoleta al tempo della Guerra Finale ma non per questo meno efficace ma soprattutto facilmente riproducibile, anche con le limitate risorse e conoscenze tecniche del Dopobomba ed utilizzabile anche dal più stupido dei sottoposti di Ulthar - che notoriamente non sono delle cime - senza far troppi danni.

Si tratta di un antichissimo mortaio, in uso presso le armate dell'Impero Nihonjin (un qualche impero sorto anticamente in Estremo Oriente) durante il grande conflitto noto come Seconda Guerra Mondiale, denominato dai suoi costruttori Tipo 98 - in riferimento ad un altrettanto antico e desueto calendario in uso presso quei popoli - ed adoperato dalle unità "del genio" per distruggere ostacoli e fortificazioni campali.

L'ideale, quindi, per riportare un po' di mobilità alle campagne militari di Ulthar, sempre più spesso frustrate dall'espediente di posizionare casematte ed altre fortificazioni da parte dei suoi nemici (e delle numerose comunità che, pur essendo neutrali o comunque non ostili alla causa mutante, non hanno intenzione di assoggettarsi ai suoi voleri così come non vogliono sottostare alla dominazione del Generalissimo) che ostacolano sempre più spesso le manovre delle Armate Mutanti, costringendo le orde del Signore della Guerra ad estenuanti assedi o a sanguinosi assalti per conquistare questa o quella piazzaforte, ergo, eliminare un ostacolo in qualche punto strategico.

Il Tipo 98 è risultato piuttosto facile da realizzare, in quanto si tratta fondamentalmente di un tubo ad anima liscia, chiuso dalla parte della culatta e dotato di un focone, come alcuni dei pezzi di artiglieria più vetusti in uso nella Desolazione, che poggia su una piastra-base, anch'essa in metallo ed è sorretto da una specie di trespolo - inchiavardato sulla piastra-base stessa - ad un angolo fisso di 40°.

Il tubo ha un diametro di 50 mm ed è quindi piuttosto leggero - anche se, per sicurezza, la versione costruita dai mutanti ha una culatta più spessa (e quindi pesante) dell'originale realizzato in acciaio, ottenuta con la tecnica dell'accrescimento, in modo da rinforzare la parte dell'arma più soggetta a stress meccanico durante lo sparo - e a differenza di altre armi similari, non adotta una bomba o proietto caricato dentro il tubo ma una potente carica esplosiva, assai più grande del calibro del mortaio stesso, montata su un'asta di legno duro la cui parte terminale è coperta da un cappuccio metallico.

In pratica, si carica il mortaio con dei sacchetti di stoffa molto leggera (i mutanti usano il filo di seta prodotto dalle Ragnocapre) contenenti una carica misurata di polvere da sparo in grani abbastanza grossi, dopodiché si infila nel tubo l'asta di legno per una lunghezza determinata da una scala incisa a caldo sulla parte visibile della canna, in base alla gittata che si intende ottenere, si arma la bomba con un innesco a frizione e si spara usando un tizzone, un ferro arroventato o altra fonte di calore, poggiandolo sul focone, come per qualunque altro cannone.

La bomba è piuttosto pesante e nella sua prima versione - pedissequa all'originale Nihonjin - consiste in una scatola di lamiera metallica rettangolare 11,5x11,5x16,5 cm. e spessa 0.5 centimetro, riempita con circa 3 kg di esplosivo, dotata di un alveolo alla base per inserirvi l'asta - spessa 4.85 cm e lunga 54 - attaccata per mezzo di chiodi e/o viti al corpo bomba.

L'arma originale usava come esplosivo una polvere nota come Schimose - che Protervio sta cercando di replicare - ma qualunque esplosivo a portata di mano può andar bene, purché non sia troppo sensibile, altrimenti si rischia che la bomba scoppi spontaneamente per lo shock al momento dello sparo (nota dell'autore: si tratta del famigerato Acido Picrico, particolarmente favorito dai nipponici quando la gran parte delle altre potenze vi aveva rinunciato già all'indomani della Prima Guerra Mondiale, perché troppo pericoloso da conservare sul medio-lungo periodo).

La bomba completa pesa circa 4,5 kg e la sua gittata massima si aggira intorno ai 450 metri, mentre il mortaio pesa circa 22 kg con la canna lunga 65 cm.

Dal momento che questo accrocco funziona ma non è proprio il massimo, Protervio si è già messo spintaneamente all'opera per migliorarlo ed è già in via di collaudo un nuovo modello che adopera una normale capsula fulminante - di quelle usate per molte delle armi da fuoco dell'Orda - al posto della più incerta (e pericolosa) fiamma libera, montando sul focone un classico luminello che deve essere colpito dall'artigliere con un apposito martello, migliorando il funzionamento generale dell'arma e rendendolo impervio agli agenti atmosferici che spesso impediscono altrimenti l'uso di armi a polvere pirica.

Il mortaio, denominato Devastatore dallo stesso Ulthar, ha finora dato buona prova di sé, grazie alla sua semplicità d'uso e alla potenza della sua carica esplosiva, specialmente quando è stato possibile riempire il corpo-bomba con esplosivi ad alto potenziale ragionevolmente moderni (e non troppo stantii).

A tal proposito, Ulthar ha... invitato Protervio ed i suoi sottoposti a migliorare anche la bomba, perché, diciamocelo, la gittata massima non è proprio il top ma senza inficiare sulla potenza della carica bellica, rendendo la bomba più adatta a volare rispetto ad una scatola. Protervio sta già testando nuove forme, tra cui una bomba col corpo cilindrico ma non ha ancora risolto il problema del peso della munizione completa a parità di carica esplosiva ma ci sono comunque ampi margini per il miglioramento.

Il Devastatore, specifiche di gioco

Come già scritto nel testo, l'arma ha un peso di 23 chilogrammi, la canna è lunga 65 centimetri, mentre la bomba è lunga 65 centimetri e pesa 4,5 chilogrammi.

Dal momento che è un'arma utilizzata entro la portata visiva, ancorché a parabola, le specifiche sono quelle tipiche di qualunque altra arma convenzionale di Mutant Future

Danno    Tipo di Grilletto    Gittata Minima/Massima
7d10¹          Normale                150/1500²

¹ trattandosi di un esplosivo, il danno si estende per un raggio di 45"/15 metri; l'oggetto o la creatura che viene colpita direttamente dall'ordigno subisce automaticamente danni doppi;

² in questo caso non c'è una gittata normale perché l'arma spara solo a tiro curvo, quindi c'è una gittata minima di 150"/45 metri ed una massima di 1500"/450 metri.

Note storiche e considerazioni dell'Autore

Dopo eoni trascorsi dall'ultimo post dedicato in via esclusiva al nostro retroclone post-apocalittico preferito, sono tornato con un implemento di distruzione riesumato letteralmente dalle nebbie del passato, il tutto grazie ad uno dei miei consueti, incauti acquisti sul web che mi ha permesso di mettere le mani su due volumi, editi nei lontani anni '60 (1968, per l'esattezza) pubblicati dalla WE, Inc. di Old Greenwich, Connecticut, una ditta specializzata nella pubblicazione di volumi di interesse storico-militare legata - a quanto mi par di capire - a filo doppio con l'archivio storico dell'esercito degli Stati Uniti e ad una delle sue istituzioni più famose: il Poligono di Abeerdeen, Maryland, dove gli americani hanno testato da sempre non solo le loro armi più moderne ma anche quelle sottratte al nemico (e non solo), dopo averle... liberate sugli innumerevoli campi di battaglia sui quali hanno operato.

Nello specifico, il volume faceva parte di una collana chiamata Combat Weapons, dedicata agli equipaggiamenti degli eserciti belligeranti della Seconda Guerra Mondiale; il secondo volume concerne armi ed equipaggiamenti dell'Esercito Imperiale Giapponese, argomento questo, piuttosto sconosciuto ai più e sviscerato sì e no da una manciata di autori - tra i quali spicca quel certo George Markham, autore di un volume intitolato Le Armi della Fanteria Giapponese nella Seconda Guerra Mondiale nell'edizione italiana per i tipi della Albertelli Editore nel 1977 - con dubbi risultati.

Questo Combat Weapons riporta pedissequamente le schede tecniche elaborate dall'Ufficio Informazioni del U.S. Army durante la guerra sulle armi del nemico ed in quanto a questo è impagabile per la ricchezza di informazioni proposta, anche se spesso non corredate da schede tecniche altrettanto dettagliate ma apre un vero e proprio universo sconosciuto riguardo i famigerati musi gialli del folklore a stelle e strisce, rivelando che erano tutt'altro che degli sprovveduti e che possedevano anche materiali di prima classe... a volte.

Sì, perché dal volume si deduce anche una certa qual noncuranza per l'incolumità del fante/utente giapponese, con armi realizzate (ed in epoca prebellica, notate bene) al limite della rozzezza, tipo quelle ben più note d'origine sovietica ma dotate di inventiva ed ingegno non comuni.

Una di quelle che più ha colpito la mia fantasia (che alcuni definirebbero malata) è stato questo Mortaio Type 98 (ovvero Modello 1938, secondo il Calendario Imperiale Giapponese) realizzato ad uso e consumo delle unità del genio guastatori nipponico per aprire varchi nei reticolati, nei campi minati ergo per la rimozione di ostacoli o la distruzione di fortificazioni campali.

A tale scopo non era necessaria un'arma particolarmente precisa o sofisticata bensì potente negli effetti terminali e questa lo era, come avrete potuto apprezzare leggendo il testo del post. L'arma era rifinita assai rozzamente e funzionava utilizzando il minimo indispensabile dei preziosi materiali strategici, tant'è che sparava utilizzando cariche di polvere da sparo (quella nera, in grani, anziché le moderne polveri infumi) e una bomba rudimentale ma molto potente attivata da inneschi a frizione a scoppio ritardato (circa 7 secondi).

Per la cronaca, anche il sistema di accensione/sparo del Tipo 98 usava un innesco a frizione, tipo artiglieria, inserito nel focone e non certo una fiamma libera ma stiamo parlando di un gioco e per di più post-apocalittico, quindi consentitemi una certa latitudine artistica, vero...

L'arma originale poteva in realtà lanciare almeno un altro tipo di granata, ancora più strana, se vogliamo, un cosiddetto Siluro Bangalore dotato di alette per stabilizzarne la traiettoria in volo, per la rimozione di sbarramenti di filo spinato e/o di campi minati ma sul quale il manuale in questione non riporta alcuna informazione puntuale.

Venendo alle informazioni prettamente ludiche, ancora una volta, per attenermi allo spirito del gioco, non ho sviluppato delle statistiche realistiche perché va da sé che nella realtà, se si dovesse restare coinvolti in un'esplosione prodotta da 3 chili di esplosivo ad alto potenziale (ma anche se fosse fiacco, come il nitrato d'ammonio o la polvere pirica) i risultati sarebbero con ogni probabilità letali e anche a notevole distanza dal punto dell'esplosione ma va da sé che in un gioco science-fantasy l'ultima cosa che vogliamo è che i nostri personaggi vengano annichiliti sul posto, magari per un mero colpo di sfiga.

L'arma così rimaneggiata resta comunque piuttosto pericolosa, anche per i personaggi giocanti, che sono notoriamente molto più coriacei rispetto ai loro avversari.

Trattandosi di un dispositivo piuttosto rudimentale, l'ho selezionato al volo come possibile arma di nuova produzione, realizzabile anche in officine non sofisticate come la bottega di un fabbro ferraio, in quanto usa fondamentalmente metallo - acciaio colato nell'originale, ma potrebbe tranquillamente trattarsi di ghisa o altra lega ferrosa ottenuta con materiali di recupero - non prevede rigatura o alesatura della canna e le sue parti componenti sono ridotte veramente all'essenziale.

Come ultima nota, ho deciso di dedicarla a Mutant Future in via esclusiva, anziché inserirle nella rubrica Weapons of Future Past, perché ho ritenuto fosse più adatta all'atmosfera caciarona e fantasiosa di quest'ultimo piuttosto che alle atmosfere più hard sci-fi di giochi come Morrow Project, Call of Cthulhu o Traveller/Cepheus Engine.

Con questo non mi resta che augurarvi buon divertimento ed un felice massacro,

🕱🕱🕱 ENJOI! 🕱🕱🕱



venerdì 20 settembre 2024

ARES ovvero il braccio (armato) aereo del Progetto Morrow - per The Morrow Project


 ARES, acronimo per Aerospace REcon & Strike e casualmente il nome greco del dio della guerra, era la controparte aerospaziale del MARS, il braccio militare del Progetto.

Nato come espansione del già previsto servizio di supporto aereo per i tre rami principali del Progetto, sotto la guida illuminata (e lungimirante) di Douglas Hughes - uno dei partner industriali di Bruce Morrow nonché socio fondatore del Progetto stesso - in una branca di servizio indipendente (e armata) sul presupposto che, così come il MARS avrebbe dovuto intervenire a protezione delle squadre di ricostruzione ergo per difendere le installazioni del Progetto ed eventualmente attaccare i suoi nemici, non era da dare per scontato che, anche dopo le devastazioni di una Terza Guerra Mondiale, non ci sarebbero state minacce provenienti dal cielo.

Di più: secondo Hughes, anche i trasporti previsti nella stesura originale del progetto, avrebbero potuto necessitare di una scorta armata, per non parlare del fatto che la ricognizione aerea, specialmente di territori inesplorati o rimasti a lungo privi di contatti con il governo o la civiltà, sarebbe stata un'iniziativa molto prudente, per evitare che le squadre RECON o SCIENCE finissero letteralmente in bocca a qualche entità avversa, come banditi, autoproclamati dittatori e/o signorotti della guerra.

la prima conversione riuscita di Hughes:
il Cessna A-37B Dragonfly MP (Morrow Project)

Infine, il dominio dei cieli è sempre stato un deciso vantaggio tattico e strategico per chi può esercitarlo e certamente non sarebbe stato possibile avvalendosi solo di autogiro leggeri, superleggeri o velivoli da trasporto, per quanto grossi e potenti.

No, nella visione di Hughes, era necessario avere una controparte aeronautica al MARS, indipendente da questa e dotata di velivoli, sia ad ala fissa che rotante, in grado di svolgere tutte quelle missioni richieste ad una moderna forza armata aerea, come la ricognizione, l'interdizione, l'appoggio aereo ravvicinato e se necessario l'intercettazione di eventuali forze aeree ostili.

Molto saggiamente, anche per non far storcere troppo il naso agli altri partner - specialmente a Bruce Morrow - Douglas Hughes decise di puntare per l'approvvigionamento su velivoli non particolarmente avanzati, prontamente disponibili sul libero mercato, ergo ritirati recentemente dal servizio attivo e rivenduti come surplus, in modo da non pesare troppo sul bilancio del Progetto.

Dal momento che l'economicità della gestione era un altro requisito primario, i primi velivoli acquisiti dal neonato ARES furono inizialmente velivoli ad elica/con motori a pistoni ovvero turboalbero e/o turboelica, che avrebbero garantito lunga autonomia, facilità di manutenzione e la modifica, se necessario, con l'installazione di propulsori più moderni e performanti, mano a mano che la ricerca interna fosse andata avanti.

La fine del conflitto nel Sud Est asiatico portò ad un vero e proprio surplus di velivoli da combattimento, quasi tutti modelli ex-USAF e del Corpo dei Marines, tra cui numerosi reattori. L'occasione era troppo ghiotta e Hughes riuscì a procurarsene un buon numero a prezzi di assoluto realizzo, dopodiché lui ed il suo team cominciarono subito a lavorarci sopra per renderli fruibili per il Progetto, cosa tutto sommato abbastanza semplice per uno dei maggiori ingegneri aeronautici del suo tempo, con connessioni importanti con tutti i maggiori produttori degli Stati Uniti (e non solo).

Uno dei primi velivoli "moderni" del Progetto:
il Rockwell OV-10 Bronco
Rimaneva un ultimo scoglio da superare: quello di dove e come procurarsi e stoccare, per periodi anche protratti nel tempo, il combustibile avio per permettere di volare a dei bestioni assetati come i turbogetti allora in uso. Le ricerche delle Industrie Morrow in tal senso produssero ottimi risultati, ideando appositi additivi che permettevano al JP-4 (il combustibile usato per gli aerei militari) di conservare intatte le sue proprietà più a lungo ma il problema degli elevati consumi persisteva e fu motivo di attrito tra i partner ed i direttori dei vari rami del Progetto, che vedevano in questa idea di una aviazione privata uno sperpero di risorse difficilmente giustificabile.

La soluzione arrivò nel 1979, quando Bruce Morrow tornò da uno dei suoi misteriosi viaggi, dopo un'assenza prolungata, con prototipi funzionanti - e relativi piani di costruzione - di reattori a fusione e tecnologie laser.

Douglas Hughes, che in quanto ad inventiva non era secondo a nessuno, iniziò immediatamente a lavorare per convertire i suoi aerei alla propulsione nucleare ed i risultati non tardarono ad arrivare.

Dapprima vennero convertiti, a titolo sperimentale, velivoli con motori a pistoni, molto semplici (relativamente parlando) da convertire dai propulsori endotermici a quelli elettrici alimentati direttamente dai generatori a fusione. I risultati furono lusinghieri e lo stesso Morrow ammise che adesso l'idea di avere una controparte aerea al MARS era non solo fattibile ma molto promettente.

La superiorità aerea secondo il Progetto:
il Northrop F-5E/MP Tiger II
Il passo successivo fu l'implementazione della propulsione nucleare applicata ai velivoli a reazione ma anche qui, prendendo come spunto il lavoro già svolto dall'industria aeronautica per conto del governo degli Stati Uniti (progetti NEPA - Nuclear Energy Propulsion for Aicraft - e ANP - Aircraft Nuclear Propulsion) e accantonati per volere di J.F.K. nel 1961; nemmeno a dirlo, molte di queste industrie e laboratori di ricerca erano entrati a far parte del circuito legato alle Industrie Morrow e tutti i piani erano prontamente disponibili.

Nel giro di pochi mesi, Hughes produsse il suo primo prototipo di aereo a reazione a propulsione nucleare, un esemplare di Cessna A37B Dragonfly - un velivolo leggero da ricognizione e attacco, derivato dall'addestratore a reazione Cessna T-37.

Installando un reattore a fusione al posto del serbatoio principale del carburante, i due turboreattori General Electric J85 - appositamente modificati con l'eliminazione della turbina (divenuta ridondante) - venivano alimentati da appositi scambiatori di calore che riscaldavano l'aria spinta dal compressore alle temperature necessarie per generare la spinta, senza bisogno di una miscela combustibile-aria. Una volta avviato, il ciclo si sostentava da sé e purché venisse mantenuto il giusto afflusso di aria per il raffreddamento dei propulsori, i due turbogetti agivano come una specie di stratoreattore. 

La spinta generata nel prototipo - 1100 kg - era inferiore a quella del turbogetto non modificato ma dimostrò la fattibilità del progetto di conversione.

Il velivolo più avanzato del Progetto:
L'Embraer A-29MP Super Tucano
Come si dice in questi casi, la pratica rende perfetti e non ci volle molto perché il team dell'ARES, sotto la guida di Douglas Hughes, producesse modelli di serie con spinte pari o superiori a quelle generate dai motori originali. Gli stessi principi vennero poi applicati, con soluzioni diverse, anche ai motori turboelica - per i velivoli ad ala fissa - e turboalbero - per quelli ad ala rotante - permettendo la creazione di una flotta aerea piccola ma efficace.

Con il consolidarsi del ARES, vennero selezionati solo alcuni modelli di velivoli, quelli ritenuti più adatti alla bisogna, mentre il resto del parco - specie i modelli più obsoleti - vennero dismessi.

Prima dell'inizio della clandestinità per gli assetti del Progetto Morrow, quando il conflitto globale predetto da Bruce Morrow sembrava imminente, le basi dell'ARES disponevano di questi velivoli:

  1. Rockwell OV-10 Bronco (ricognizione, osservazione, controguerriglia e operazioni speciali, uno dei favoriti del Progetto per la sua versatilità)
  2. Cessna A-37B Dragonfly (ricognizione, controllo aereo avanzato, controguerriglia, assalto leggero)
  3. vari modelli di Agusta/Bell UH-1 Iroquois (trasporto armato, evacuazione medica, utilità generale)
  4. Bell OH-58 Kiowa Warrior (ricognizione, osservazione, attacco leggero)
  5. Bell AH-1 (assalto e combattimento, vari modelli)
  6. Embraer Tucano e Super Tucano (addestramento basico e avanzato, controguerriglia, attacco leggero, uno dei pochissimi velivoli non USA impiegati dal progetto - ed uno dei più recenti!)
  7. McDonnel Douglas A-4 Skyhawk (cacciabombardiere multiruolo e da attacco)
  8. Northrop F-5E Tiger II (caccia leggero multiruolo)

La lista è lungi dall'essere completa; perseguendo la politica del Progetto di acquisire sul mercato del surplus, ergo sul libero mercato, velivoli di varia natura per la conversione, sicuramente negli anni successivi al 1999 altri apparecchi vennero acquisiti ed integrati nella flotta ma quelli elencati sopra sono i più comuni e noti ai membri del Progetto al momento della loro ibernazione.

Note dell'Autore

Con questo primo (spero) post intendo sviscerare un argomento negletto - per ragioni a me ignoto - dagli autori del gioco originale, che evidentemente non volevano aggiungere la complessità della terza dimensione al sistema di gioco ma che poi in più occasioni si sono rimangiati, proponendo nei vari supplementi d'avventura velivoli, più o meno desueti, in mano a buona parte degli avversari del Progetto.

Come forse ricorderete, nel lontano passato di questo blog introdussi un'armatura potenziata volante e per la prima volta, la nozione di un Servizio Aereo per il Progetto. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta ma il desiderio di introdurre la componente aeronautica nel gioco si è fatto sempre più pressante. Una volta individuati anche i modelli più adatti per una eventuale conversione ludica, mi sono detto che era giunto il momento di procedere.

A parte che dalle preferenze personali del sottoscritto, la scelta fin qui effettuata (e proposta) è stata dettata dai criteri esposti nel testo dell'articolo: pronta disponibilità, economicità di gestione ma soprattutto la compatibilità con l'arsenale già in uso nel Progetto, quindi tutti i velivoli che verranno via via introdotti, prodotti nel periodo 1950-1980 (ad eccezione del velivolo della Embraer che è molto più recente) sono certificati per l'uso di armi standard come le mitragliere da 20mm, i missili aria-aria Sidewinder, i missili aria-terra Maverick, i lanciarazzi da 70mm etc. più altri sistemi che verranno introdotti all'occorrenza.

Al più presto, rubacchiando qua e là, cercherò di introdurre anche una appendice al regolamento per i combattimenti aerei, altrimenti, come si suol dire, è cacchio e tutt'uno.

Come sempre, spero di aver suscitato il vostro interesse, alla prossima!

 

sabato 24 agosto 2024

Potter’s Bluff: un’avventura per Cryptworld™ - Terza Parte

 Nota dell'autore: è passata una vita dall'ultima volta che ho messo mano al blog ed è fin troppo tempo che questa avventura è rimasta nel limbo. Di questo mi scuso con tutti voi ma - immaginando che siate consci dell'attuale disastro climatico nel quale stiamo vivendo - mi è stato impossibile, fisicamente ma soprattutto mentalmente, raccogliere quei due erg di energia sufficienti e necessari a mettere la parola FINE a questo lavoro.

Oggi la situazione si è un po' normalizzata, anche se non di molto, ed ho deciso che era ora passata da un pezzo di portare a compimento quel che ho iniziato mesi fa.

Potter's Bluff: personaggi non giocanti

I Revenant

Gli abitanti di Potter's Bluff, almeno quelli con cui i personaggi avranno più a che fare nel corso dell'avventura, sono per lo più dei morti viventi, rianimati dal Dr. Dobbs mediante i suoi esperimenti.

Sono allo stesso tempo simili e assai dissimili dai tipici zombie cui siamo abituati, nel senso che - in modalità normale - sono assolutamente indistinguibili da un comune essere umano vivente e solo un'esame clinico o una analisi di laboratorio potrebbero determinare che sono... diversamente morti.

Allo stesso modo, i loro movimenti, la personalità e quant'altro, sono assolutamente vitali per un normale essere umano.

Quando sono però sotto il controllo diretto di Dobbs, assumono tutti caratteristiche più... zombesche, come un certo rallentamento dei movimenti, che sono più meccanici e a scatti e la loro personalità viene pressoché soppressa. Diventano insomma molto simili ai classici zombie del folklore haitiano, dei docili servitori per il loro padrone, privi di anima e di coscienza.

Per questa ragione, tutti gli abitanti di Potter's Bluff (quelli che hanno subito il trattamento di Dobbs) seguono le statistiche del classico zombie, come riportate nel manuale di base del gioco, con le seguenti eccezioni:

  • quando sono in modalità autonoma, hanno normali punteggi di VOLontà e PERsonalità - in media con valore 3 (45) - ed il loro MOVimento è 15/25/75/150/15/5
  • quando sono in modalità... teleguidata, i punteggi di VOL e PER si azzerano ed il MV diventa 5/15/0/0/0/0 come per i tipici zombie.
  • il loro punto debole è il cuore: distruggendo l'organo, si uccide definitivamente il suo proprietario; nessun altro attacco - a meno della totale distruzione/incenerimento del corpo - ha alcun effetto.
  • per il combattimento, seguono le normali linee guida per gli zombie: possono perdere punti STAmina ma non subiscono ferite. Possono perdere un arto o essere smembrati usando attacchi mirati ma lo zombie in sé non può essere distrutto in questo modo.
  • Quando sono in modalità zombie, il punteggio di FORza raddoppia (da 3 a 6) con tutte le conseguenze del caso.

nel caso in cui lo aveste dimenticato, il cuore del revenant non si trova nel suo petto bensì conservato in apposite teche nel dispensario di Dobbs ovvero nelle bare in cui sono stati originariamente sepolti i redivivi, quindi è pressoché inutile mirare al petto e sparare. Il massimo che si può ottenere è una copiosa perdita di fluidi di imbalsamazione e nient'altro!

Nota per il CM: sia Janet che Dan Gillis sono esemplari anomali di revenant, possiedono punteggi più alti del normale in VOL, PER e PCZ = 4 (60), quando in modalità autonoma, per il resto sono come tutti gli altri non-morti.

Dottor G. William Dobbs

L'impresario di pompe funebri, Coroner ufficiale e Bokor (Sacerdote/Stregone Voodoo) di Potter's Bluff nonché avversario principale - ancorché occulto - dei personaggi in questa avventura.

Brillante medico a Providence, Rhode Island, espulso dall'ordine ed allontanato dalla città per le sue pratiche "eticamente discutibili" ed i suoi esperimenti non autorizzati sui cadaveri dell'ospedale, Dobbs ha trovato il suo buen ritiro nella amena (e isolata) località di Potter's Bluff, dove in breve tempo ha raccolto attorno a sé un cospicuo numero di... seguaci, ancorché involontari, che sta accrescendo di anno in anno, mano a mano che gli abitanti originali del paese passano a miglior vita e rimpinguando le fila, di quando in quando, con un po' di sangue fresco proveniente da fuori città, principalmente transienti e vagabondi.

Si può dire che un buon quinto dei residenti del paese sia attualmente al suo servizio ma grazie alla sua tecnica, nessuno se ne rende conto.

Purtroppo, per sua stessa ammissione, la sua Tecnica non è ancora perfetta: non sempre i morti rianimati mantengono quelle caratteristiche di vitalità e personalità da lui desiderate. Le fila dei non-morti sono in realtà assai più cospicue ma molti di questi sono più simili agli zombi del voodoo haitiano e per questo passano la maggior parte del tempo in deposito, per così dire, salvo essere attivati quando necessario.

Il problema è che i migliori risultati nella rianimazione si ottengono apparentemente sui corpi degli sventurati morti di morte violenta, mentre i normali deceduti producono servitori docili ma privi o quasi di personalità che non possono quindi essere reintrodotti nella società senza qualcuno che li guidi continuamente.

Come abbiamo appreso nel corso dell'avventura, Dobbs non ha sviluppato autonomamente la sua Tecnica, ha solo migliorato ciò che ha imparato dal Gran Sacerdote di un culto proibito quando prestava servizio nel sud-est asiatico, nei primi anni '70; la sua Tecnica è senza dubbio molto più evoluta rispetto a quella classica del suo mentore ma i risultati - ancorché buoni - non sono ancora perfetti, come abbiamo visto.

Da ultimo, con l'aiuto dei più vitali dei suoi revenant, Dobbs ha applicato la sua Tecnica anche a sé stesso ma deve trovare il modo di perire di morte violenta perché il suo processo di rianimazione possa completarsi senza effetti collaterali indesiderati (come ad esempio una perdita di VOL, PER o di intelletto), per questo alla fine cercherà di spingere alla follia lo sceriffo Gillis o i personaggi, perché agiscano fisicamente contro di lui.

Fisicamente Dobbs è un uomo sulla settantina, non particolarmente prestante ma fisicamente sano; la sua vera pericolosità è nascosta nel suo intelletto: è intelligente, scaltro ed un gran pianificatore e nel giro di pochi anni è riuscito a costruirsi un piccolo regno senza che nessuno all'esterno se ne rendesse conto e non ha alcuna intenzione di fermarsi!

Dal punto di vista delle statistiche di gioco, i suoi punteggi sono i seguenti:

FOR 2 (30), DEX 3 (45), AGL 2 (30), VOL 6 (90), PER 5 (75), PCZ 2 (30), MAN 4 (60), STA 3 (45), FER 12

Il dottor Dobbs è un Mastro (+55) imbalsamatore, un Esperto (+30) in Medicina, Chimica, Farmacologia ed è un Mastro (+55) nella Tecnica di rianimazione.

Note Finali



E così siamo finalmente giunti alla fine di quest'ultima fatica ludica. Per quanti avessero avuto un senso di Dejà Vu nel leggere l'avventura, vuol dire che 

a) siete appassionati di film horror d'antan oppure

b) avete una certa età ergo

c) seguivate la mitica Urania Mondadori dei bei tempi andati

infatti tutto questo ambaradam, ampiamente riveduto e corretto, è liberamente ispirato al romanzo di Chelsea Quinn Yarbro Dead & Buried (1980) pubblicato nella summenzionata collana di fantascienza italica nel 1982 col titolo Morti e Sepolti e trasposto l'anno prima in un film dello stesso titolo (da cui sono tratte tutte le illustrazioni a corredo di questi post).

Ovviamente la storia, anziché negli anni '80, è stata ambientata nell'epoca contemporanea ed adattata di conseguenza ma spero abbia mantenuto abbastanza del fascino dell'originale che, nel caso in cui non l'aveste fatto, vi consiglio di recuperare e leggere, se possibile, ergo di vedere il film che è abbastanza pedissequo al romanzo.

Con questa ultima annotazione di colore, non mi resta che augurarvi buon divertimento e darvi appuntamento alla prossima occasione, sperando che non sia troppo lontana nel tempo, perché carne da mettere al fuoco ce n'è, quel che manca è la spinta a farlo, con la fiacca che impera in questo periodo.


venerdì 2 agosto 2024

Stavolta ci siamo!


 Una breaking news per annunciarvi l'arrivo, oggi nel primissimo pomeriggio, dell'ultimo, incauto acquisto del sottoscritto sulla famigerata piattaforma di e-commerce Han - Temu - che di recente ha... sfondato anche in TV, in quanto sponsor dei recenti Europei di calcio.

Ancora una volta, sono andato per cercare (e prendere) una cosa e sono uscito con una carrettata di roba, tutta in offertissima specialissima a bassissimo prezzo  (per fortuna!) così se le cose non vanno benissimo, hai poco da rammaricarti.

Visto che c'ero, tra i tanti orpelli, più o meno (in)utili, ho acquistato quella che per me era una new entry assoluta: un set completo di dadi (tipologia classica/standard) del famigerato modello Occhi di Drago, quelli che, finora, erano venduti solo come d20, a carissimo prezzo e per di più delle ciofeche immonde.

Visto che il mio (pen)ultimo acquisto, proprio di questa particolare tipologia di dadi, s'era rivelato assolutamente all'altezza, rispetto alla morchia immonda spacciata su Amazon e/o eBay, ho pensato di tentare la sorte ed acquistare, per l'appunto, questo set, smerciato alla fantasmagorica cifra di €uro 8,98 (leggonsi: OTTO pl€ure et NOVANTOTTO centesimi).

Quando ho aperto la (solita) sacchetta con dentro tutta la roba, la prima cosa che mi è capitata per le mani è stata proprio la bustina - del tipo ziplock - con i dadi. O meglio, con dentro un sacchetto porta-dadi in (simil)pelle, con tanto di lacci e clip di sicurezza. 

Ammetto di esser rimasto lievemente interdetto, lì per lì. Io non ho ordinato questo ameno accessorio... vuoi vedere che?...

...e infatti, dentro c'era un'altra ziplock con dentro altre sette ziplock minuscole, una per ogni dado!

Già visti così, ancora nelle loro bustine, mi hanno subito colpito per il loro aspetto, per una volta esattamente conforme a quanto proposto in fotografia sulla pagina prodotto del sito.

Quando poi li ho estratti dai loro piccoli involucri di plastica, la sorpresa: non solo sono davvero ben fatti - anche se, ad onor del vero, molto spigolosi - ma l'occhio all'interno non è fisso sulla posizione del numero più alto (o più basso, dipende dal modello e dal fabbricante) bensì rotola con il dado!

Praticamente i "bulbi oculari" si muovono in una sospensione liquida, assolutamente trasparente, che ne permette il libero movimento all'interno del dado.

Sarà pure una froceria ma è una figata stratosferica, lasciatevelo dire e visto quanto li ho pagati, il tempo che ci è voluto per averli (nemmeno 5 giorni) e il bonus non da poco della sacchetta in regalo (che solo quella, su... altri siti, costa quanto tutto il set di dadi messo insieme) posso affermare, senza timore di smentita, che stavolta non mi è andata di lusso: di più!

giovedì 18 luglio 2024

Potter’s Bluff – un’avventura per Cryptworld™ - Seconda Parte

 


Dove eravamo rimasti?

I nostri, in viaggio lungo le coste del New England, rimangono coinvolti in una brutta storia quando si imbattono nel relitto – dato alle fiamme – di un pulmino. C’è anche una vittima che, contrariamente ad ogni logica ed apparenza, è ancora viva.

Il gruppo finisce così nella ridente (si fa per dire) località di Potter’s Bluff, trattenuti in quanto testimoni di un crimine violento. Non passa molto tempo che da testimoni, i nostri rischiano di diventare vittime essi stessi, quando, durante un inseguimento, si ritrovano nel bel mezzo della darsena del paese, circondati dalle fiamme.

Sfuggiti fortunosamente all’incendio, sono infine testimoni del brutale omicidio da parte di una sconosciuta camuffata da infermiera, dell’uomo che avevano contribuito a salvare.

Non sapendo quali pesci pigliare, lo sceriffo confina i nostri nell’unico albergo ancora in attività, col divieto esplicito di lasciare il paese.

Potete quindi immaginare la loro sorpresa quando la sera dopo lo sceriffo Gillis si presenta alla loro porta con un dossier in mano ed un’aria stravolta.

Ci sono infatti delle novità, alcune buone, altre molto meno. Tanto per cominciare, è arrivata la risposta alla richiesta di identificazione dello sconosciuto assassinato all’ospedale; si tratta di tale George LeMay, un fotografo professionista di New Orleans. Il suo DNA è stato ritrovato nel CODIS in quanto LeMay ha prestato servizio, in qualità di addetto stampa, in Iraq. Da New Orleans hanno richiesto che la salma venisse messa al più presto a disposizione delle autorità per i rilievi del caso ed il corpo è stato prontamente consegnato all’impresario delle pompe funebri locale (nonché coroner del paese), il dottor Dobbs perché la prepari per il trasferimento.

La brutta notizia, invece, è che sul luogo dell’incendio che ha devastato la darsena l’altro giorno, è stato rinvenuto il cadavere semi-carbonizzato di Nils Uhri, carpentiere, pescatore nonché notorio alcolizzato del paese. È stato riconosciuto da un tatuaggio sul braccio destro, rimasto miracolosamente intatto. Per sicurezza lo sceriffo ha inviato una ulteriore richiesta di identificazione tramite DNA: Nils era schedato in quanto aveva servito in Marina durante la Guerra del Golfo ma già ora ci sono ben pochi dubbi al riguardo.

A quanto pare, non erano i personaggi le vittime designate; l’incendio sarebbe stato appiccato per nascondere l’omicidio di Uhri, avvenuto, sempre secondo il coroner, diverse ore prima che i nostri venissero attirati nella darsena: secondo il Dr. Dobbs, quando le fiamme hanno raggiunto il cadavere, era già subentrato il rigor mortis.

Infine, il capo dei pompieri, Sam Evans, ha rinvenuto due taniche di benzina – vuote – gettate fra le sterpaie fuori dalla recinzione della rimessa. Il fuoco le ha lambite ma non distrutte e lo sceriffo è stato in grado di rilevare delle impronte, ancorché parziali, che ha subito inviato alla polizia della Contea per l’eventuale identificazione.

Nota per il GM: è evidente, durante tutta questa conversazione, che c’è qualcos’altro che preoccupa lo sceriffo, come un check generico in psicologia può facilmente rivelare. Solo se qualcuno fa esplicita menzione della cosa, lo sceriffo si sbottonerà. È preoccupato per la descrizione, fatta dai personaggi in qualità di testimoni, della misteriosa rossa che hanno visto sul luogo/hi dell’incidente/i o peggio ancora, in ospedale e chiede loro se sono assolutamente sicuri di quel che hanno visto.

Se i nostri ribadiscono quanto hanno detto precedentemente, lo sceriffo con una smorfia estrae dal dossier una fotografia e gliela mostra, chiedendo se corrisponde alla persona che hanno visto.

La foto ritrae una splendida rossa in shorts e camicia a scacchi allacciata alla vita, seduta ad un tavolo da giardino. Se i nostri confermano, lo sceriffo si fa scuro in volto e se ne va senza proferire parola.

L’intera conversazione avrà luogo nella hall dell’albergo, nei pressi della reception. (Per il GM: fate eseguire un test generico di Percezione ai personaggi: chi riesce nota che – quando lo sceriffo pronuncia il nome di George LeMay – Ben Collier, il concierge, ha un sobbalzo).

Se qualcuno affronta l’enigmatico concierge, questi si mostra decisamente a disagio ma alla fine spiffera tutto: George LeMay è il nome di un ospite dell’albergo, arrivato circa una settimana prima e sparito misteriosamente nel nulla 3 giorni fa. Ha lasciato il suo bagaglio ma non è più tornato. C’è di più: lo sceriffo avrebbe dovuto saperlo, perché sua moglie ha fatto visita a LeMay in albergo nei giorni precedenti.

Se a questo punto qualcuno chiede a Collier qualcosa riguardo la moglie dello sceriffo, costui risponde che si tratta di una giovane rossa mozzafiato, che insegna nel locale plesso scolastico.

Addio, Potter’s Bluff (?)

I personaggi sono liberi di passare il giorno successivo come meglio credono. Nel tardo pomeriggio, verranno convocati nell’ufficio dello sceriffo per essere finalmente congedati. Sono stati scagionati da ogni sospetto, hanno reso la loro testimonianza, non c’è più ragione per cui debbano essere trattenuti in paese.

Se dovessero esserci novità o ulteriormente bisogno di loro, ha i loro recapiti ma per il momento le indagini sono ad un punto morto.

Nota per il GM: se qualcuno non si fa gli affari suoi – leggi: si da una bella occhiata intorno nell’ufficio – un test specifico di Percezione gli permette di notare alcuni dettagli per lo meno curiosi: L – la scrivania dello sceriffo sembra normale ma – sotto una pila di documenti – c’è un volume rilegato in pelle; M – come L ma il volume è chiaramente molto vecchio e sulla costa, stampato a caratteri d’argento, c’è qualcosa che riguarda la stregoneria e il vudu; H – come L e M ma il titolo del volume è chiaramente visibile: “Discorso Sulla Stregoneria et il Vudu Presso li Popoli Pagani et Primitivi”; in più, da sotto il libro, spunta l’elsa di uno strano tagliacarte dal metallo brunito. C+ - oltre a tutte le informazioni di cui sopra, il personaggio nota che si tratta di una specie di antico pugnale rituale, ricoperto di strane iscrizioni e che in un cassetto semiaperto c’è una scatola di cartucce aperta e quelli che sembrano essere degli speed-loader: prima che entrassero, evidentemente lo sceriffo si stava accingendo a ricaricare la sua rivoltella e preparare una congrua riserva di munizioni pronte all’uso.

Al loro rientro in albergo per fare i bagagli, i nostri trovano ad aspettarli niente meno che il sindaco Bass, apparentemente ansioso di mitigare l’impressione che possano aver avuto della sua ridente e solare cittadina in questo increscioso frangente. Quando viene a sapere che i nostri sono in partenza, si informa sulla loro destinazione e qualunque questa possa essere, offre loro un prezioso consiglio: è inutile fare il giro di Peppe per tornare alla statale. Se passano per una certa strada comunale, taglieranno almeno un’ora buona di percorso ed in più si ritroveranno a pochi chilometri dall’imbocco della interstatale. Con le ombre della sera che si approssimano, forse è più prudente restare in paese ma se proprio vogliono partire, è meglio prendere la scorciatoia che passare di notte in mezzo ai boschi.

Una luce nelle tenebre



Qualunque sia la strada che intendono prendere, i personaggi finiranno per ritrovarsi qui, dove i loro misteriosi nemici li vogliono. Se seguono il consiglio di Bass, ci arriveranno dopo aver girato come scemi per stradine di campagna tutta la sera. Se decidono di tornare là da dove sono venuti, troveranno una deviazione che li costringerà ad inoltrarsi per una strada secondaria. Il risultato netto sarà che si ritroveranno nel bel mezzo del nulla, a notte ormai inoltrata.

L’eventuale uso di navigatori GPS risulterà inutile per districarsi, una volta infilatisi nel dedalo di strade e stradine comunali, perché non sono riportate sulle mappe. Solo le strade principali – che conducono in paese – sono visibili dal navigatore.

Fatto sta che, dopo una serie infinita di giri a vuoto, alla fine i nostri devono rassegnarsi al fatto che non stanno andando da nessuna parte, si sono inestricabilmente persi. C’è però un barlume di speranza: in fondo ad un vialetto, si vede quella che sembra essere una tipica casa colonica e c’è una luce accesa al piano terra.

Quando i nostri arrivano a bussare alla porta, tutto tace: nemmeno i grilli friniscono e la luce è sparita. In compenso, la porta è aperta. L’edificio si presenta come una tipica costruzione rurale del New England, in legno e mattoni, su due livelli, con un piccolo portico sul quale si apre l’ingresso principale.

Il piano terra comprende un soggiorno, una cucina, bagno, ripostiglio e l’immancabile scala che porta nello scantinato. Una scala porta al primo piano, dove si aprono 3 camere da letto, un ripostiglio, due bagni. Al centro del corridoio, una scala retraibile conduce alla soffitta.

All’interno non c’è anima viva. Il mobilio è vetusto e ricoperto di polvere, così come gli elettrodomestici, che non sono in funzione anche perché non c’è corrente. C’è un telefono ma non c’è linea. Il tutto ha un’aria decisamente surreale, per non dire minacciosa.

Nota per il GM: una volta che tutti i personaggi sono all’interno, scatta la trappola. I nostri possono rendersi conto che qualcosa non va con un test generico di Percezione per accorgersi che c’è qualcuno o qualcosa che gira attorno alla casa e li spia dalle finestre. Se qualcuno dovesse decidere di scendere nello scantinato, finirebbe letteralmente in braccio alla posse che attende dabbasso, in agguato.

Se qualcuno decide di uscire per vedere chi sia il misterioso stalker, si ritrova circondato da una piccola folla eterogenea (vi ricorda qualcosa?) ed ha solo due possibilità: tornare precipitosamente in casa per barricarsi oppure tentare una corsa disperata verso il viale d’accesso, sperando di non essere agguantato dai manigoldi.

Ovviamente, se i nostri si barricano in casa, saranno (momentaneamente) al sicuro dagli aggressori esterni ma non dal piccolo… commando che è nascosto dabbasso. L’unica via di fuga, a questo punto, è verso l’alto, al piano superiore.

La misteriosa ganga di aggressori è molto male assortita ma non ci sono dubbi sulle loro intenzioni, perché sono tutti armati, per lo più con armi improprie. Il loro numero supera di 5 volte quello dei personaggi; se qualcuno decide di ingaggiarli in un corpo a corpo, si rende subito conto che hanno una forza spropositata e che sembrano non risentire affatto dei colpi loro inferti. Le botte possono rallentarli ma non li fermano.

L’unica speranza di salvezza è la fuga ovvero riuscire a nascondersi in modo tale da sfuggire alla loro ricerca. Nel primo caso, è possibile calarsi dal primo piano sul tetto del portico e di lì scendere a terra con alcuni tiri di Agilità: i loro aggressori ci metteranno un po’ a scendere al piano terra per dar loro la caccia e se non perdono troppo tempo, i nostri possono dileguarsi nella campagna ergo raggiungere il loro veicolo e tagliare prontamente la corda.

Nel secondo caso, se agiscono rapidamente e in silenzio, possono ascendere alla soffitta e ritirare la scala. La posse girerà un po’ per la casa, come se fosse indecisa sul da farsi ma alle prime luci dell’alba leverà l’assedio e sparirà come se non fosse mai esistita.

Come che vadano le cose, a meno che il gruppo non decida per una eroica (ed inutile) morte in battaglia, i nostri si ritroveranno a Potter’s Bluff per le prime luci del giorno.

Una scoperta agghiacciante

Probabilmente, la prima cosa che i nostri vorranno fare sarà recarsi immediatamente all’ufficio dello sceriffo per denunciare la cosa. Gillis però non ha ancora preso servizio, c’è solo Gladys, la sua assistente tuttofare, venuta prima dell’orario di apertura per dare una sistemata. Non potrà fare altro che indirizzarli verso l’albergo o il diner (che è già aperto ed operativo) nell’attesa che lo sceriffo arrivi e prenda servizio.

In alternativa – ma Gladys non avanzerà la proposta – i nostri potrebbero andare direttamente a casa dello sceriffo per informarlo dell’accaduto. Gladys è adamantina sul non voler disturbare lo sceriffo ma può essere persuasa (con un test di Personalità contro la Volontà della donna) a chiamarlo al telefono.

Se questo accade, i nostri non potranno fare a meno di udire la conversazione e venire a conoscenza del fatto che ieri notte sul tardi la Contea ha inviato la risposta sulle impronte rilevate sul luogo dell’incendio. Lei ovviamente non ha letto il referto, l’ha solo stampato e messo in bella evidenza sul suo tavolo.

Se invece il gruppo si reca al diner, potrà ottenere facilmente da Edna Jo (l’onnipresente cameriera) le indicazioni per raggiungere la casa dello sceriffo mentre se si recano all’albergo, troveranno un Ben Collier in preda allo sgomento. Non ci vuole molto per farlo sbottonare, è troppo sconvolto per essere reticente: questa mattina, sul presto, si è recato alla stazione di servizio per fare rifornimento ed è pronto a giurare che il giovane che l’ha servito alla pompa fosse il defunto George LeMay!

Se a questo punto il gruppo si reca alla stazione di servizio, vedranno effettivamente un uomo biondo sulla trentina che ciondola pigramente nei pressi delle pompe. Dal momento che hanno visto il dossier che lo riguarda – mostratogli dallo sceriffo – non potranno che essere d’accordo con Collier: a tutti gli effetti quello è George LeMay o il suo fratello gemello.

Quando e se finalmente i nostri parlano con lo sceriffo, lo troveranno decisamente stravolto; se sono tornati al suo ufficio, lo troveranno con gli occhi sbarrati con in mano la stampa dell’informativa della Contea. Le impronte rilevate sulle taniche di benzina sono state identificate come appartenenti ad un tale Benjamin “Ben” Dixon. Il problema è che questo non è possibile perché Dixon è deceduto quasi un anno fa ed è sepolto nel locale cimitero, dietro la Funeral House del Dr. Dobbs.

Se i nostri raggiungono lo sceriffo a casa sua, avranno loro lo shock della vita, perché ad aprigli la porta sarà Janet Gillis, la giovane, procace e rossochiomata moglie dello sceriffo!

Inutile dire che lo sceriffo appare teso come una corda di violino quando si rende conto che i nostri hanno riconosciuto sua moglie per la misteriosa femme fatale che li ha coinvolti in tutta questa vicenda, mentre la donna non da alcun segno di riconoscerli, come se non li avesse mai visti in vita sua.

La verità viene a galla

Come che vadano le cose, alla fine, se i personaggi non sono completamente obnubilati, si addiverrà alla conclusione che c’è del marcio in Cornovaglia e che la prima cosa da fare è verificare che sia Ben Dixon che George LeMay si trovino dove dovrebbero essere: sottoterra il primo, in una cassa zincata per essere spedito a New Orleans il secondo.

Questo porta i nostri e lo sceriffo – che a questo punto non sa più nemmeno lui di chi possa fidarsi – a stringere una alleanza per svelare una volta per tutte il mistero. Prima tappa: la Funeral House di Dobbs e/o il cimitero di Potter’s Bluff.

Una visita al cimitero

Quando il gruppo raggiunge il cimitero, ci trova solo Preston, il custode (nonché becchino del paese), un uomo rude e scontroso che però nulla può contro l’autorità (e la veemenza) dello sceriffo, anche se insiste come un disco rotto sulla necessità che, per qualunque cosa concerne il cimitero o i suoi “inquilini” solo il Dr. Dobbs può autorizzarlo. Sia che abbiano il suo aiuto oppure no, non ci vuole molto per rintracciare la tomba di Dixon e scavare per riesumare il cadavere.

Una volta raggiunta e aperta la bara, la trovano vuota o meglio: il corpo non c’è ma all’interno del sarcofago c’è un involto ricoperto di strane iscrizioni. Dentro il fagotto c’è un cuore umano fresco come se fosse stato appena estratto dal petto (è richiesto un fear check a livello 4 per la macabra scoperta).

...ed una all’obitorio

Una volta raggiunto l’obitorio, nel seminterrato della funeral house, il gruppo vi trova “l’assistente” di Dobbs, tale Jimmy Baker, intento a fare qualcosa al suo braccio sinistro, talmente intento da non rendersi immediatamente conto della presenza dei nostri, come è evidente dalla sua sorpresa.

Baker è un ragazzotto dai capelli rossi, con piccoli precedenti penali, che Dobbs ha voluto “redimere” (parole sue) da una vita di vizio e dissoluzione, insegnandogli la nobile arte dell’imbalsamatore di cadaveri. Il giovane è particolarmente infastidito (ed anche intimidito come può rilevare chiunque esegua un test generico di psicologia) dallo sceriffo ma non osa contraddirlo quando chiede di vedere il corpo di George LeMay. Li indirizza quindi verso una cassa zincata sigillata, che lo sceriffo gli impone di dissigillare nonostante le proteste del nostro, che vuole l’autorizzazione dal coroner, il Dr. Dobbs, per eseguire.

Se e quando i nostri aprono la cassa, faranno la stessa, macabra scoperta del cimitero: la cassa è vuota, a parte l’involto dagli strani simboli…

quando i nostri si rivolgono a Baker per avere spiegazioni, scoprono che questo s’è involato come una gazza spaventata, mollando tutto quello che stava facendo.

Nota per il GM: se qualcuno esamina la postazione di Baker, troverà che stava adoperando degli attrezzi, comunemente utilizzati per il “restauro” delle salme ed un barattolo di una misteriosa pasta/crema; a quanto pare, Jimmy la stava applicando sul suo braccio… se avessero accesso ad internet, inserendo il codice a barre della sostanza, i nostri scoprirebbero che si tratta di una speciale pasta di origine animale, utilizzata solitamente dai veterinari per “riparare” le lesioni cutanee degli animali. È evidente che la sostanza è stata in qualche modo alterata ma senza un laboratorio a disposizione è difficile dire come e perché.

Le stesse informazioni possono essere ottenute da un personaggio con conoscenze in Scienze (Chimica o Farmacologia) che esegua un test specifico: L, la sostanza è una pasta grassa di origine animale, M è usata dai veterinari in interventi di riparazione di importanti lesioni cutanee, H+ è stata in qualche modo alterata rispetto alla formulazione originale.

Quando i nostri tornano nella Funeral House trovano una piccola sorpresa ad attenderli: la ganga eterogenea che ormai ben conoscono li sta aspettando, solo che adesso, alla luce del giorno e a distanza ravvicinata, possono riconoscerne alcuni dei componenti, come Edna Jo, la cameriera, Jimmy Baker, l’assistente di Dobbs, il sindaco Bass (!) ed il dottor Thurston (!!), Harry Clemens, il meccanico del paese, il suo nuovo “vice” George LeMay, l’assistente Gladys (!!!) ed altri. Sono tutti lì, immobili, in attesa, ciascuno con in mano un oggetto atto ad offendere. Davanti a loro, al centro della sala, un carrello di quelli utilizzati negli obitori, con un corpo ricoperto da un lenzuolo. Se qualcuno prova ad avvicinarsi al carrello, il corpo si alza davanti ai personaggi: si tratta di Nils Uhri (lo sceriffo lo confermerà) perfettamente sano ed apparentemente vivo!

Il “risveglio” di Uhri fa da segnale per il resto della ganga, che comincia ad avvicinarsi, in perfetto silenzio ma con intenti facilmente intuibili.

Morti e sepolti

A meno che i nostri non vogliano morire tutti eroicamente, dopo un paio di round di combattimento si renderanno conto che i loro sforzi sono vani: le creature non retrocedono, se vengono abbattute si rialzano dopo un breve intervallo; soprattutto, è ovvio che li vogliono morti. Nemmeno lo sceriffo può molto: i suoi colpi straziano le carni dei suoi concittadini ma non li fermano.

Ad un certo punto, il gruppo si ritrova con le spalle al muro o meglio, con le spalle alla porta del sancta sanctorum di William Dobbs. La porta è aperta e una volta all’interno può essere serrata.

Quando questo avviene, il gruppo si ritrova in una scena surreale: seduto alla sua scrivania c’è il Dr. Dobbs, l’impresario di pompe funebri, il coroner del paese… ed il Signore e Padrone delle sue orde di non-morti. Al suo fianco, la splendida Janet, sposa dello sceriffo. Alle sue spalle, un maxischermo sta proiettando un filmato, un mix di sequenze una più agghiacciante dell’altra.

Si vedono le morti violente e truculente di varie persone, tra cui quella di George LeMay, picchiato selvaggiamente e bruciato vivo, quella di Lars Uhri e quella di una giovane donna, che lo sceriffo riconosce come una vagabonda con la quale ha avuto a che fare l’estate scorsa e che pensava se ne fosse semplicemente andata… l’ultima scena lascia di sasso tutti gli astanti: mostra una coppia, ripresa di nascosto da una finestra, mentre si abbandona liberamente ad un amplesso focoso. Lo zoom rivela che lei è Janet, lui è di spalle, un uomo robusto coi capelli scuri. Di punto in bianco, all’apice dell’amplesso, Janet estrae un lungo coltello da macellaio da sotto il materasso e pugnala con una violenza brutale l’uomo alla schiena, una, due, tre volte. L’uomo infine si accascia ricoperto di sangue e Janet a questo punto, sguscia da sotto il suo corpo, lorda di sangue dalla testa ai piedi ma raggiante come una bambina in un negozio di bambole e saluta verso la telecamera.

Dobbs a questo punto arresta la riproduzione e si rivolge ai suoi “ospiti”:

Buonasera, Daniel… signori, vi aspettavo. Ora avrete tutte le risposte che cercate, dovete solo avere un attimo di pazienza. Janet – indicando la giovane donna accanto a sé – è stata il mio primo, vero capolavoro, non vi pare? Oh, tranquillizzatevi, è tutto assolutamente pertinente al caso, ve lo assicuro. Volete dare un’occhiata al mio… album di famiglia?” (con queste parole, Janet si muove verso un armadio, lo apre e ne estrae un grosso e pesante album fotografico, rilegato in pelle).

L’album è una vera e propria rassegna degli orrori, vi compaiono decine di vittime di Dobbs, comprese quelle più recenti come LeMay o Uhri, in una serie di scatti che vanno da quelli ripresi con una Polaroid a quelle, più recenti stampate da digitale, segno che la… faccenda va avanti da anni.

Guardateli, guardate i miei figlioli. Bisognava che fossero deturpati, è ovvio, questo mi ha permesso di serbare l’anonimato, che è essenziale. Se fossero venuti fuori dei familiari ed avessero scoperto l’accaduto, non sarebbe stato bello, no? I miei figlioli li voglio con me e se sono deturpati, la prospettiva per me è più allettante. Tutti sono in grado di mettere a posto qualcuno che è morto nel suo letto ma questi… questi hanno bisogno di me, solo io sono in grado di far riacquistare loro l’aspetto che avevano un tempo! Ci vuole una abilità speciale, Daniel ed io sono quello che sa esercitarla al meglio, ma credo sia meglio andare con ordine. Io non ho sempre fatto questo lavoro, forse lo sapete. Prima ero un dottore. Un vero dottore ed ero anche piuttosto bravo, sapete? Per pagarmi gli studi, accettai di arruolarmi nell’esercito ed ero ad un passo dal laurearmi quando scoppiò la guerra. Sì, parlo della “sporca guerra”, quella del Vietnam. Fui inviato sugli altipiani, come Specialista Medico aggregato ad una unità di Forze Speciali, in un villaggio dimenticato da dio, al confine con la Cambogia. Durante uno dei nostri pattugliamenti, scoprii un tempio, nascosto nella giungla, dove risiedeva un unico, vecchissimo monaco. Gli indigeni ne avevano una paura folle, così come erano terrorizzati dai suoi strani inservienti, che badavano alla manutenzione del sito e a coltivare i campi lì intorno.

Tornai svariate volte a trovare il vecchio monaco e alla fine me lo feci amico e lui mi aprì la mente a conoscenze straordinarie. Qualcuno potrebbe chiamarla stregoneria o magia nera, io la chiamo tecnica. Una tecnica antichissima ed oggi dimenticata dai più, custodita in pochissimi luoghi da pochi prescelti. La tecnica per rianimare i cadaveri. Sì, avete capito bene: gli inservienti del tempio erano tutti zombie, morti viventi, rianimati appositamente per servire il Gran Sacerdote del tempio e lui solo.

No, non guardatemi come se fossi un pazzo. La prova più inoppugnabile è proprio qui, davanti ai vostri occhi: Janet! Lei è stata il mio capolavoro, il mio trionfo: la trovai dentro quella sua Duster, a Hollis Creek. Era morta. Era finita fuori strada ed aveva perso i sensi. La cintura l’ha tenuta imprigionata mentre l’acqua sommergeva l’auto ed è annegata. Ironia della sorte, no? Dopo i fatti di Providence, avevo pensato di rinunciare per sempre ai miei esperimenti ma lei era troppo bella, troppo perfetta per prenderla e gettarla semplicemente in una fossa in pasto ai vermi.

Tornando a bomba, una volta tornato in patria e divenuto medico, ho continuato i miei studi ed ho fatto una scoperta che avrebbe rivoluzionato la medicina. Ci sono però molti scettici e troppi retrogradi, che hanno ripudiato i miei metodi. Certo, ci sono ancora dei problemi con la tecnica, non è ancora perfetta. Il guaio è il processo di decomposizione. Tutti i miei figlioli col tempo tendono a… disfarsi, se non do loro una ritoccatina almeno una volta alla settimana.

Ma Janet no, lei rimane intatta più a lungo degli altri, quasi tre settimane di fila! Mi da motivo per sperare che, un giorno, la mia tecnica raggiungerà la perfezione e che non sarà più necessario un intervento esterno per mantenere in salute i miei figli.

Faccio quello che posso per ridare non solo il soffio vitale ma una vita vera e propria alle mie creature. Purtroppo non sempre le cose vanno bene ma sto provando varie tecniche. Anche qui, Janet è particolare: lei È vitale, nelle paure, nell’amore, nel sesso… per questo l’ho data a voi, Daniel: voi siete un brav’uomo, vi sareste preso cura di lei.

A questo punto, lo sceriffo Gillis è talmente impietrito dall’orrore da non riuscire più ad agire o a spiccicare parola. L’azione ricade tutta sulle spalle dei personaggi, che devono decidere quale corso d’azione intraprendere. Se si fanno minacciosi nei confronti di Dobbs, questi con una risata, li mette al corrente del fatto che – sì – possono anche fargli del male ma a questo punto non possono più ucciderlo, nemmeno volendo. Ha già applicato la sua… tecnica anche a sé stesso, per cui, nell’eventualità di una sua dipartita, non farebbe altro che divenire come uno dei suoi “figlioli”.

D’altro canto, Janet è capace di spedire sottoterra loro se osano aggredire il suo Maestro e Padrone e lo farà, visto che è armata e che Dobbs vuole aggiungere anche i personaggi alla sua… collezione.

Nota per il GM: Janet è un avversario coriaceo e potrebbe benissimo mettere a mal partito uno o più personaggi. Se questo dovesse accadere, Gillis si risveglia dal suo torpore ed usa il suo revolver sulla “moglie”; quando lei si rende conto di essere stata colpita in modo letale ma di non essere morta, qualcosa scatta nel suo cervello, realizza di essere un morto vivente e chiede al marito di seppellirla per mettere fine a questo orrore. Gillis farà qualunque cosa per soddisfare il desiderio della moglie ma Dobbs si metterà di traverso per impedirlo e molto probabilmente finirà “ucciso” dallo sceriffo o da qualcuno dei personaggi.

Il risultato netto è che tutti i revenant che stanno dando loro la caccia sembrano risvegliarsi come da un torpore e cessano i loro attacchi, componendo una mesta processione dietro Janet, lo sceriffo ed i personaggi. Arrivati al cimitero, Janet scenderà volontariamente nella fossa e Gillis – con l’aiuto dei nostri, se lo vogliono – la seppellirà davanti alla folla di non-morti che poi omaggeranno la compagna finalmente e definitivamente defunta.



Epilogo

Se e quando i personaggi, accompagnati dallo sceriffo Gillis, tornano alla Funeral House per definire la questione una volta per tutte col Bokor Dobbs, troveranno che la riproduzione sul maxi-schermo è ripresa, solo che questa volta sulla scena ci sono Dobbs, Janet e un altro paio di non-morti. La scena è ancora quella dell’ultimo omicidio, solo che i presenti sono tutti intorno al corpo dell’uomo assassinato da Janet.

Le creature rigirano il corpo così da essere inquadrato dalla telecamera: è quello di Daniel Gillis, sceriffo di Potter’s Bluff!

A questa visione Gillis ha un tracollo, si porta le mani al viso con un urlo d’angoscia e orrore. Quando le ritrae, tutti i presenti notano che dalla pelle lacerata spuntano le falangi delle dita. A questo punto, una voce fa trasalire i presenti. È quella di Dobbs, che i nostri hanno lasciato per morto. Si sta alzando da una specie di poltrona, come quelle dei dentisti, sorretto da una giovane, bellissima donna sorridente (un tiro di percezione permette di riconoscerla come la giovane vagabonda che hanno visto trucidare barbaramente in video); Dobbs finisce di scollegare alcuni tubi in cui scorre una strana sostanza lattiginosa dal suo petto e dalle braccia e si rivolge allo sceriffo: “Mi piacciono molto queste piccole partite a scacchi con voi, Dan, ora però lasciate che vi rimetta in sesto…

Come avrete ormai intuito, questa avventura può avere diversi epiloghi. Nello scenario peggiore possibile, i nostri perdono lo scontro con i non-morti, finiscono tutti trucidati e vanno ad ingrossare le fila dei… figlioli di Dobbs, magari con nuove identità, com’è capitato a George LeMay e diventano nuovi residenti permanenti di Potter’s Bluff.

Nello scenario migliore possibile, specie se hanno realizzato qual è il punto debole dei non-morti, possono battersi e vincere contro Dobbs e le sue schiere di revenant. In questo caso, avranno la soddisfazione di aver eliminato una volta per sempre la minaccia ma non potranno farne parola con nessuno, salvo esser presi per dei lunatici o pericolosi sociopatici e finire magari internati in un manicomio.

Il caso più probabile è che riescano ad aprirsi un varco o trovare una scappatoia (prendendo per esempio Dobbs in ostaggio, magari?) per tagliare la corda e lasciarsi Potter’s Bluff ed i suoi orrori alle spalle. Avranno salvato la pelle ma il problema permane, visto che Potter’s Bluff ed i suoi orripilanti abitanti sono ancora lì e sono una minaccia per chiunque abbia la sfortuna di imbattersi in loro.

Per di più, come nel caso più sopra, ben difficilmente troverebbero qualcuno disposto a credere che c’è un intero paese dove gli abitanti sono tutti – o quasi – dei morti rianimati e le stesse autorità potrebbero dubitare della sanità mentale dei nostri o peggio, visto che sono ufficialmente coinvolti nelle indagini per l’omicidio di George LeMay, essere sospettati quali autori degli orribili crimini che sono accaduti a Potter’s Bluff e che lo sceriffo Gillis ha trasmesso a suo tempo alla Contea.