E infatti…
Dall’oscurità del tempo, è così riemerso un giochino che – a differenza di molti altri, acquistati prima ma soprattutto dopo di questo – ha avuto l’onore di essere giocato, anche se solo per un paio di serate, prima che quei pusillanimi dei miei giocatori mollassero tutto perché (cito) troppo angosciati dall’ambientazione e dalle situazioni di gioco.
Dal momento che l’avventura che stavamo giocando l’avevo scritta di mio pugno (e forse sarebbe il caso di riproporla un giorno di questi che non piove troppo forte), per un verso è stato un vanto aver ottenuto un tale… successo, dall’altro, sono rimasto letteralmente basito dalla piega che presero gli eventi, perché mai in vita mia m’era capitato di avere un gruppo che mollasse tutto perché troppo coinvolto emotivamente dalla storia.
Di questo magari riparleremo a tempo debito. Quello su cui vorrei concentrarmi in questo momento è il gioco stesso, il misconosciuto Afterwars della (oggi defunta) Stellar Games, Inc. una piccola azienda operativa tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90 del secolo scorso, che in un lasso di tempo tutto sommato breve, produsse svariati titoli, alcuni divenuti anche abbastanza noti, fuorché che qui da noi, dov’erano quasi tutti degli emeriti sconosciuti, colpa, come sempre, di una distribuzione altalenante e concentrata pressoché esclusivamente su una manciata di titoli che andavano per la maggiore o meglio: che venivano imposti come tali, perché quelli si trovavano sugli scaffali, con poche, rare eccezioni.
Una di queste eccezioni fu proprio questo gioco, un volume perfect bound come quelli della Palladium Books, contenente il gioco completo, senza rimandi a ulteriori, eventuali supplementi e/o manuali e già per questo era una perla rara.
Di più: non so quante copie ne fossero state importate ma evidentemente – complice la summenzionata distribuzione farlocca e pubblicità pari a zero da parte dei rivenditori – non ne avevano vendute poi tante, probabilmente manco una perché quando ci misi le mani sopra era per una svendita di titoli vari – sia di wargames che di giochi di ruolo – a prezzi veramente stracciati, presso quello che un tempo era lo spacciatore per antonomasia sulla piazza romana e che è giusto sia abbandonato alla damnatio memoriae per tutti i quattrini che ci ha spillato e le sòle che ci ha ammollato, prima di rimanere vittima di internet – cioè quando abbiamo cominciato tutti a procurarci la roba direttamente alla fonte e pagandola il 40% di meno nonostante le spese di spedizione.
Tornando a bomba, nella gran catasta dei remainder in offerta, tutti prezzati 10.000 ricche lire cadauno, c’era anche questo Afterwars. Ci ho pensato un po’ su e poi l’ho aggiunto nel carrello della spesa, uscendo per la prima (ed unica) volta nella mia vita a mani piene e con ancora soldi nel portafoglio da quel pozzo di iniquità e banditismo.
Fine dell’excursus storico, passiamo all’argomento di questo posto. Come ben dice il titolo, Afterwars è un gioco post-bellico/post-apocalittico di tipo distopico, nel senso che è basato su un classico What If? Nel caso specifico, cosa sarebbe accaduto se, anziché Gorbačëv, la Glastnost’ e la Perestrojka, l’ennesimo falco proveniente dal KBG avesse preso il potere in Russia al posto di Černenko.
Risultato: la tanto temuta Terza Guerra Mondiale con tutti gli annessi e connessi, esattamente come tutti se la immaginavano negli anni della Guerra Fredda.
I personaggi giocanti erano i sopravvissuti a questo conflitto apocalittico, usciti dai loro rifugi circa 18 mesi dopo l’inizio del conflitto, in un mondo devastato e tuttora oggetto di ulteriori conflitti tra bande di desperados, sopravvissuti, survivalist, unità militari allo sbando e quant’altro.
Fin qui, niente di troppo fuori dal mondo, di fatto sembrava quasi una versione lite riveduta e corretta del classico Twilight: 2000 con l’eccezione che qui i protagonisti non erano membri delle forze armate, lo scambio nucleare non è stato limitato e il 90% del Primo Mondo è ridotto ad una landa desolata.
Volendo essere un’ambientazione realistica, con la notevole eccezione – sempre se il Game Master lo permetteva – di una manciata di facoltà psioniche, non esistono mutazioni e super poteri: tutti i personaggi sono umani (o presunti tali) impegnati essenzialmente nel sopravvivere e ricostruire una parvenza di vita civile (non esattamente in quest’ordine) in un mondo altrimenti completamente impazzito ed in preda all’anarchia.
Allo stesso modo, essendo ambientato nel nostro mondo contemporaneo, non c’erano gadget fantascientifici o futuribili (com’erano invece presenti in T2K, specialmente nella Seconda Edizione, coeva di questo gioco) ma solo ferramenta in uso prima dello scoppio della guerra.
Di più, per una volta, tra le abilità dei personaggi erano previste attività difficilmente viste prima in un qualsivoglia gioco di ruolo moderno/contemporaneo, ma utilissime in un ambito di sopravvivenza e ricostruzione, come l’abilità di intrecciare canestri, conservare il cibo, lavorare il metallo etc. etc.
Altro punto per me strepitoso, mai visto altrimenti in un GdR e che dava un tocco di assoluto realismo, il fatto che le munizioni non piovessero dal cielo, né che fossero feticci o reliquie e quindi rarissime, bensì era espressamente previsto che i personaggi (specie quelli più accorti) provvedessero a dotarsi di tutto l’equipaggiamento necessario per ricaricare ed assemblare le proprie cartucce con componenti sciolti (polvere, bossoli, palle e inneschi).
Per quanto concerne il sistema di gioco, si tratta di un comunissimo e decisamente agevole sistema a percentuali. Di fatto, gli unici dadi necessari per giocare sono i classici dadi poliedrici a 10 facce, per il resto quasi tutti i valori sono fissi e prestabiliti; se da una parte questo rende il gioco piuttosto veloce – specialmente per quanto concerne i combattimenti – dall’altro vuol dire che non ci sono molte variazioni o possibilità: se una pistola infligge il danno X, infliggerà sempre e comunque il suddetto danno X. Questo fa sì che se un personaggio affronta avversari dotati di determinate armi, è molto facile che venga spacciato con un colpo o due.
A tal proposito, in previsione di scontri a fuoco tra gruppi di personaggi e cataste di scagnozzi, c’è una regola per risolvere rapidamente gli esiti di combattimento senza dover tener conto di punti-ferita o altre amenità, cosa che sinceramente mi sarebbe piaciuto vedere anche in altri giochi ben più blasonati.
Altro punto per me fondamentale – e che ho ritrovato soltanto in pochissimi giochi, come i grandi classici The Morrow Project™ e Mercenaries, Spies and Private Eyes™ - è presente la formula per determinare il Potenziale di Danno di qualunque arma da fuoco, partendo dai dati statistici reali delle stesse; in questo modo era possibile ampliare a dismisura l’arsenale – rappresentativo ancorché abbastanza ridotto – del gioco con qualunque spingarda di cui si conoscessero la velocità iniziale ed il peso del proiettile.
La creazione del personaggio, poi, era molto rapida: una volta stabiliti i valori degli Attributi di Base (più o meno sempre i soliti noti), bastava scegliere una… classe di personaggio tra le 3 disponibili, selezionare le abilità previste – suddivise in poche categorie generali – e lanciare tanti d10 a seconda se l’abilità per il personaggio è primaria, secondaria o un hobby e il gioco è fatto.
Allo stesso modo, le risorse – economiche e non – del personaggio dipendono dalla sua “classe” e dal momento che il denaro non vale un granché nel mondo del dopobomba, è bene che il gruppo si attrezzi adeguatamente attingendo dalle liste (quelle sì, piuttosto esaustive) di equipaggiamento disponibile.
Anche il combattimento tra veicoli – specialmente tra corazzati – è ampiamente previsto dal regolamento ed è uno dei punti allo stesso tempo di forza e di debolezza del gioco. Il sistema è infatti semplice, esaustivo ed elegante ma purtroppo in questo caso non è dato sapere su quali parametri si basino le specifiche riportate, così come sono considerati solamente i veicoli cingolati tra i mezzi elencati.
Altro punto dolens, gli esplosivi; su questo punto il regolamento non è particolarmente chiaro fuorché in una cosa: qualunque esplosivo fa tanto, ma tanto male ed è facile che anche un petardo possa spedire al creatore un personaggio.
Per contro, le aree di efficacia degli stessi sono a dir poco irrisorie.
Ciò che però rendeva questo giochino atipico rispetto alla gran massa dei giochi post-apocalittici era la scelta di voler integrare armi e mezzi desueti o obsoleti nell’ambientazione, cosa fatta tra l’altro con una certa eleganza: di fatto gran parte degli arsenali disponibili risalgono alla Seconda Guerra Mondiale partendo dal presupposto che – una volta cominciata la guerra – i vari belligeranti (specialmente gli invasori sovietici ed i loro alleati centro e sudamericani) hanno letteralmente raschiato il fondo del barile e riesumato da depositi ed arsenali qualunque cosa fosse ancora utilizzabile.
È così che – accanto a carri da battaglia M1 Abrams e T-72 Ural – possiamo trovare vecchi Sherman o carri leggeri M5, così come i vetusti PPSh-41 e Garand si affiancano ai moderni (per i tempi) M16A2 e AK74 e via discorrendo.
Il tutto era poi scritto molto bene, quindi risultava anche interessante come lettura e non solo come manuale/regolamento.
Peccato solo che, come fin troppo spesso accade con le produzioni di nicchia, anche questo Afterwars non abbia avuto seguito e sia finito ben presto nel dimenticatoio, assieme a tutto il resto della produzione della Stellar Games, tant’è che – oggi – è difficilissimo reperire qualsiasi informazione a riguardo, né è dato sapere che fine abbiano fatto gli autori.
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