domenica 13 maggio 2018

CAMPO PARADISO e i GIARDINI DEL DIAVOLO: un nuovo scenario per Mutant Future (Prima Parte)


Un tesoro di una ricchezza inimmaginabile: stanze e stanze piene dal pavimento al soffitto di manufatti degli Antichi di ogni genere, sono lì, alla portata di chiunque voglia raggiungere Campo Paradiso, l’antico complesso che ancora oggi – silenzioso e negletto – attende intatto al centro della Desolazione; sempre che abbia abbastanza coraggio e il cuore saldo per affrontare i Giardini del Diavolo!

Antefatto.
Nel bel mezzo della Guerra Finale, quando i vari contendenti stavano dando fondo a tutte le loro risorse per sopperire alla penuria di armi, mezzi e materiali dovuti allo spaventoso attrito della guerra, si cominciarono a riesumare (talvolta letteralmente) vecchi parchi mezzi, polveriere e depositi dimenticati da decenni – veri e propri cimiteri degli elefanti – nelle cui viscere erano però contenute migliaia di tonnellate di materiale, accantonato “in riserva” mano a mano che il progresso tecnologico lo rendeva obsoleto ma che era ancora in condizioni utilizzabili.

Si sa che i militari sono gente dalla mentalità estremamente conservatrice e che “non si butta via niente” perché “non si può mai sapere” se prima o poi non ti tornerà utile quello che oggi sembra essere di troppo.
In questo caso specifico, la grettezza di qualche vecchio generale si dimostrò essere lungimiranza, perché, tra la distruzione generalizzata di ogni infrastruttura ad alta tecnologia e la paralisi progressiva della produzione di quei pochi stabilimenti ancora funzionanti, non c’era più modo di rimpiazzare le perdite di armi e mezzi da combattimento hi-tech che avevano caratterizzato gli eserciti combattenti all’inizio della guerra e qualunque cosa fosse in grado di muoversi, sparare e – in definitiva – combattere era più che bene accetta.

Fu così che – su ogni fronte del pianeta – accanto alle armi elettromagnetiche e ad alta energia, alle tute da battaglia e ai mezzi corazzati a cuscino d’aria e a levitazione magnetica, cominciarono a ricomparire carri armati e autoblindo, elicotteri, cannoni e obici, lanciarazzi e fucili, mitragliatrici e ogni altro implemento di guerra possibile ed immaginabile risalente al XX e al XXI secolo.

Campo Paradiso era uno di questi depositi: una vecchia polveriera in un’area remota e desolata del paese, dove venivano custodite in origine le munizioni usate dalle basi militari circostanti e che, col passaggio alle nuove tecnologie, era stata declassata a deposito di stoccaggio e posta alle dipendenze di un esiguo reparto di soldati troppo vecchi per servire in prima linea oppure inviati in quella specie di deserto dei Tartari perché troppo indisciplinati e/o indolenti.

Il nome della base è ovviamente una garbata presa in giro, perché in questo posto dimenticato da Dio e dagli uomini c’era ben poco di paradisiaco a meno che il vostro concetto di paradiso non includa l’assenza di qualunque forma di vita umana nel raggio di svariati chilometri, un clima infame ed un panorama talmente desolato da far apparire pittoresco un deserto.

Solo il comandante del Campo, un colonnello considerato dai più uno scoppiato senza speranza e ormai alle soglie della pensione, tutt’altro che rassegnato e non poco inasprito dalla sua estromissione da un comando operativo in tempo di guerra, sembrava essere perfettamente a suo agio in questo buco d’inferno e fu lui che decise di trasformare il vecchio deposito in un caposaldo degno di questo nome, secondo l’assunto che le preziose munizioni custodite nelle cripte dovevano essere negate a qualunque costo al nemico.

Col procedere della Guerra e l’uso sempre più massiccio di armi ABC e l’attrito – in termini di uomini e materiali – che ne derivò, l’alto comando alla fine decise di raschiare anche il fondo del barile: ogni uomo abile doveva essere richiamato in servizio attivo in prima linea.
Per questo motivo, il bellicoso colonnello si vide privare anche del suo sparuto reparto di spostati e rimase praticamente con uno striminzito drappello di anziani riservisti; per garantire comunque la sicurezza del deposito – che nel frattempo era stato smantellato e svuotato di ogni materiale considerato utile – venne assegnata al colonnello un’unità di Zomboidi™ programmati per difendere il compound da qualunque intrusione o assalto nemico, quando e se mai si fosse verificato.

Le settimane divennero mesi, i mesi anni e gli anni decenni: la guerra non arrivò mai alle soglie di Campo Paradiso perché nel frattempo era finita, consumata dalla sua stessa hubris; anche il colonnello morì, saldamente al suo posto di comando, dopo esser stato abbandonato, molto tempo prima, dagli ultimi soldati umani, ormai rassegnati e desiderosi solo di tornare “a casa” (anche se spesso ben sapevano che “casa” non esisteva più).

Rimasero solo ragni, topi e polvere a presidiare Campo Paradiso… loro e gli Zomboidi™ immortali, eternamente vigilanti e obbedienti alle ultime volontà del loro comandante.
Eppure non sono loro la minaccia più terribile da affrontare, per arrivare ai tesori nascosti di Campo Paradiso, perché per giungere all’agognata meta bisogna prima attraversare i Giardini così amorevolmente coltivati dal rancoroso e belligerante colonnello!

Come stanno in realtà le cose.
C’è una ragione se nessuno ha mai saccheggiato – fino ad oggi – le risorse custodite nei depositi dell’antica polveriera ed è questa: nessuno, di quanti hanno tentato nel corso degli anni di arrivarci è mai giunto vivo ai suoi cancelli, per il semplice motivo che tutta la regione circostante la base è un unico, immenso, letale campo minato.
Chiunque si addentra nei Giardini del Diavolo semplicemente ci lascia le penne, senza se e senza ma!

Come riportato nella narrativa, il colonnello Bastico (detto Bombastico o semplicemente Bomba dai suoi superiori e sottoposti per il suo atteggiamento militante al limite della psicosi), benché relegato in un settore pressoché dimenticato delle retrovie a fare di fatto il custode a quello che gli alti comandi consideravano un (grosso) mucchio di ciarpame – ancorché del tipo altamente esplosivo! - com’era nel suo carattere non se ne rimase con le mani in mano e approfittando del fatto di avere alle sue dipendenze riservisti provenienti per lo più da reparti del Genio e dei servizi di supporto, si è adoperato per trasformare la vecchia, negletta polveriera in un’installazione difensiva degna di questo nome, adoperando sia gli assetti (in realtà abbastanza esigui) assegnatigli – per lo più cannoni laser leggeri per uso contraereo e lanciamissili a corto raggio – sia la panoplia di materiale custodito nei depositi sotterranei, tra il quale spiccava una dotazione, pressoché infinita, di mineanticarro e antiuomo – armi ufficialmente messe al bando dalle varie convenzioni internazionali nel corso del XXI secolo e destinate quindi alla distruzione ma in realtà semplicemente accatastate e dimenticate.

Utilizzando la sua esperienza sul campo nelle varie missioni “di pace” e “di polizia” nelle zone più calde del globo (ragione per cui, invece della agognata promozione a generale, si era visto stroncare la carriera e privare di un ulteriore, qualsivoglia comando operativo) e le conoscenze dei vecchi genieri ai suoi ordini, sulla falsariga del suo idolo – il feldmaresciallo Rommel, celeberrimo condottiero militare del XX secolo – il colonnello ha realizzato la sua personale versione dei famigerati teufelsgartens di cui ancora si favoleggiava nei circoli militari a oltre un secolo di distanza dagli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale, disseminando in maniera scientifica per tutta la valle migliaia di mine, che, per quanto obsolete, erano ancora perfettamente efficienti, specialmente dopo che i genieri avevano sostituito, su un discreto numero di esemplari viste le esigue risorse disponibili, le originali spolette meccaniche con moderne spolette elettroniche multimodali, in grado di registrare la presenza di un bersaglio dalla sua segnatura magnetica, acustica e sismica, così da poter essere efficaci anche contro gli ordigni di guerra più recenti, come i carri armati gravitazionali e a levitazione magnetica o le nuove e temibili armature potenziate.

In alcuni casi, il colonnello ha disposto trappole nelle trappole, come aveva fatto il suo illustre predecessore; non solo congegni anti-rimozione ma anche mine sovrapposte ad altre mine ovvero utilizzate come detonatori per altre mine “improvvisate” utilizzando alcune delle granate di tipo più antiquato custodite nei magazzini.

Delle difese fisiche visibili della base, oggi non resta molto: l’abbandono e l’entropia hanno avuto la loro parte nel renderle inattive e/o un cumulo di ruggine ma la ragione principale è stata la rimozione delle stesse, durante le fasi finali della Guerra Finale, da parte dell’Alto Comando, per recuperare risorse meglio utilizzabili altrove che non a far la guardia ad un vecchio deposito dimenticato da Dio e dagli uomini nella estrema periferia della nazione.

Quindi, a parte un pugno di Zomboidi™ ancora attivi, benché decisamente malmessi da decenni di negletto e intemperie, non c’è granché di cui preoccuparsi per l’aspirante saccheggiatore di tombe degli Antichi.
Il vero problema sono le difese non visibili della base, quelle disseminate certosinamente tutt’attorno al complesso, eternamente vigilanti e in attesa di andarsene… via col botto!

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