martedì 15 maggio 2018

Campo Paradiso e i Giardini del Diavolo: un'avventura per Mutant Future (parte seconda)


Il Giardino del Diavolo

Una volta giunti sul posto, comincerà la vera avventura, perché adesso i nostri dovranno superare il più letale ostacolo sul percorso verso Campo Paradiso: l’immenso campo minato voluto e progettato dal defunto colonnello Bastico.

Quella che si presenta agli occhi dello spettatore, una volta entrati nella piccola valle chiusa sui 3 lati da basse ma ripide colline, è una distesa arida di terra e polvere, tagliata a metà da un nastro di asfalto – ormai crepato in più punti dalle intemperie e punteggiato qua e là da ciuffi d’erba sparuti – costellata da bassi spuntoni rocciosi, qualche cespuglio e un alberello striminzito o due.
Ci sono anche altre cose, per l’osservatore attento, che possono dare un indizio utile per evitare di passeggiare allegramente in mezzo alle mine: in lontananza, ai margini della strada, vi sono i relitti di alcuni veicoli degli Antichi; se osservati attentamente, si noterà che non sono semplicemente abbandonati ma che sono stati incendiati e che ci sono rottami sparsi in giro, seminascosti tra le erbacce e la polvere, anneriti e contorti, come se fossero stati strappati via con violenza.

C’è anche qualcosa che biancheggia al sole (o alla luce della luna) anche se è difficile determinare cosa sia – a meno di possedere un binocolo o altro implemento ottico o avere una vista letteralmente da falco.
Si tratta delle ossa dei malcapitati che hanno tentato l’impresa prima degli attuali visitatori e sono saltati su una mina (o anche due!).

Infine c’è un indicatore assolutamente chiaro ed univoco, anche se l’ingiuria del tempo, le intemperie e le erbacce possono non renderli chiaramente visibili: i cartelli militari – scritti nella lingua degli Antichi – che indicano chiaramente che l’area è minata!
Anche chi solo conosca la simbologia degli Antichi (anche perché determinati segni sono universali anche nel mondo post-apocalittico) può capire all’istante che ci si trova di fronte ad una minaccia potenzialmente letale.

Tornando a bomba, in generale il campo è di tipo misto, composto cioè da mine anticarro e antiuomo, disseminate apparentemente a casaccio ma soprattutto di diversi tipi e modelli: dai piccoli ordigni individuali a quelli rimbalzanti, da quelli esplosivi a quelli a frammentazione.
Le une e le altre sono mischiate in modo da impedire/neutralizzare il passaggio di veicoli o di persone appiedate.
Molte mine – specie quelle anticarro più potenti – dispongono anche di congegni anti-rimozione, che provocano cioè l’esplosione della mina se si cerca di rimuoverla e/o neutralizzarla.

Ci sono solo due modi e solo quelli per attraversare indenni il campo minato; il primo è possedere un trasmettitore IFF codificato come amico dalle mine stesse, che così si disattivano automaticamente al passaggio.
Purtroppo, questi trasmettitori (dei braccialetti elettronici) si trovano all’interno della base e venivano usati dalla guarnigione quando era costretta ad uscire per la manutenzione del campo minato e/o per sostituire gli ordigni attivati accidentalmente da animali (e anche da qualche vagabondo, diciamocelo).

Oggi come oggi, a tanti anni di distanza, nemmeno questo è un metodo sicuro, perché molte delle batterie a isotopi che alimentavano i sensori delle mine sono ormai esauste; c’è quindi un 30% di possibilità che la mina non sia disattivata semplicemente perché il sensore è spento e non più funzionante.
Il lato positivo è che c’è un 50% di possibilità che anche la spoletta della mina non sia più funzionante e l’ordigno di fatto inerte.

Il secondo metodo è individuare un tracciato sicuro nel campo minato e per farlo ci sono due sistemi: lento e difficile o rapido e indolore.
Nel primo caso, occorre aprirsi un varco nel campo come è uso tra i genieri (merce abbastanza rara nel mondo post-apocalittico): sondando palmo a palmo il terreno con metal detector o con la punta di una sonda o di una baionetta con cautela e segnando il punto dov’è la mina.
Con tanta pazienza e tanto tempo a disposizione gli aspiranti saccheggiatori potrebbero anche aprirsi un varco largo un metro o due in mezzo al campo minato.

Il secondo metodo consiste nell’individuare il varco predisposto appositamente nel campo minato; partendo dalla strada principale che attraversa la valle, guardando sulla sinistra c’è uno spuntone roccioso: se lo si osserva con attenzione, si può vedere che c’è un simbolo degli Antichi inciso sopra e ancora visibile nonostante l’inclemenza del tempo e degli elementi.
Se si cammina in linea retta dal cartello stradale che indica la direzione verso Campo Paradiso fino alla roccia, si passa su un sentiero – ampio circa 5 metri – privo di mine.
Una volta raggiunta la roccia, se ci si guarda attorno con attenzione, si possono individuare altre rocce simili, che spuntano dal terreno, alcune mezze coperte da cespugli ed erbacce; su alcune di queste ci sono altri simboli degli Antichi.

Se si procede da una roccia all’altra, sempre in linea retta, nella sequenza corretta, si arriva direttamente ad un cancello laterale nella recinzione della base.
La mappa con le annotazioni per il Mutant Master è scaricabile da qui

Note per il Mutant Master: i “simboli” sono delle normalissime lettere dell’alfabeto occidentale; ce ne sono 4 in tutto e la prima della serie è una S, le altre sono A, F, E ed è in questa esatta sequenza che vanno raggiunte. Se si cerca di attraversare il campo minato passando semplicemente da una lettera a caso all’altra, è pressoché automatico che si finisca per calpestare una mina e buonanotte ai suonatori!

Il campo minato: regole di simulazione.
Osservando la mappa geografica esagonata, determinate il percorso che i personaggi intendono attraversare; per ogni esagono di campo minato attraversato (sono quelli colorati in rosso sulla mappa del Mutant Master) ogni personaggio deve lanciare 1d10 e realizzare un risultato superiore al numero di esagoni attraversati (es: primo esagono: 2+, secondo esagono: 3+, quarto esagono: 5+ e via discorrendo) se fallisce ha beccato una mina!
A questo punto il malcapitato deve effettuare un tiro pari/dispari: pari è incappato in una mina anticarro (che non esplode se calpestata da un individuo), dispari, ha preso una mina antiuomo.
In questo caso occorre determinare (un altro semplice lancio pari o dispari) se ha calpestato una mina scoppiante (pari) o una rimbalzante/a frammentazione (dispari).

Se i personaggi affrontano il campo minato a bordo di un veicolo, le possibilità che incocci in una mina per ogni esagono attraversato dipendono dal conducente del mezzo: è lui che deve effettuare il tiro-salvezza con le modalità di cui sopra ma il dado da lanciare è 1d6 non 1d10 (è molto più facile che un veicolo urti una mina); a questo punto occorre determinare la tipologia di mina colpita, con la sola differenza che tutte le mine (di qualunque tipo) esplodono se attivate da un veicolo.


Le specifiche delle varie tipologie di mine sono le seguenti:

mina anticarro: 15d6 di danno nel raggio di 15 metri;
mina antiuomo esplosiva: 4d6 di danno nel raggio di 3 metri;
mina antiuomo a rimbalzo: 5d6 di danno nel raggio di 15 metri;

Nota: con l’eccezione del personaggio che ha attivato fisicamente la mina, tutti gli altri entro il raggio di scoppio hanno diritto ad un Tiro-Salvezza contro energia per dimezzare il danno inflitto.
Personaggi che indossano armature pesanti/integrali subiscono solo ½ danno dall’esplosione di una mina dovuti all’onda d’urto e di calore, ulteriormente riducibili con il TS di cui sopra.

Per quanto riguarda gli eventuali veicoli, le mine anticarro colpiscono ed infliggono danno automaticamente, mentre quelle antiuomo devono effettuare un Tiro per Colpire contro la Classe di Armatura del mezzo; ovviamente i passeggeri che si trovino allo scoperto per qualunque ragione, subiscono l’attacco senza che sia necessario un TxC!

Finalmente Campo Paradiso!

Se e quando i nostri raggiungono la recinzione vivi, saranno sì e no a metà dell’opera; non è difficile, in realtà, entrare nel campo ma arrivare indenni ai depositi o al bunker di comando lo è eccome, cortesia degli Zomboidi che ancora infestano i terreni della base e che hanno l’ordine di neutralizzare (meglio ancora: annichilire) con ogni mezzo gli intrusi, cioè tutto il personale – civile e militare – che non disponga dei braccialetti di riconoscimento (gli stessi usati per disattivare le mine lungo la strada d’accesso principale) con la giusta codifica IFF.

La presenza delle creature è rilevabile già dall’esterno della recinzione, con un’attenta osservazione; nelle varie torrette che intervallano il recinto ci sono degli Zomboidi di guardia.
Non si muovono e non danno alcun segno di aver visto o riconosciuto qualcosa o qualcuno finché questo qualcosa o qualcuno non si trova entro una 15ina di metri dalla recinzione e/o non punti direttamente verso la stessa.
Se accade questo, lo Zomboide reagisce e attacca senza preavviso (ricordate? Non sono sufficientemente intelligenti da iniziare anche una procedura semplice come il “chi va là?”); se l’intruso non ha la decenza di schiattare sul posto e magari risponde pure al fuoco, l’unità di guardia lancia l’allarme e una squadra di suoi pari converge immediatamente sul posto.

Nota per il Mutant Master: d’ora innanzi, quando si parla di “squadre” o “unità” di Zomboidi a meno che non sia espressamente previsto altrimenti, si intende un gruppo consistente in tanti elementi quanti sono i personaggi del party meno 1.
Se abbiamo quindi un party di 6 personaggi, l’unità che interviene sarà composta da (6-1) 5 elementi; se sono 3 i guardiani saranno 2 e via discorrendo; questo per dare una qualche possibilità di sopravvivenza contro avversari stupidi ma decisamente coriacei!

Le pattuglie di rinforzo affluiranno verso la zona del “disturbo” entro 2 minuti (12 round) dall’allarme per tutte le aree della base che non siano a ridosso del settore nordorientale di Campo Paradiso (dove si trova l’area depositi) e successive squadre d’appoggio vengono allertate – con le stesse tempistiche e modalità – se la pattuglia originale subisce almeno un 50% di perdite.

Tutta l’area centrale della base è invece raggiungibile dalle creature nel giro di 1 minuto (sei round) dall’allarme.

Campo Paradiso
A. posto di guardia; B. bunkers; C. cancellate/ingressi; D. dormitori/caserme; E. casa del comandante; F. bunker/torre di comando; G. rimessa/officina; H. parcheggio/pista di atterraggio; I. mensa/cucine/palestra; 1-5 bunker d'accesso ai depositi sotterranei.

il compound della base è piuttosto standard nella sua composizione: alcuni bassi edifici, realizzati in laterizi e legno, di tipo civile, oggi piuttosto malmessi (quando non pericolanti), un paio di grandi strutture prefabbricate, ricoveri militari di un qualche tipo, un massiccio edificio in cemento armato al centro del complesso e altre quattro strutture in cemento armato interrate attorno all’edificio centrale.
Sul lato est e nordest del campo, una serie di basse collinette, apparentemente poco più che tumuli o rialzi nel terreno, chiuse da facciate in calcestruzzo al cui centro spiccano delle porte di metallo.
Sul lato ovest del campo, una spianata di cemento a ridosso dei prefabbricati riporta al centro un grande simbolo degli Antichi (nota: la classica H iscritta in un cerchio bianco, simbolo comune per le piste di atterraggio per velivoli ad atterraggio verticale) consunto dal tempo.
Un grande velivolo degli Antichi è posato su questa spianata, apparentemente intatto ma immobile.

Il tutto è circondato da recinzioni doppie e protetto dalle summenzionate torrette di guardia.
A parte l’ingresso principale, costituito da una cancellata con annesso un basso edificio in cemento sul lato destro e due torrette ai lati del cancello stesso, ci sono altri 3 accessi nella recinzione, di cui due pedonali sui lati nord e ovest e uno carrabile, sul lato est.
Quest’ultimo è guardato da una torre di guardia più grande e massiccia del solito, presidiata da una squadra di Zomboidi, in quanto si tratta dell’accesso diretto all’area dei depositi di munizioni (le basse collinette artificiali di cui sopra).

Nota: il piccolo edificio in cemento, dotato di grandi finestre (blindate), è il corpo di guardia per la porta carraia principale; al suo interno vi sono un interfono (collegato direttamente con il bunker di comando), un terminale (ormai ridotto ad un relitto), un tavolo con tanto di console per il controllo della sbarra d’accesso e della cancellata (non funzionante per mancanza di corrente); era qui che i soldati umani della base trascorrevano interminabili turni di guardia.
La stessa descrizione vale anche per la torretta che guarda sul cancello secondario a Est, solo che al piano terra ci sono gli Zomboidi di guardia!

Degli edifici che compongono la base, quelli dall’aspetto di caseggiati civili sono (o meglio, erano) gli alloggi dei militari, ora abbandonati e svuotati di qualunque cosa ritenuta utile; all’interno, oltre a brande, armadietti, tavolini, sedie e suppellettili consunte dal tempo, è ancora possibile rinvenire un po’ di cianfrusaglie, per lo più oggetti personali abbandonati dai precedenti proprietari, qualche libro e rivista (per lo più per adulti e/o fumetti, specialmente negli alloggi della truppa) e poco altro.

Al piano terra di uno dei due edifici maggiori c’è quel che resta di un’infermeria, con annessa astanteria, un tempo discretamente fornita ed oggi l’ombra di sé stessa: tutto l’equipaggiamento hi-tech asportabile è stato rimosso dal personale quando ha abbandonato la base, alla fine della guerra; nonostante tutto, negli armadietti è ancora possibile rinvenire varie attrezzature (come siringhe, stetoscopi, sfigmomanometri – manuali e digitali – lacci emostatici etc.) e alcuni flaconi di pillole e tubetti di pomate (aspirina, paracetamolo, antinfiammatori, antidolorifici etc.) che potrebbero essere ancora buoni (dopotutto si tratta dei famigerati farmaci militari).

Nascoste nel cassetto della piccola scrivania del medico (chiuso a chiave) ci sono alcune confezioni di pillole e un paio di fiale conservate nella scatola di un kit di pronto soccorso individuale; si tratta di amfetamine militari e di auto-iniettori di morfina, sottratte dai vari pacchetti di pronto soccorso e dai kit di combattimento dal medico della base (vatti a fidare dei medici!).

L’edificio più piccolo (l’alloggio del colonnello) è invece ancora completamente arredato, con sobrio rigore militare, come se il proprietario si fosse allontanato da poco; solo lo spesso strato di polvere che permea ogni cosa testimonia il passare dei decenni.

In questo particolare edificio è possibile rinvenire alcuni cimeli utili per un avventuriero della Desolazione, come una spada cerimoniale (a corredo dell’alta uniforme ancora addosso all’ometto nella stanza da letto) ed una teca blindata nello studio, all’interno della quale sono conservati una doppietta da caccia, un fucile dall’aspetto antico (si tratta di un Garand originale della Seconda Guerra Mondiale, appartenuto al bisnonno di Bastico) e una pistola semiautomatica dall’aspetto anch’esso vetusto (una Colt M1911A1 istoriata e col calcio in madreperla, dono ricevuto in occasione del diploma all’accademia militare), con tanto di caricatori (due per la Colt: uno nell’arma, l’altro di riserva, 5 pacchetti per il Garand) e relative munizioni (una scatola di cartucce a palla calibro .45 ACP consumata per metà e una di cartucce FMJ calibro .30-06 intonsa, una scatola piena per ¾ di cartucce calibro 12 a pallettoni 00) conservati nel cassetto blindato sotto la teca stessa.

Di sicuro interesse per uno studioso invece è la libreria (non molto grande in verità: uno scaffale unico, molto sobrio realizzato in massello di quercia) dove si trovano in stato di conservazione decente, i libri appartenuti al padrone di casa, per lo più volumi di storia militare, tecnologia bellica e trattati di tattica e strategia, apparentemente le uniche letture del colonnello.

Nota: alcuni di questi volumi, se correttamente letti ed interpretati, possono aiutare a classificare e riconoscere parecchi degli artefatti custoditi nei depositi della base e stabilirne così modalità d’uso, capacità e (nel caso delle armi) il grado di pericolosità.

Le strutture prefabbricate ospitano una palestra, ancora completa di campo da basket/pallavolo con tanto di tabelloni, tavolo da ping-pong, biliardino, pesi, bilancieri e un paio di macchine, tutta roba spartana, vecchio stile; non c’è alcuna delle fighetterie elettroniche tipiche del Terzo Millennio (e ragione per cui l’assegnazione a Campo Paradiso era considerata punitiva per chiunque eccetto il più stoico o motivato dei soldati).

L’altro lato della struttura ospitava invece la mensa e le cucine del campo; anche qui la situazione è la solita: quello che poteva essere portato via perché utile è stato prelevato; restano però tutte le attrezzature della cucina, compresi stoviglie ed elettrodomestici come impastatrici, frullatori, microonde e – ovviamente – le grandi cucine da campo.
La dispensa è stata accuratamente saccheggiata, specialmente da tutti i cibi conservati, mentre le celle frigorifere sono ancora chiuse e stoccate – anche se per metà – di carne, pesce, verdure e quant’altro, solo che tutto quello che c’è all’interno è marcito decenni fa, quando è venuta a mancare la corrente.
Frugando con attenzione è però possibile rinvenire qualche confezione di razioni K (tutta roba scatolata e disidratata, praticamente eterna!) infilate negli scomparti bassi della cucina.

L’altra struttura, decisamente più grande, è una rimessa/officina di un qualche tipo; come nel caso degli edifici abitativi, anche qui sono sparite tutte le attrezzature hi-tech che non fossero imbullonate al suolo ma ci sono comunque un discreto numero di attrezzi comuni (cacciavite, chiavi, martelli, pinze e tenaglie) appesi alle rastrelliere sulle pareti, morse, una fresa ed un ponte idraulico, la fossa per la manutenzione dei mezzi e alcuni fusti e latte di lubrificanti, vernici e solventi; non vi sono però ricambi o combustibili di alcun tipo, dal momento che tutti i veicoli della base erano elettrici a batterie nucleari.

Il velivolo che giace su un lato della pista di atterraggio, appena fuori dalla rimessa, è coperto di polvere dentro e fuori (il portellone posteriore di carico è aperto) e in alcuni punti s’è formata ruggine ma per il resto sembra intatto.
All’interno, nella cabina di pilotaggio, ci sono due scheletri, riversi sulla plancia ma ancora saldamente legati ai seggiolini, che indossano ancora le uniformi di volo.
Per il resto il velivolo è desolatamente vuoto.

Nota per il Mutant Master: l’aeromobile, un convertiplano tipo Osprey, era stato inviato per evacuare quanto rimaneva del personale e “sterilizzare” la base; l’equipaggio è stato ucciso dal colonnello (com’è evidente analizzando i resti, che riportano bruciature da laser).
È stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha fatto sì che quanto restava della guarnigione umana abbandonasse Campo Paradiso con i veicoli che rimanevano nella base, affrontando le minacce della Desolazione piuttosto che restare a marcire nel personale Deserto dei Tartari del loro estraniato comandante.
Il velivolo è (paradossalmente) ancora funzionante e le celle a combustibile nucleare sono ancora cariche per metà (il che vuol dire svariate migliaia di chilometri di autonomia), nonostante il tempo trascorso e l’abuso subito dagli elementi.
Basterebbe un minimo di pulizia e manutenzione ordinaria (e ovviamente un pilota) per rimetterlo in condizioni di volo.

Passando ora alle strutture interrate in cemento armato, si tratta – come facilmente intuibile – dei bunker posti a difesa della base e del posto di comando (l’edificio in cemento armato centrale); originariamente sul tetto degli edifici trovavano posto dei cannoni contraerei laser a comando remoto di cui oggi restano solo le piattaforme d’acciaio incassate nel cemento, mentre la difesa a terra era assicurata da feritoie protette con campi di tiro sovrapposti.

Nello stato attuale, i bunker sono desolatamente vuoti: tutto quello che poteva essere asportato è stato portato via.
Ai piani inferiori (dove si trovano gli alloggi d’emergenza per la truppa) oltre a qualche branda, un tavolino, un armadietto a muro con i kit di primo soccorso (vuoti) e le rastrelliere per le armi individuali dei soldati, non c’è nulla di valore o di interessante.

Non così vuoto è invece il bunker di comando: la struttura, un cubo di cemento armato rinforzato, si eleva di un piano intero rispetto ai bunker circostanti.
Il piano più elevato è dotato di finestrature corazzate e feritoie protette; il piano terra (in realtà un piano rialzato, visto che per accedere al bunker occorre scendere una rampa di scale posta ad angolo retto) è fornito anch’esso di feritoie a livello del terreno, mentre il resto dell’edificio è evidentemente sottoterra.
L’accesso è guardato da una feritoia corazzata dotata di giunto a sfera.

Nota per il Mutant Master: le feritoie del piano alto e quella a copertura dell’ingresso sono tutte del tipo “a sfera”, dotate di armi che sono tuttora presenti e visibili dall’esterno, anche se, ad un’occhiata più approfondita, le canne sporgenti sembrano corrose e arrugginite.
Una volta all’interno, le armi risulteranno inutilizzabili, se non dopo un’accurata manutenzione con sostituzione delle parti logorate.
Si tratta di mitragliatori Gauss – in pratica la versione a tiro rapido e con più munizioni del fucile automatico Gauss convenzionale – ciascuna arma è collegata ad una cassetta di munizioni con giunto flessibile e batteria ad isotopi nucleari annessa (praticamente la versione pesante dello zaino a energia); munizioni e celle sono praticamente intonse.
Armi e munizioni sono state lasciate lì dov’erano perché troppo pesanti/ingombranti per essere di una qualche utilità per i fuggitivi.

Il vero problema sono gli Zomboidi che si trovano di guardia sul tetto dell’edificio: dei quattro postati originariamente, solo due sono ancora pienamente operativi; gli altri due sono uno privo di armamenti funzionanti, l’altro (quello che guarda il lato nord dell’edificio) completamente disattivato.

L’ultimo cyberzombie attivo si trova nella garitta corazzata che guarda l’accesso al bunker stesso, pronto ad aggredire chiunque metta piede nel bunker prendendolo di fatto alle spalle.

Il piano alto del bunker consta di uno stanzone adibito a torre di controllo per il campo e per lo scarso ed incostante traffico aereo (da qui la presenza delle finestrature corazzate); all’interno vi sono ancora le console di controllo degli apparati radar e di comunicazioni (le cui antenne sono ancora visibili sul tetto dell’edificio); una mappa, appesa alla parete riporta tutta la planimetria della base e della vallata circostante – compreso il varco nel campo minato nMM – e (cosa più importante) il posizionamento tattico delle varie unità di Zomboidi all’interno della base (compresa l’area di stazionamento/ricovero allestito nella casamatta/deposito n.ro 1, dove si trova la gran parte del contingente).

Il piano seminterrato, oltre all’accesso al bunker, ospitava gli uffici amministrativi della base: oltre ad un paio di scrivanie e relativi terminali, poltrone da ufficio, un paio di schedari e un armadio (contenente qualche faldone ammuffito e residui di cancelleria), non c’è nulla di valore.
In una stanzetta adiacente separata da vetrate (antiproiettile) dalla stanza principale, c’è l’ufficio del comandante; a parte una scrivania, una poltrona e un armadietto, l’unica cosa d’interesse è una teca (chiusa a chiave e blindata) nella quale sono custodite le chiavi di accesso ai depositi e alle altre aree riservate ed i braccialetti trasmettitori IFF (nMM: ce ne sono attualmente una mezza dozzina); la chiave della teca, invece, non si trova nella stanza, né nei cassetti della scrivania.

Il primo livello sotterraneo era il posto di comando vero e proprio della base in caso di attacco: dalla console presente in questo stanzone era possibile controllare le difese (ora mancanti) installate sul lastrico solare dei bunker e il lanciamissili installato sul tetto dell’edificio.
In quanto area di massima sicurezza della base, è separata dal resto della struttura da una pesante porta corazzata, mentre la via d’accesso è coperta da una feritoia a sfera; nel giunto a sfera è inserita una mitragliatrice laser (in pratica un fucile laser Mk.I capace di fuoco automatico e alimentato da una batteria a zaino).
Quel che è peggio, ci sono due Zomboidi di guardia sul pianerottolo.

Nello stanzone, oltre alla summenzionata console tattica e ad una riproduzione di Campo Paradiso e del territorio circostante su mappa tattica (recante cioè tutte le coordinate geografiche – i cosiddetti quadratini – per richiamare il fuoco d’appoggio aereo o d’artiglieria dalle basi circostanti in caso di bisogno) sulla parete di sinistra, al centro della sala troneggia una scrivania (blindata) mentre alle spalle della stessa si trovano una branda, una rastrelliera ed un armadio a muro, più tutta una serie di switch boxes con gli interruttori per attivare/disattivare le luci, i cancelli e tutte le varie funzioni della struttura sulla parete opposta alla console.
La cosa che più colpisce l’occhio, una volta entrati, è il cadavere mummificato del colonnello Bastico, seduto ancora al suo posto di comando in uniforme da combattimento, completa di cinturone, giberne e fondina.
Il laser – ancora carico – è sul tavolo, al collo del cadavere c’è la chiave che apre la teca blindata al piano interrato, mentre nel cassetto (chiuso rigorosamente a chiave) della scrivania ci sono i codici di accesso per aprire le porte delle casematte ed uno strano congegno composto da un alloggiamento da cui fuoriescono due cavetti terminanti in altrettanti spinotti.

Nota per il Mutant Master: le porte dei depositi, quando la polveriera è stata riconvertita in deposito, sono state dotate di serrature elettroniche a combinazione.
Per poter accedere, occorre aprire fisicamente lo sportellino esterno (è a questo che servono le chiavi nella teca) dopodiché occorre digitare il codice corretto sulla tastiera all’interno.
Il congegno nel cassetto è un alimentatore d’emergenza per lo sblocco della serratura in caso di mancanza di energia (punto debole di ogni serratura elettronica di questo mondo) ovvero se la batteria tampone della stessa si esaurisce.
Nell’alveolo va inserita una cella ad energia standard e gli spinotti infilati nei fori colorati corrispondenti; quest’azione alimenta il circuito dall’esterno e permette di far scattare la serratura con la combinazione.

Quando Campo Paradiso è stato evacuato, nessuno si è premurato di sostituire le celle d’energia che costituivano le batterie tampone dei depositi; dopo decenni di abbandono e private dell’alimentazione esterna, le celle si sono esaurite.
A questo punto, a meno che i personaggi non dispongano di celle proprie (magari perché inserite in un’arma o altro congegno ad energia) possono procurarsi una cella, ancora funzionante, dalla pistola laser MK.I del colonnello ed inserirla nell’alimentatore d’emergenza.

Oltre alla summenzionata chiave della teca, attaccate alla cintura del cadavere c’è un portachiavi militare con le chiavi della casa e dell’armadietto blindato del colonnello, oltre alle chiavi della scrivania nel suo ufficio al piano superiore.

Il livello inferiore del complesso di comando è diviso in tre ambienti, uno dei quali chiuso da una porta scorrevole corazzata con serratura elettronica a combinazione.
In questa stanzetta c’è il server della base, il computer che controllava tutte le funzioni di Campo Paradiso; questo livello è a prova di EMP (impulso elettromagnetico) ed il computer è funzionante, anche se dormiente (di fatto sta mantenendo lo stato di stasi grazie al gruppo di continuità a celle nucleari installato).

La stanza più grande ospita il generatore della base; si tratta di un vecchio (diciamo pure antico) modello diesel del tipo poli-combustibile (nel senso che può essere modificato con pochi, semplici passi per bruciare indifferentemente gasolio, benzina, nafta, kerosene e alcool) una reliquia che nessuno si prese la briga di rimuovere/sostituire (è un pezzo di equipaggiamento decisamente notevole, per mole e per peso) quando la vecchia polveriera venne riattata a deposito generale.
Se riattivato, può tranquillamente fornire corrente a tutto Campo Paradiso senza problemi, in quanto è collegato alla rete principale e comunque, all’occorrenza, dalla sala di comando al piano superiore è possibile selezionare quali impianti/locali fornire di corrente e quali no.

Sotto il pavimento di questa stanza c’è la vecchia cisterna del combustibile; attualmente è vuota ma nel corridoio esterno ci sono diversi fusti contenenti biodiesel; sono tuttora sigillati e il combustibile, pur avendo perso qualche ottano, non è del tutto degradato.

Su questo livello, pur essendo presente una postazione difensiva protetta, non sono presenti Zomboidi o altre difese, in quanto il colonnello la riteneva un’area troppo sensibile per poterla affidare a manichini decerebrati pesantemente armati.

I depositi, finalmente!

Sul lato est del complesso si trova una serie di basse collinette, poco più che rialzi del terreno; in realtà si tratta di tumuli artificiali realizzati in calcestruzzo e laterizi e chiusi da pareti in muratura chiuse da pesanti porte di ferro. Questi sono i punti d’accesso ai bunker della vecchia polveriera.
Una serie di binari interrati fuoriesce da ciascun tumulo per congiungersi in una piattaforma girevole al centro della piazza d’armi antistante.

Come descritto precedentemente, ogni portone è chiuso con una serratura elettromeccanica a combinazione e la tastiera per digitare il codice d’accesso si trova in una nicchia a muro, chiusa da un portello blindato a lato di ciascun ingresso.

I depositi, disposti a semicerchio sui lati est e nord del compound, sono in tutto 5 e sono realizzati tutti alla stessa maniera: un ampio ingresso da cui un piano inclinato degrada verso la galleria al livello inferiore; la galleria percorre l’intera lunghezza del deposito e su di essa affacciano alternativamente a destra e a sinistra le porte che conducono ai vani del deposito vero e proprio.
Un binario di ferro, incassato nel pavimento, percorre la galleria, sale per il piano inclinato e conduce direttamente all’esterno.

Nota per il Mutant Master: In origine sulle rotaie venivano spinti i pesanti carrelli (di legno con ruote rigorosamente in ferro) per il trasporto delle munizioni dalla santabarbara.
Dopo la riconversione in deposito, gli antiquati carrelli sono stati sostituiti con modelli idraulici servo-assistiti con le ruote gommate, simili a quelli in uso nei magazzini dei supermercati o dei mercati generali per movimentare pallet e bancali.

Ogni camera è chiusa da una pesante porta di ferro, chiusa con un antiquato chiavistello scorrevole, fermato da un pesante lucchetto (anche questo di ferro). All’interno delle camere una serie di nicchie e scaffalature di legno o di ferro incassate nelle pareti contenevano i fusti di polvere e le cassette di munizioni.

Quando la polveriera è stata convertita in deposito per uso generale, sono stati fatti dei lavori di adeguamento, per cui solo i bunker 2 e 4 sono rimasti come da progetto originale; i numeri 1, 3 e 5 sono stati modificati con la rimozione delle porte interne di ferro, sostituite da ampie cancellate scorrevoli in acciaio, così come gli ambienti sono stati accorpati e i muri divisori sostituiti con travature d’acciaio di sostegno; questo perché nei locali originali – relativamente angusti – non sarebbe stato possibile alloggiare ferramenta ingombrante come pezzi di artiglieria ed altre armi pesanti.

Come riporta la mappa nel bunker di comando, il deposito numero 1 è la minaccia più letale per gli aspiranti saccheggiatori di tesori degli Antichi; la prima stranezza è che nella cancellata esterna è stata inserita una porta “pedonale”, la seconda, che questa porta è aperta.
Il deposito funge infatti da ricovero/caserma per il contingente di Zomboidi assegnato a Campo Paradiso.
Con l’eccezione degli elementi stazionati di guardia nelle torrette, sul tetto del bunker di comando e all’interno del bunker stesso, tutti gli altri si trovano qui, al riparo dagli elementi (e da occhi indiscreti) pronti ad intervenire al primo segnale di pericolo.
Secondo la loro programmazione, gli Zomboidi vengono mobilitati a piccoli gruppi (a meno di un attacco in forze, è impossibile attirarli tutti fuori dal loro buco); se la minaccia persiste, accorrono via via i rinforzi dove più servono.
La porta di servizio resta sempre aperta perché le creature non sono abbastanza intelligenti da poter digitare un codice d’accesso ogni volta che devono muoversi.
All’interno del deposito sono schierati tanti Zomboidi™ quanti sono i personaggi x10 e nei due ambienti di fondo si trovano alcune nicchie per la ricarica delle creature (collegate ad un generatore nucleare portatile) ed una sala attrezzata per la loro manutenzione. Tutto è in stato di abbandono e la polvere dei decenni copre ogni cosa.

Nota per il Mutant Master: gli Zomboidisono rimasti in stasi per decenni, nessuno ha provveduto alla loro manutenzione in questo lasso di tempo e le creature sono troppo stupide per provvedere a sé stesse senza ausili esterni; questo vuol dire che – allo stato attuale – 1 cyber-zombie su 10 non è più attivo mentre 2 su 10 hanno l’armamento installato scarico/difettoso – per ogni creatura attivata lanciate 1d10: se esce 1, lo Zomboide è fuori combattimento. Lanciate poi 1d10 per ogni Zomboide attivato: con un risultato di 1 o 2, risulterà danneggiato o malfunzionante.
L’entropia è una brutta cosa e affligge tutto nell’universo!

I depositi numero 2 e 4 costituiscono un altro pericolo mortale; sono stati infatti minati dai guastatori inviati dal Comando Generale quando venne decisa l’evacuazione di Campo Paradiso, solo che l’operazione di demolizione non ebbe mai luogo grazie all’intervento del colonnello, come testimonia la presenza dei cadaveri dei genieri, uccisi a colpi di laser!

All’interno delle varie camere c’è ogni ben di dio (militarmente parlando) possibile ed immaginabile: casse e casse di munizioni, granate, bombe a mano, di ogni tipo e misura: dalle cartucce per armi leggere alle granate di artiglieria.
Le stanze più pericolose sono quelle in cui sono custodite le cariche di lancio per i cannoni e i fusti di polvere da sparo, che sono estremamente volatili: un colpo vagante mal direzionato e salterebbe tutto all’inferno (e ritorno!).

Note per il Mutant Master: in ogni singola camera della polveriera sono state ammucchiate delle munizioni, per lo più grosse mine anticarro e fusti di polvere da sparo; ciascun cumulo è cablato ad un detonatore ad attivazione remota.
Il radiocomando si trova ancora nel tascapane del caposquadra dei guastatori ed è ancora perfettamente funzionante: una manovra incauta da parte di un personaggio troppo curioso e l’intero complesso delle casematte salterà come un unico, grande petardo!

Per quanto riguarda invece il bottino rinvenibile in questi bunker, calcolate un (1d100) di cassette per ogni tipologia di munizione:
  • cartucce da pistola e da fucile
  • bombe a mano (a frammentazione, fumogene, incendiarie etc.)
  • granate per lanciagranate (idem come sopra)
  • bombe da mortaio (dirompenti, fumogene, illuminanti, incendiarie)
  • obici e granate per cannone (come sopra)
  • razzi e granate anticarro (per cannoni senza rinculo e bazooka)
  • lanciarazzi anticarro monouso (tipo LAW per capirci)
e qualunque altra cosa vi possa venire in mente (entro i limiti della ragionevolezza e del buon senso).

Parte delle munizioni sono di tipo decisamente obsoleto, usate da armi che non erano più in uso da decenni già ai nostri giorni e la loro affidabilità sarà abbastanza ballerina; il resto è tutta roba in uso oggi e quindi perfettamente utilizzabile.

Infine, per quanto riguarda i depositi numero 3 e 5, all’interno sono stivati, per lo più smontati e (oggi) letteralmente incrostati di Cosmoline™, quindi perfettamente conservati, esemplari di ogni tipologia di arma pesante in uso prima della Guerra Finale: cannoni, obici, mortai, lanciarazzi e lanciagranate.

Alcune sale sono state invece devolute ad armeria e le pareti sono letteralmente rivestite di rastrelliere zeppe di pistole, fucili, mitragliatrici e quant’altro, tutti preservati in uno spesso strato di Cosmoline™.
In pratica, l’unico, vero problema è liberarli dalla crosta formata dal lubrificante ormai secco… questo e disattivare le cariche da demolizione installate dai guastatori sulle travature di sostegno!

Nota per il Mutant Master: come nel caso delle polveriere, anche qui abbiamo parecchia roba che può essere recuperata: per ogni tipologia di arma pesante sono presenti 1d12 di esemplari completi, per ogni arma d’appoggio per la fanteria (lanciagranate, lanciarazzi e mitragliatrici pesanti) ci sono 1d20 di esemplari mentre per ogni tipologia di arma leggera (fucili, pistole, mitra, mitragliatrice etc.) ce ne sono 1d100.
La maggior parte di queste armi sono letteralmente reliquie risalenti al XX secolo; le armi più recenti (quelle dei giorni nostri, per capirci) sono state prelevate dai depositi durante la Guerra Finale, quando le risorse hanno cominciato a scarseggiare.
Questo vuol dire che non sarà difficile che ci sia da qualche parte un esemplare di “vecchio” obice M198 o M114 da 155mm ma non ci saranno esemplari di M777, che è il modello attualmente in uso.
Allo stesso modo, sarà più facile che siano disponibili fucili come il Garand, l’M14 e l’M16 nelle sue varie incarnazioni, che non gli attuali M4 o HK416.
Usate un po’ di buon senso nello stabilire cosa far eventualmente cadere nelle mani dei personaggi.
Ovviamente gli esempi di cui sopra fanno riferimento ad un’ambientazione post-apocalittica tipicamente americana; adattate i materiali che è possibile rinvenire al paese sul cui territorio intendete ambientare l’avventura (ndA – la mia prima stesura originale era ambientata nel Belpaese e tutta la ferramenta custodita nei depositi era roba in uso nel E.I. negli anni ‘80 e ‘90 del XX secolo).

Nota tecnica a margine: avrete notato come più e più volte ho insistito sul fatto che le strutture originali delle casematte interrate della polveriera siano realizzate in calcestruzzo mentre porte e finimenti vari sono di ferro; per quanti fossero digiuni di munizioni, esplosivi e stoccaggio degli stessi, sappiate che ancora oggi i locali adibiti al deposito di materiali estremamente volatili come questi sono realizzati in questi materiali perché non producono scintille a differenza della pietra e dell’acciaio o del cemento armato (che ha, per l’appunto, un’armatura di acciaio); allo stesso modo, in questi ambienti, tutte le luci sono del tipo protetto, come quelle in uso nelle miniere, per evitare pericolose fonti di calore anche se, nel nostro caso, possiamo tranquillamente immaginare che le originali lampade di sicurezza siano state da lunga pezza sostituite con lampadine a LED che non emettono calore.

Quando valutate le azioni dei vostri personaggi all’interno di questi ambienti, tenete sempre presente che (specialmente nei bunker pari) ci sono letteralmente tonnellate di esplosivi e che mentre per alcune tipologie (come le cartucce per arma leggera o le pesanti granate d’artiglieria, specie se ancora all’interno delle loro cassette) è più difficile che esplodano per un colpo vagante, per quanto riguarda le altre (come cariche di lancio, fusti di polvere, mine e bombe a mano) un impatto violento con una pallottola (peggio ancora un raggio laser o altra arma ad alta energia) la detonazione spontanea è pressoché certa; dio non voglia poi che a qualche testa d’uovo venga in mente di usare fiamme libere o peggio ancora esplosivi di qualunque tipo, perché in quel caso i guastatori defunti ringrazieranno sentitamente per aver portato a termine al posto loro la missione!

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