Il
Giardino del Diavolo
Una
volta giunti sul posto, comincerà la vera avventura, perché adesso
i nostri dovranno superare il più letale ostacolo sul percorso verso
Campo Paradiso: l’immenso campo minato voluto e progettato dal
defunto colonnello Bastico.
Quella
che si presenta agli occhi dello spettatore, una volta entrati nella
piccola valle chiusa sui 3 lati da basse ma ripide colline, è una
distesa arida di terra e polvere, tagliata a metà da un nastro di
asfalto – ormai crepato in più punti dalle intemperie e
punteggiato qua e là da ciuffi d’erba sparuti – costellata da
bassi spuntoni rocciosi, qualche cespuglio e un alberello striminzito
o due.
Ci
sono anche altre cose, per l’osservatore attento, che possono dare
un indizio utile per evitare di passeggiare allegramente in mezzo
alle mine: in lontananza, ai margini della strada, vi sono i relitti
di alcuni veicoli degli Antichi; se osservati attentamente, si noterà
che non sono semplicemente abbandonati ma che sono stati incendiati e
che ci sono rottami sparsi in giro, seminascosti tra le erbacce e la
polvere, anneriti e contorti, come se fossero stati strappati via con
violenza.
C’è
anche qualcosa che biancheggia al sole (o alla luce della luna) anche
se è difficile determinare cosa sia – a meno di possedere un
binocolo o altro implemento ottico o avere una vista letteralmente da
falco.
Si
tratta delle ossa dei malcapitati
che hanno tentato l’impresa prima degli attuali visitatori
e sono saltati su una mina (o
anche due!).
Anche
chi solo conosca la simbologia degli Antichi (anche perché
determinati segni sono universali anche
nel mondo post-apocalittico) può capire all’istante che ci si
trova di fronte ad una minaccia potenzialmente letale.
Tornando
a bomba, in generale il campo è di tipo misto, composto cioè da
mine anticarro e antiuomo, disseminate apparentemente a casaccio ma
soprattutto di diversi tipi e modelli: dai piccoli ordigni
individuali a quelli rimbalzanti, da quelli esplosivi a quelli a
frammentazione.
Le
une e le altre sono mischiate in modo da impedire/neutralizzare il
passaggio di veicoli o di persone appiedate.
Molte
mine – specie quelle anticarro più potenti – dispongono anche di
congegni anti-rimozione, che provocano cioè l’esplosione della
mina se si cerca di rimuoverla e/o neutralizzarla.
Ci
sono solo due modi e solo quelli per attraversare indenni il campo
minato; il primo è possedere un trasmettitore IFF codificato come
amico dalle mine stesse, che
così si disattivano automaticamente al passaggio.
Purtroppo,
questi trasmettitori (dei braccialetti elettronici) si trovano
all’interno della
base e venivano usati dalla guarnigione quando era costretta ad
uscire per la manutenzione del campo minato e/o per sostituire gli
ordigni attivati accidentalmente da animali (e anche da qualche
vagabondo, diciamocelo).
Oggi
come oggi, a tanti anni di distanza, nemmeno questo è un metodo
sicuro, perché molte delle batterie a isotopi che alimentavano i
sensori delle mine sono ormai esauste; c’è quindi un 30% di
possibilità che la mina non
sia
disattivata semplicemente perché il sensore è spento e non più
funzionante.
Il lato positivo è che c’è un 50% di possibilità che anche la
spoletta della mina non sia più funzionante e l’ordigno di fatto
inerte.
Nel
primo caso, occorre aprirsi un varco nel campo come è uso tra i
genieri (merce abbastanza rara nel mondo post-apocalittico): sondando
palmo a palmo il terreno con metal detector o con la punta di una
sonda o di una baionetta con
cautela
e segnando il punto dov’è la mina.
Con
tanta pazienza e tanto tempo a disposizione gli aspiranti
saccheggiatori potrebbero
anche
aprirsi un varco largo un metro o due in mezzo al campo minato.
Il secondo metodo consiste nell’individuare il varco predisposto
appositamente nel campo minato; partendo dalla strada principale che
attraversa la valle, guardando sulla sinistra c’è uno spuntone
roccioso: se lo si osserva con attenzione, si può vedere che c’è
un simbolo degli Antichi inciso sopra e ancora visibile nonostante
l’inclemenza del tempo e degli elementi.
Se
si cammina in
linea retta
dal cartello stradale che indica la direzione verso Campo Paradiso
fino alla roccia, si passa su un sentiero – ampio circa 5 metri –
privo di mine.
Una
volta raggiunta la roccia, se ci si guarda attorno con attenzione, si
possono individuare altre rocce simili, che spuntano dal terreno,
alcune mezze coperte da cespugli ed erbacce; su alcune
di
queste ci sono altri
simboli
degli Antichi.
Se
si procede da una roccia all’altra, sempre
in linea retta, nella
sequenza corretta,
si arriva direttamente ad un cancello laterale nella recinzione della
base.
La mappa con le annotazioni per il Mutant Master è scaricabile da qui
Note
per il Mutant Master: i
“simboli” sono delle normalissime lettere dell’alfabeto
occidentale; ce ne sono 4 in
tutto e la prima della serie è una S,
le altre sono A, F, E ed
è in questa esatta sequenza che vanno raggiunte. Se si cerca di
attraversare il campo minato passando semplicemente da una lettera a
caso all’altra, è pressoché automatico che si finisca per
calpestare una mina e buonanotte ai suonatori!
Il campo minato: regole di simulazione.
Osservando
la mappa
geografica esagonata,
determinate il percorso che i personaggi intendono attraversare; per
ogni esagono di
campo minato attraversato
(sono
quelli colorati in rosso sulla mappa del Mutant Master) ogni
personaggio deve lanciare 1d10
e realizzare un risultato superiore
al
numero di esagoni attraversati (es: primo
esagono:
2+, secondo esagono:
3+, quarto esagono:
5+ e via
discorrendo)
se fallisce ha
beccato una mina!
A
questo punto il malcapitato deve effettuare un tiro pari/dispari:
pari
è incappato in una mina anticarro (che non esplode se calpestata da
un individuo), dispari,
ha preso una mina antiuomo.
In
questo caso occorre determinare (un altro semplice lancio pari
o dispari)
se ha calpestato una mina scoppiante (pari) o una rimbalzante/a
frammentazione (dispari).
Se
i personaggi affrontano il campo minato a bordo di un veicolo, le
possibilità che incocci in una mina per ogni esagono attraversato
dipendono dal conducente del mezzo: è lui che deve effettuare il
tiro-salvezza con
le modalità di cui sopra ma
il dado da lanciare è 1d6
non
1d10 (è molto più facile che un veicolo urti una mina); a questo
punto occorre determinare la tipologia di mina colpita, con la sola
differenza che tutte
le
mine (di qualunque tipo) esplodono se attivate da un veicolo.
Le
specifiche delle
varie tipologie di mine
sono le seguenti:
mina
anticarro:
15d6 di danno nel raggio di 15 metri;
mina
antiuomo esplosiva:
4d6 di danno nel raggio di 3 metri;
mina
antiuomo a rimbalzo:
5d6 di danno nel raggio di 15 metri;
Nota:
con l’eccezione del
personaggio che ha attivato fisicamente la mina, tutti gli altri
entro il raggio di scoppio hanno diritto ad un Tiro-Salvezza contro
energia
per dimezzare
il danno inflitto.
Personaggi che indossano armature pesanti/integrali subiscono solo
½ danno dall’esplosione di una mina dovuti all’onda d’urto e
di calore, ulteriormente riducibili con il TS di cui sopra.
Per quanto riguarda gli eventuali veicoli, le mine anticarro
colpiscono ed infliggono danno automaticamente, mentre quelle
antiuomo devono effettuare un Tiro per Colpire contro la Classe di
Armatura del mezzo; ovviamente i passeggeri che si trovino allo
scoperto per qualunque ragione, subiscono l’attacco senza
che sia necessario un TxC!
Finalmente Campo Paradiso!
Se
e
quando
i nostri raggiungono la recinzione vivi, saranno sì e no a metà
dell’opera; non è difficile, in realtà, entrare nel campo ma
arrivare indenni ai depositi o al bunker di comando lo è eccome,
cortesia degli Zomboidi™
che
ancora infestano i terreni della base e che hanno l’ordine di
neutralizzare (meglio ancora: annichilire) con ogni mezzo gli
intrusi, cioè tutto il personale – civile e
militare – che non disponga dei braccialetti
di riconoscimento (gli
stessi usati per disattivare le mine lungo la strada d’accesso
principale) con la giusta codifica IFF.
La
presenza delle creature è rilevabile già dall’esterno della
recinzione, con un’attenta osservazione; nelle varie torrette che
intervallano il recinto ci sono degli Zomboidi™
di guardia.
Non si muovono e non danno alcun segno di aver visto o riconosciuto
qualcosa o qualcuno finché questo qualcosa o qualcuno non si trova
entro una 15ina di metri dalla recinzione e/o non punti direttamente
verso la stessa.
Se
accade questo, lo Zomboide reagisce e attacca senza preavviso
(ricordate? Non sono sufficientemente
intelligenti
da iniziare anche una procedura semplice come il “chi
va là?”);
se l’intruso non ha la decenza di schiattare sul posto e magari
risponde pure al fuoco, l’unità di guardia lancia l’allarme e
una squadra di suoi pari converge immediatamente sul posto.
Nota
per il Mutant Master: d’ora
innanzi, quando si parla di “squadre” o “unità” di Zomboidi™
a meno che non sia espressamente previsto altrimenti, si intende un
gruppo consistente in tanti elementi quanti sono i personaggi del
party meno 1.
Se
abbiamo quindi un party di 6 personaggi, l’unità che interviene
sarà composta da (6-1) 5 elementi;
se sono 3 i guardiani saranno 2 e via discorrendo; questo per dare
una qualche possibilità di sopravvivenza contro avversari stupidi ma
decisamente coriacei!
Le
pattuglie di rinforzo affluiranno verso la zona del “disturbo”
entro 2 minuti (12
round) dall’allarme per tutte le aree della base che non siano a
ridosso del settore nordorientale di Campo Paradiso (dove si trova
l’area depositi) e successive squadre d’appoggio vengono
allertate – con le stesse tempistiche e modalità – se la
pattuglia originale subisce almeno un 50% di perdite.
Tutta
l’area centrale della
base è invece raggiungibile dalle creature nel giro di 1
minuto (sei round)
dall’allarme.
Campo Paradiso
il
compound
della base è piuttosto standard nella sua composizione: alcuni bassi
edifici, realizzati in laterizi e legno, di tipo civile, oggi
piuttosto malmessi (quando non pericolanti), un paio di grandi
strutture prefabbricate, ricoveri militari di un qualche tipo, un
massiccio edificio in cemento armato al centro del complesso e altre
quattro strutture in cemento armato interrate attorno all’edificio
centrale.
Sul lato est e nordest del campo, una serie di basse collinette,
apparentemente poco più che tumuli o rialzi nel terreno, chiuse da
facciate in calcestruzzo al cui centro spiccano delle porte di
metallo.
Sul
lato ovest del campo, una spianata di cemento a ridosso dei
prefabbricati riporta al centro un grande simbolo degli Antichi
(nota:
la classica H
iscritta in un cerchio bianco, simbolo comune per le piste di
atterraggio per velivoli ad atterraggio verticale)
consunto dal tempo.
Un grande velivolo degli Antichi è posato su questa spianata,
apparentemente intatto ma immobile.
A parte l’ingresso principale, costituito da una cancellata con
annesso un basso edificio in cemento sul lato destro e due torrette
ai lati del cancello stesso, ci sono altri 3 accessi nella
recinzione, di cui due pedonali sui lati nord e ovest e uno
carrabile, sul lato est.
Quest’ultimo
è guardato da una torre di guardia più grande e massiccia del
solito, presidiata da una squadra di Zomboidi™,
in quanto si tratta dell’accesso diretto all’area dei depositi di
munizioni (le basse collinette artificiali di cui sopra).
Nota:
il piccolo edificio in
cemento, dotato di grandi finestre (blindate), è il corpo di guardia
per la porta carraia principale; al suo interno vi sono un interfono
(collegato direttamente con il bunker di comando), un terminale
(ormai ridotto ad un relitto), un tavolo con tanto di console per il
controllo della sbarra d’accesso e della cancellata (non
funzionante per
mancanza di corrente); era qui che i soldati umani della base
trascorrevano interminabili turni di guardia.
La
stessa descrizione vale anche per la torretta che guarda sul cancello
secondario a Est, solo che al piano terra ci sono gli Zomboidi™
di guardia!
Degli
edifici che compongono la base, quelli dall’aspetto di caseggiati
civili sono (o meglio,
erano)
gli alloggi dei militari, ora abbandonati e svuotati di qualunque
cosa ritenuta utile; all’interno, oltre a brande,
armadietti, tavolini, sedie e suppellettili consunte dal tempo, è
ancora possibile rinvenire un po’ di cianfrusaglie, per lo più
oggetti personali abbandonati dai precedenti proprietari, qualche
libro e rivista (per lo più per
adulti
e/o fumetti, specialmente negli alloggi della truppa) e poco altro.
Al
piano terra di uno dei due edifici maggiori c’è quel che resta di
un’infermeria, con annessa astanteria, un tempo discretamente
fornita ed oggi l’ombra di sé stessa: tutto l’equipaggiamento
hi-tech asportabile è stato rimosso dal personale quando ha
abbandonato la base, alla fine della guerra; nonostante tutto, negli
armadietti è ancora possibile rinvenire varie attrezzature (come
siringhe, stetoscopi, sfigmomanometri – manuali e
digitali – lacci emostatici etc.) e alcuni flaconi di pillole e
tubetti di pomate (aspirina, paracetamolo, antinfiammatori,
antidolorifici etc.) che potrebbero
essere
ancora buoni (dopotutto si tratta dei famigerati farmaci militari).
Nascoste
nel cassetto della piccola scrivania del medico (chiuso a chiave) ci
sono alcune confezioni di pillole e un paio di fiale conservate nella
scatola di un kit di pronto soccorso individuale; si tratta di
amfetamine
militari e
di auto-iniettori di morfina,
sottratte dai vari pacchetti di pronto soccorso e dai kit di
combattimento dal medico della base (vatti a fidare dei medici!).
L’edificio più piccolo (l’alloggio del colonnello) è invece
ancora completamente arredato, con sobrio rigore militare, come se il
proprietario si fosse allontanato da poco; solo lo spesso strato di
polvere che permea ogni cosa testimonia il passare dei decenni.
In
questo particolare edificio è possibile rinvenire alcuni cimeli
utili per un avventuriero della Desolazione, come una spada
cerimoniale (a corredo dell’alta uniforme ancora addosso all’ometto
nella stanza da letto) ed una teca blindata nello studio, all’interno
della quale sono conservati una doppietta da caccia, un fucile
dall’aspetto antico (si tratta di un Garand
originale della Seconda Guerra Mondiale, appartenuto al bisnonno di
Bastico) e una pistola semiautomatica dall’aspetto anch’esso
vetusto (una Colt
M1911A1
istoriata
e col calcio in madreperla, dono ricevuto in occasione del diploma
all’accademia militare), con tanto di caricatori (due per la Colt:
uno nell’arma, l’altro di riserva, 5 pacchetti
per
il Garand) e relative munizioni (una scatola di cartucce a palla
calibro .45 ACP consumata per metà e una di cartucce FMJ calibro
.30-06 intonsa, una scatola piena per ¾ di cartucce calibro 12 a
pallettoni 00) conservati nel cassetto blindato sotto la teca
stessa.
Di sicuro interesse per uno studioso invece è la libreria (non molto
grande in verità: uno scaffale unico, molto sobrio realizzato in
massello di quercia) dove si trovano in stato di conservazione
decente, i libri appartenuti al padrone di casa, per lo più volumi
di storia militare, tecnologia bellica e trattati di tattica e
strategia, apparentemente le uniche letture del colonnello.
Nota:
alcuni di questi volumi,
se correttamente letti ed interpretati, possono aiutare a
classificare e riconoscere parecchi degli artefatti custoditi nei
depositi della base e stabilirne così modalità d’uso, capacità e
(nel caso delle armi) il grado di pericolosità.
Le
strutture prefabbricate ospitano una palestra,
ancora completa di campo da basket/pallavolo con tanto di tabelloni,
tavolo da ping-pong, biliardino, pesi, bilancieri e un paio di
macchine, tutta roba spartana, vecchio stile; non c’è alcuna delle
fighetterie elettroniche tipiche del Terzo Millennio (e ragione per
cui l’assegnazione a Campo Paradiso era considerata punitiva per
chiunque eccetto il più stoico o motivato dei soldati).
L’altro
lato della struttura ospitava invece la mensa
e le cucine del campo; anche qui la situazione è la solita: quello
che poteva essere portato via perché utile è stato prelevato;
restano però tutte le attrezzature della cucina, compresi stoviglie
ed elettrodomestici come impastatrici, frullatori, microonde e –
ovviamente – le grandi cucine da campo.
La dispensa è stata accuratamente saccheggiata, specialmente da
tutti i cibi conservati, mentre le celle frigorifere sono ancora
chiuse e stoccate – anche se per metà – di carne, pesce, verdure
e quant’altro, solo che tutto quello che c’è all’interno è
marcito decenni fa, quando è venuta a mancare la corrente.
Frugando con attenzione è però possibile rinvenire qualche
confezione di razioni K (tutta roba scatolata e disidratata,
praticamente eterna!) infilate negli scomparti bassi della cucina.
L’altra
struttura, decisamente più grande, è una rimessa/officina
di un qualche tipo; come nel caso degli edifici abitativi, anche qui
sono sparite tutte le attrezzature hi-tech che non fossero
imbullonate al suolo ma ci sono comunque un discreto numero di
attrezzi comuni (cacciavite, chiavi, martelli, pinze e tenaglie)
appesi alle rastrelliere sulle pareti, morse, una fresa ed un ponte
idraulico, la fossa per la manutenzione dei mezzi e alcuni fusti e
latte di lubrificanti, vernici e solventi; non vi sono però ricambi
o combustibili di alcun tipo, dal momento che tutti i veicoli della
base erano elettrici a batterie nucleari.
Il
velivolo
che giace su un lato della pista di atterraggio, appena fuori dalla
rimessa, è coperto di polvere dentro e fuori (il portellone
posteriore di carico è aperto) e in alcuni punti s’è formata
ruggine ma per il resto sembra intatto.
All’interno, nella cabina di pilotaggio, ci sono due scheletri,
riversi sulla plancia ma ancora saldamente legati ai seggiolini, che
indossano ancora le uniformi di volo.
Per il resto il velivolo è desolatamente vuoto.
Nota
per il Mutant Master: l’aeromobile,
un convertiplano tipo Osprey, era stato inviato per evacuare quanto
rimaneva del personale e “sterilizzare” la base; l’equipaggio è
stato ucciso dal colonnello (com’è evidente analizzando i resti,
che riportano bruciature da laser).
È stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha
fatto sì che quanto restava della guarnigione umana abbandonasse
Campo Paradiso con i veicoli che rimanevano nella base, affrontando
le minacce della Desolazione piuttosto che restare a marcire nel
personale Deserto dei Tartari del loro estraniato comandante.
Il
velivolo è (paradossalmente) ancora funzionante
e le celle a combustibile nucleare sono ancora cariche per metà (il
che vuol dire svariate migliaia di chilometri di autonomia),
nonostante il tempo trascorso e l’abuso subito dagli elementi.
Basterebbe un minimo di pulizia e manutenzione ordinaria (e
ovviamente un pilota) per rimetterlo in condizioni di volo.
Passando
ora alle strutture interrate in cemento armato, si tratta – come
facilmente intuibile – dei bunker
posti a difesa della base e del posto di comando (l’edificio
in cemento armato
centrale); originariamente sul tetto degli edifici trovavano posto
dei cannoni contraerei laser a comando remoto di cui oggi restano
solo le piattaforme d’acciaio incassate nel cemento, mentre la
difesa a terra era assicurata da feritoie protette con campi di tiro
sovrapposti.
Nello stato attuale, i bunker sono desolatamente vuoti: tutto quello
che poteva essere asportato è stato portato via.
Ai piani inferiori (dove si trovano gli alloggi d’emergenza per la
truppa) oltre a qualche branda, un tavolino, un armadietto a muro con
i kit di primo soccorso (vuoti) e le rastrelliere per le armi
individuali dei soldati, non c’è nulla di valore o di
interessante.
Non così vuoto è invece il bunker di comando: la struttura, un cubo
di cemento armato rinforzato, si eleva di un piano intero rispetto ai
bunker circostanti.
Il piano più elevato è dotato di finestrature corazzate e feritoie
protette; il piano terra (in realtà un piano rialzato, visto che per
accedere al bunker occorre scendere una rampa di scale posta ad
angolo retto) è fornito anch’esso di feritoie a livello del
terreno, mentre il resto dell’edificio è evidentemente sottoterra.
L’accesso è guardato da una feritoia corazzata dotata di giunto a
sfera.
Nota
per il Mutant Master: le
feritoie del piano alto e quella a copertura dell’ingresso sono
tutte del tipo “a sfera”, dotate di armi che sono tuttora
presenti e
visibili dall’esterno, anche se, ad un’occhiata più
approfondita, le canne sporgenti sembrano corrose e arrugginite.
Una volta all’interno, le armi risulteranno inutilizzabili, se
non dopo un’accurata manutenzione con sostituzione delle parti
logorate.
Si
tratta di mitragliatori Gauss –
in pratica la versione a tiro rapido e con più munizioni del fucile
automatico Gauss convenzionale – ciascuna arma è collegata ad una
cassetta di munizioni con giunto flessibile e batteria ad isotopi
nucleari annessa (praticamente la versione pesante dello zaino a
energia); munizioni e celle sono praticamente intonse.
Armi e munizioni sono state lasciate lì dov’erano perché
troppo pesanti/ingombranti per essere di una qualche utilità per i
fuggitivi.
Il
vero problema sono gli Zomboidi™
che si trovano di
guardia sul tetto dell’edificio: dei quattro postati
originariamente, solo due sono ancora pienamente operativi; gli altri
due sono uno privo di armamenti funzionanti, l’altro (quello che
guarda il lato nord dell’edificio) completamente disattivato.
L’ultimo cyberzombie attivo si trova nella garitta corazzata che
guarda l’accesso al bunker stesso, pronto ad aggredire chiunque
metta piede nel bunker prendendolo di fatto alle spalle.
Il
piano alto
del bunker consta di uno stanzone adibito a torre di controllo per il
campo e per lo scarso ed incostante traffico aereo (da qui la
presenza delle finestrature corazzate); all’interno vi sono ancora
le console di controllo degli apparati radar e di comunicazioni (le
cui antenne sono ancora visibili sul tetto dell’edificio); una
mappa, appesa alla parete riporta tutta la planimetria della base e
della vallata circostante – compreso
il varco nel campo minato nMM –
e (cosa più importante) il posizionamento tattico delle varie unità
di Zomboidi all’interno della base (compresa l’area di
stazionamento/ricovero allestito nella casamatta/deposito n.ro 1,
dove si trova la gran parte del contingente).
Il piano seminterrato, oltre all’accesso al bunker, ospitava gli
uffici amministrativi della base: oltre ad un paio di scrivanie e
relativi terminali, poltrone da ufficio, un paio di schedari e un
armadio (contenente qualche faldone ammuffito e residui di
cancelleria), non c’è nulla di valore.
In
una stanzetta adiacente separata da vetrate (antiproiettile) dalla
stanza principale, c’è l’ufficio del comandante; a parte una
scrivania, una poltrona e un armadietto, l’unica cosa d’interesse
è una teca (chiusa a chiave e blindata) nella quale sono custodite
le chiavi di accesso ai depositi e alle altre aree riservate ed i
braccialetti trasmettitori IFF (nMM: ce
ne sono attualmente una mezza dozzina);
la chiave della teca, invece, non si trova nella stanza, né nei
cassetti della scrivania.
Il primo livello sotterraneo era il posto di comando vero e proprio
della base in caso di attacco: dalla console presente in questo
stanzone era possibile controllare le difese (ora mancanti)
installate sul lastrico solare dei bunker e il lanciamissili
installato sul tetto dell’edificio.
In
quanto area di massima sicurezza della base, è separata dal resto
della struttura da una pesante porta corazzata, mentre la via
d’accesso è coperta da una feritoia a sfera; nel giunto a sfera è
inserita una mitragliatrice laser (in pratica un fucile
laser Mk.I capace di fuoco automatico
e alimentato da una batteria a zaino).
Quel
che è peggio, ci sono due Zomboidi™
di guardia sul pianerottolo.
Nello
stanzone, oltre alla summenzionata console tattica e ad una
riproduzione di Campo Paradiso e del territorio circostante su mappa
tattica (recante cioè tutte le coordinate geografiche – i
cosiddetti quadratini
–
per richiamare il fuoco d’appoggio aereo o d’artiglieria dalle
basi circostanti in caso di bisogno) sulla parete di sinistra, al
centro della sala troneggia una scrivania (blindata) mentre alle
spalle della stessa si trovano una branda, una rastrelliera ed un
armadio a muro, più tutta una serie di switch
boxes con
gli interruttori per attivare/disattivare le luci, i cancelli e tutte
le varie funzioni della struttura sulla parete opposta alla console.
La
cosa che più colpisce l’occhio, una volta entrati, è il cadavere
mummificato
del colonnello Bastico, seduto ancora al suo posto di comando in
uniforme da combattimento, completa di cinturone, giberne e fondina.
Il
laser – ancora carico – è sul tavolo, al collo del cadavere c’è
la chiave
che apre la teca blindata al piano interrato, mentre nel cassetto
(chiuso rigorosamente a chiave) della scrivania ci sono i codici
di accesso
per aprire le porte delle casematte ed uno strano congegno composto
da un alloggiamento da cui fuoriescono due cavetti terminanti in
altrettanti spinotti.
Nota
per il Mutant Master: le
porte dei depositi, quando la polveriera è stata riconvertita in
deposito, sono state dotate di serrature
elettroniche a
combinazione.
Per poter accedere, occorre aprire fisicamente lo sportellino
esterno (è a questo che servono le chiavi nella teca) dopodiché
occorre digitare il codice corretto sulla tastiera all’interno.
Il
congegno nel cassetto è un alimentatore d’emergenza
per lo sblocco della serratura in caso di mancanza di energia (punto
debole di ogni serratura elettronica di questo mondo) ovvero se la
batteria tampone della stessa si esaurisce.
Nell’alveolo va inserita una cella ad energia standard e gli
spinotti infilati nei fori colorati corrispondenti; quest’azione
alimenta il circuito dall’esterno e permette di far scattare la
serratura con la combinazione.
Quando Campo Paradiso è stato evacuato, nessuno si è premurato
di sostituire le celle d’energia che costituivano le batterie
tampone dei depositi; dopo decenni di abbandono e private
dell’alimentazione esterna, le celle si sono esaurite.
A questo punto, a meno che i personaggi non dispongano di celle
proprie (magari perché inserite in un’arma o altro congegno ad
energia) possono procurarsi una cella, ancora funzionante, dalla
pistola laser MK.I del colonnello ed inserirla nell’alimentatore
d’emergenza.
Oltre alla summenzionata chiave della teca, attaccate alla cintura
del cadavere c’è un portachiavi militare con le chiavi della casa
e dell’armadietto blindato del colonnello, oltre alle chiavi della
scrivania nel suo ufficio al piano superiore.
Il livello inferiore del complesso di comando è diviso in tre
ambienti, uno dei quali chiuso da una porta scorrevole corazzata con
serratura elettronica a combinazione.
In questa stanzetta c’è il server della base, il computer che
controllava tutte le funzioni di Campo Paradiso; questo livello è a
prova di EMP (impulso elettromagnetico) ed il computer è
funzionante, anche se dormiente (di fatto sta mantenendo lo stato di
stasi grazie al gruppo di continuità a celle nucleari installato).
La
stanza più grande ospita il generatore della base; si tratta di un
vecchio (diciamo pure antico)
modello diesel del tipo poli-combustibile (nel senso che può essere
modificato con pochi, semplici passi per bruciare indifferentemente
gasolio, benzina, nafta, kerosene e alcool) una reliquia che nessuno
si prese la briga di rimuovere/sostituire (è un pezzo di
equipaggiamento decisamente notevole, per mole e per peso) quando la
vecchia polveriera venne riattata a deposito generale.
Se riattivato, può tranquillamente fornire corrente a tutto Campo
Paradiso senza problemi, in quanto è collegato alla rete principale
e comunque, all’occorrenza, dalla sala di comando al piano
superiore è possibile selezionare quali impianti/locali fornire di
corrente e quali no.
Sotto
il pavimento di questa stanza c’è la vecchia cisterna del
combustibile; attualmente è vuota ma nel corridoio esterno ci sono
diversi fusti contenenti biodiesel;
sono tuttora sigillati e il combustibile, pur avendo perso qualche
ottano, non è del tutto degradato.
Su
questo livello, pur essendo presente una postazione difensiva
protetta, non sono
presenti Zomboidi™
o altre difese, in quanto il colonnello la riteneva un’area troppo
sensibile per poterla affidare a manichini decerebrati pesantemente
armati.
I depositi, finalmente!
Sul
lato est del complesso si trova una serie di basse collinette, poco
più che rialzi del terreno; in realtà si tratta di tumuli
artificiali realizzati
in calcestruzzo e laterizi e chiusi da pareti in muratura chiuse da
pesanti porte di ferro. Questi sono i punti d’accesso ai bunker
della vecchia polveriera.
Una
serie di binari
interrati
fuoriesce da ciascun tumulo per congiungersi in una piattaforma
girevole al centro della piazza d’armi antistante.
Come
descritto precedentemente, ogni portone è chiuso con una serratura
elettromeccanica a combinazione
e la tastiera per digitare il codice d’accesso si trova in una
nicchia a muro, chiusa da un portello blindato a lato di ciascun
ingresso.
I
depositi, disposti a semicerchio sui lati est e nord del compound,
sono in tutto 5
e
sono realizzati tutti alla stessa maniera: un ampio ingresso da cui
un piano inclinato degrada verso la galleria al livello inferiore;
la galleria percorre l’intera lunghezza del deposito e su di essa
affacciano alternativamente a destra e a sinistra le porte che
conducono ai vani del deposito vero e proprio.
Un binario di ferro, incassato
nel pavimento, percorre la galleria, sale per il piano inclinato e
conduce direttamente all’esterno.
Nota
per il Mutant Master: In
origine sulle rotaie venivano spinti i pesanti carrelli (di legno con
ruote rigorosamente in ferro) per il trasporto delle munizioni dalla
santabarbara.
Dopo la riconversione in
deposito, gli antiquati carrelli sono stati sostituiti con modelli
idraulici servo-assistiti con le ruote gommate, simili a quelli in
uso nei magazzini dei supermercati o dei mercati generali per
movimentare pallet e bancali.
Ogni
camera è chiusa da una pesante porta di ferro,
chiusa con un antiquato chiavistello scorrevole, fermato da un
pesante lucchetto (anche questo di ferro). All’interno delle camere
una serie di nicchie e scaffalature di legno o di ferro incassate
nelle pareti contenevano i fusti di polvere e le cassette di
munizioni.
Quando
la polveriera è stata convertita in deposito per uso generale, sono
stati fatti dei lavori di adeguamento, per cui solo i bunker 2
e
4
sono rimasti come da progetto originale; i numeri 1,
3
e 5
sono stati modificati con la rimozione delle porte interne di ferro,
sostituite da ampie cancellate scorrevoli in acciaio, così come gli
ambienti sono stati accorpati e i muri divisori sostituiti con
travature d’acciaio di sostegno; questo perché nei locali
originali – relativamente angusti – non sarebbe stato possibile
alloggiare ferramenta ingombrante come pezzi di artiglieria ed altre
armi pesanti.
Come
riporta la mappa nel bunker di comando, il deposito numero 1 è la
minaccia più letale per gli aspiranti saccheggiatori di tesori degli
Antichi; la prima stranezza è che nella cancellata esterna è stata
inserita una porta “pedonale”, la seconda, che questa porta è
aperta.
Il
deposito funge infatti da ricovero/caserma per il contingente di
Zomboidi™
assegnato a Campo Paradiso.
Con l’eccezione degli
elementi stazionati di guardia nelle torrette, sul tetto del bunker
di comando e all’interno del bunker stesso, tutti gli altri si
trovano qui, al riparo dagli elementi (e da occhi indiscreti) pronti
ad intervenire al primo segnale di pericolo.
Secondo
la loro programmazione, gli Zomboidi™
vengono mobilitati a piccoli gruppi (a meno di un attacco in forze, è
impossibile attirarli tutti fuori dal loro buco); se la minaccia
persiste, accorrono via via i rinforzi dove più servono.
La
porta
di servizio
resta sempre aperta perché le creature non sono abbastanza
intelligenti da poter digitare un codice d’accesso ogni volta che
devono muoversi.
All’interno
del deposito sono schierati tanti Zomboidi™
quanti sono i personaggi x10
e
nei due ambienti di fondo si trovano alcune nicchie per la ricarica
delle creature (collegate ad un generatore
nucleare portatile)
ed una sala attrezzata per la loro manutenzione. Tutto è in stato di
abbandono e la polvere dei decenni copre ogni cosa.
Nota
per il Mutant Master: gli
Zomboidi™
sono
rimasti in stasi per decenni, nessuno ha provveduto alla loro
manutenzione in questo lasso di tempo e le creature sono troppo
stupide per provvedere a sé stesse senza ausili esterni; questo vuol
dire che – allo stato attuale – 1 cyber-zombie su 10 non
è
più
attivo
mentre 2 su 10 hanno l’armamento installato scarico/difettoso –
per ogni creatura attivata lanciate 1d10: se esce 1, lo Zomboide è
fuori combattimento. Lanciate poi 1d10 per ogni Zomboide attivato:
con un risultato di 1 o 2, risulterà danneggiato o malfunzionante.
L’entropia è una brutta
cosa e affligge tutto nell’universo!
I
depositi numero 2
e
4
costituiscono
un altro pericolo mortale; sono stati infatti minati
dai guastatori inviati dal Comando Generale quando venne decisa
l’evacuazione di Campo Paradiso, solo che l’operazione di
demolizione non ebbe mai luogo grazie all’intervento del
colonnello, come testimonia la presenza dei cadaveri dei genieri,
uccisi a colpi di laser!
All’interno delle varie
camere c’è ogni ben di dio (militarmente parlando) possibile ed
immaginabile: casse e casse di munizioni, granate, bombe a mano, di
ogni tipo e misura: dalle cartucce per armi leggere alle granate di
artiglieria.
Le
stanze più pericolose sono quelle in cui sono custodite le cariche
di lancio
per i cannoni e i fusti di polvere
da sparo,
che sono estremamente volatili: un colpo vagante mal direzionato e
salterebbe tutto all’inferno (e ritorno!).
Note
per il Mutant Master: in
ogni singola camera della polveriera sono state ammucchiate delle
munizioni, per lo più grosse mine anticarro e fusti di polvere da
sparo; ciascun cumulo è cablato ad un detonatore
ad attivazione remota.
Il radiocomando si trova
ancora nel tascapane del caposquadra dei guastatori ed è ancora
perfettamente funzionante: una manovra incauta da parte di un
personaggio troppo curioso e l’intero complesso delle casematte
salterà come un unico, grande petardo!
Per
quanto riguarda invece il bottino
rinvenibile in questi bunker, calcolate un (1d100) di cassette per
ogni tipologia di munizione:
-
cartucce da pistola e da fucile
-
bombe a mano (a frammentazione, fumogene, incendiarie etc.)
-
granate per lanciagranate (idem come sopra)
-
bombe da mortaio (dirompenti, fumogene, illuminanti, incendiarie)
-
obici e granate per cannone (come sopra)
-
razzi e granate anticarro (per cannoni senza rinculo e bazooka)
-
lanciarazzi anticarro monouso (tipo LAW per capirci)
e qualunque altra cosa vi
possa venire in mente (entro i limiti della ragionevolezza e del buon
senso).
Parte
delle munizioni sono di tipo decisamente obsoleto, usate da armi che
non erano più in uso da decenni già ai nostri giorni e la loro
affidabilità sarà abbastanza ballerina;
il resto è tutta roba in uso oggi
e quindi perfettamente utilizzabile.
Infine,
per quanto riguarda i depositi numero 3
e
5,
all’interno sono stivati, per lo più smontati
e (oggi) letteralmente incrostati
di
Cosmoline™,
quindi
perfettamente conservati, esemplari
di ogni
tipologia di arma pesante in uso prima della Guerra Finale: cannoni,
obici, mortai, lanciarazzi e lanciagranate.
Alcune
sale sono state invece devolute ad armeria e le pareti sono
letteralmente rivestite di rastrelliere zeppe di pistole, fucili,
mitragliatrici e quant’altro, tutti preservati in uno spesso strato
di Cosmoline™.
In pratica, l’unico, vero
problema è liberarli dalla crosta formata dal lubrificante ormai
secco… questo e disattivare le cariche da demolizione installate
dai guastatori sulle travature di sostegno!
Nota
per il Mutant Master:
come nel caso delle polveriere, anche qui abbiamo parecchia roba che
può essere recuperata: per ogni tipologia di arma pesante sono
presenti 1d12 di esemplari completi, per ogni arma d’appoggio per
la fanteria (lanciagranate, lanciarazzi e mitragliatrici pesanti) ci
sono 1d20 di esemplari mentre per ogni tipologia di arma leggera
(fucili, pistole, mitra, mitragliatrice etc.) ce ne sono 1d100.
La
maggior parte di queste armi sono letteralmente reliquie
risalenti al XX secolo; le armi più recenti (quelle dei giorni
nostri, per capirci) sono state prelevate dai depositi durante la
Guerra Finale, quando le risorse hanno cominciato a scarseggiare.
Questo
vuol dire che non sarà difficile che ci sia da qualche parte un
esemplare di “vecchio” obice M198 o M114 da 155mm ma non ci
saranno esemplari di M777, che è il modello attualmente
in
uso.
Allo stesso modo, sarà più
facile che siano disponibili fucili come il Garand, l’M14 e l’M16
nelle sue varie incarnazioni, che non gli attuali M4 o HK416.
Usate un po’ di buon
senso nello stabilire cosa far eventualmente cadere nelle mani dei
personaggi.
Ovviamente
gli esempi di cui sopra fanno riferimento ad un’ambientazione
post-apocalittica tipicamente americana; adattate i materiali che è
possibile rinvenire al paese sul cui territorio intendete ambientare
l’avventura (ndA
– la
mia prima stesura originale era ambientata nel Belpaese e tutta la
ferramenta custodita nei depositi era roba in uso nel E.I. negli anni
‘80 e ‘90 del XX secolo).
Nota
tecnica a margine: avrete
notato come più e più volte ho insistito sul fatto che le strutture
originali
delle
casematte interrate della polveriera siano realizzate in calcestruzzo
mentre porte e finimenti vari sono di ferro; per quanti fossero
digiuni di munizioni, esplosivi e stoccaggio degli stessi, sappiate
che ancora oggi i locali adibiti al deposito di materiali
estremamente volatili come questi sono realizzati in questi materiali
perché non
producono
scintille
a differenza della pietra e dell’acciaio o del cemento armato (che
ha, per l’appunto, un’armatura di acciaio); allo stesso modo, in
questi ambienti, tutte le luci sono del tipo protetto,
come quelle in uso nelle miniere, per evitare pericolose fonti di
calore anche se, nel nostro caso, possiamo tranquillamente immaginare
che le originali lampade di sicurezza siano state da lunga pezza
sostituite con lampadine a LED che non emettono calore.
Quando
valutate le azioni dei vostri personaggi all’interno di questi
ambienti, tenete sempre presente che (specialmente nei bunker pari)
ci sono letteralmente tonnellate
di esplosivi e che mentre per alcune tipologie (come le cartucce per
arma leggera o le pesanti granate d’artiglieria, specie se ancora
all’interno delle loro cassette) è più difficile che esplodano
per un colpo vagante, per quanto riguarda le altre (come cariche di
lancio, fusti di polvere, mine e bombe a mano) un impatto violento
con una pallottola (peggio ancora un raggio
laser o
altra arma ad alta
energia)
la detonazione spontanea è pressoché certa; dio non voglia poi che
a qualche testa d’uovo venga in mente di usare fiamme
libere o
peggio ancora esplosivi
di
qualunque tipo, perché in quel caso i guastatori defunti
ringrazieranno sentitamente per aver portato a termine al posto loro
la missione!
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