Dove eravamo rimasti?
I nostri, in viaggio lungo le coste del New England, rimangono
coinvolti in una brutta storia quando si imbattono nel relitto –
dato alle fiamme – di un pulmino. C’è anche una vittima che,
contrariamente ad ogni logica ed apparenza, è ancora viva.
Il gruppo finisce così nella ridente (si fa per dire) località
di Potter’s Bluff, trattenuti in quanto testimoni di un crimine
violento. Non passa molto tempo che da testimoni, i nostri rischiano
di diventare vittime essi stessi, quando, durante un inseguimento, si
ritrovano nel bel mezzo della darsena del paese, circondati dalle
fiamme.
Sfuggiti fortunosamente all’incendio, sono infine testimoni del
brutale omicidio da parte di una sconosciuta camuffata da infermiera,
dell’uomo che avevano contribuito a salvare.
Non sapendo quali pesci pigliare, lo sceriffo confina i nostri
nell’unico albergo ancora in attività, col divieto esplicito di
lasciare il paese.
Potete quindi immaginare la loro sorpresa quando la sera dopo lo
sceriffo Gillis si presenta alla loro porta con un dossier in mano ed
un’aria stravolta.
Ci sono infatti delle novità, alcune buone, altre molto meno.
Tanto per cominciare, è arrivata la risposta alla richiesta di
identificazione dello sconosciuto assassinato all’ospedale; si
tratta di tale George LeMay,
un fotografo professionista di New Orleans. Il suo DNA è stato
ritrovato nel CODIS in quanto LeMay ha prestato servizio, in qualità
di addetto stampa, in Iraq. Da New Orleans hanno richiesto che la
salma venisse messa al più presto a disposizione delle autorità per
i rilievi del caso ed il corpo è stato prontamente consegnato
all’impresario delle pompe funebri locale (nonché coroner del
paese), il dottor Dobbs perché
la prepari per il trasferimento.
La brutta notizia, invece, è
che sul luogo dell’incendio che ha devastato la darsena l’altro
giorno, è stato rinvenuto il cadavere semi-carbonizzato di Nils
Uhri, carpentiere, pescatore
nonché notorio alcolizzato del paese. È stato riconosciuto da un
tatuaggio sul braccio destro, rimasto miracolosamente intatto. Per
sicurezza lo sceriffo ha inviato una ulteriore richiesta di
identificazione tramite DNA: Nils era schedato in quanto aveva
servito in Marina durante la Guerra del Golfo ma già ora ci sono ben
pochi dubbi al riguardo.
A quanto pare, non erano i
personaggi le vittime designate; l’incendio sarebbe stato appiccato
per nascondere l’omicidio di Uhri, avvenuto, sempre secondo il
coroner, diverse ore prima che i nostri venissero attirati nella
darsena: secondo il Dr.
Dobbs, quando le fiamme hanno raggiunto il cadavere, era già
subentrato
il rigor mortis.
Infine, il capo dei pompieri,
Sam Evans, ha rinvenuto due taniche di benzina – vuote – gettate
fra le sterpaie fuori dalla recinzione della rimessa. Il fuoco le ha
lambite ma non distrutte e lo sceriffo è stato in grado di rilevare
delle impronte, ancorché parziali, che ha subito inviato
alla polizia della
Contea per l’eventuale identificazione.
Nota per il GM: è
evidente, durante tutta questa conversazione, che c’è
qualcos’altro che preoccupa lo sceriffo, come un check generico in
psicologia
può facilmente rivelare. Solo se qualcuno fa esplicita menzione
della cosa, lo sceriffo si sbottonerà. È preoccupato per la
descrizione, fatta dai personaggi in qualità di testimoni, della
misteriosa rossa che hanno visto sul luogo/hi dell’incidente/i o
peggio ancora, in ospedale e chiede loro se sono assolutamente
sicuri
di quel che hanno visto.
Se
i nostri ribadiscono quanto hanno detto precedentemente, lo sceriffo
con una smorfia estrae dal dossier una fotografia e gliela mostra,
chiedendo se corrisponde alla persona che hanno visto.
La
foto ritrae una splendida rossa in shorts e camicia a scacchi
allacciata alla vita, seduta ad un tavolo da giardino. Se i nostri
confermano, lo sceriffo si fa scuro in volto e se ne va senza
proferire parola.
L’intera
conversazione avrà luogo nella hall dell’albergo, nei pressi della
reception. (Per
il GM: fate
eseguire un test generico di Percezione
ai personaggi: chi riesce nota che – quando lo sceriffo pronuncia
il nome di George LeMay – Ben Collier, il concierge, ha un
sobbalzo).
Se
qualcuno affronta l’enigmatico concierge, questi si mostra
decisamente a disagio ma alla fine spiffera tutto: George LeMay è il
nome di un ospite dell’albergo, arrivato circa una settimana prima
e sparito misteriosamente nel nulla 3 giorni fa.
Ha lasciato il suo bagaglio ma non è più tornato. C’è di più:
lo sceriffo avrebbe dovuto saperlo, perché sua moglie ha fatto
visita a LeMay in albergo nei giorni precedenti.
Se
a questo punto qualcuno chiede a Collier qualcosa riguardo la moglie
dello sceriffo, costui risponde che si tratta di una giovane rossa
mozzafiato, che insegna nel locale plesso scolastico.
Addio, Potter’s Bluff (?)
I personaggi sono liberi di passare il giorno successivo come
meglio credono. Nel tardo pomeriggio, verranno convocati nell’ufficio
dello sceriffo per essere finalmente congedati. Sono stati scagionati
da ogni sospetto, hanno reso la loro testimonianza, non c’è più
ragione per cui debbano essere trattenuti in paese.
Se dovessero esserci novità o ulteriormente bisogno di loro, ha i
loro recapiti ma per il momento le indagini sono ad un punto morto.
Nota per il GM: se
qualcuno non si fa gli affari suoi – leggi: si da una bella
occhiata intorno nell’ufficio – un test specifico di Percezione
gli permette di notare alcuni dettagli per lo meno curiosi: L
–
la scrivania dello sceriffo sembra normale ma – sotto una pila di
documenti – c’è un volume rilegato in pelle; M
– come
L ma il volume è chiaramente molto vecchio e sulla costa, stampato a
caratteri d’argento, c’è qualcosa che riguarda la stregoneria e
il vudu; H –
come L e M ma il titolo del volume è chiaramente visibile: “Discorso
Sulla Stregoneria et il Vudu Presso li Popoli Pagani et Primitivi”;
in più, da sotto il libro, spunta l’elsa di uno strano tagliacarte
dal metallo brunito. C+
- oltre
a tutte le informazioni di cui sopra, il personaggio nota che si
tratta di una specie di antico pugnale rituale, ricoperto di strane
iscrizioni e che in un cassetto semiaperto c’è una scatola di
cartucce aperta e
quelli che sembrano essere degli speed-loader:
prima che entrassero, evidentemente lo sceriffo si stava accingendo a
ricaricare la sua rivoltella e
preparare una congrua riserva di munizioni pronte all’uso.
Al
loro rientro in albergo per fare i bagagli, i nostri trovano ad
aspettarli niente meno che il sindaco Bass, apparentemente ansioso di
mitigare l’impressione che possano aver avuto della sua ridente e
solare cittadina in questo increscioso frangente. Quando viene a
sapere che i nostri sono in partenza, si informa sulla loro
destinazione e qualunque questa possa essere, offre loro un prezioso
consiglio: è inutile fare il giro di Peppe per tornare alla statale.
Se passano per una certa strada comunale, taglieranno almeno un’ora
buona di percorso ed in più si ritroveranno a pochi chilometri
dall’imbocco della interstatale. Con le ombre della sera che si
approssimano, forse è più prudente restare in paese ma se proprio
vogliono partire, è meglio prendere la scorciatoia che passare di
notte in mezzo ai boschi.
Una luce nelle tenebre
Q
ualunque
sia la strada che intendono prendere, i personaggi finiranno per
ritrovarsi qui, dove i loro misteriosi nemici li vogliono. Se seguono
il consiglio di Bass, ci
arriveranno dopo aver girato come scemi per stradine di campagna
tutta la sera. Se decidono di tornare là da dove sono venuti,
troveranno una deviazione che li costringerà ad inoltrarsi per una
strada secondaria. Il risultato netto sarà che si ritroveranno nel
bel mezzo del nulla, a notte ormai inoltrata.
L’eventuale
uso di navigatori GPS risulterà inutile per districarsi, una volta
infilatisi nel dedalo di strade e stradine comunali, perché non sono
riportate sulle mappe. Solo le strade principali – che conducono
in paese – sono visibili dal navigatore.
Fatto
sta che, dopo una serie infinita di giri a vuoto, alla fine i nostri
devono rassegnarsi al fatto che non stanno andando da nessuna parte,
si sono inestricabilmente persi. C’è però un barlume di speranza:
in fondo ad un vialetto, si vede quella che sembra essere una tipica
casa colonica e c’è una luce accesa al piano terra.
Quando
i nostri arrivano a bussare alla porta, tutto tace: nemmeno i grilli
friniscono e la luce è sparita. In compenso, la porta è aperta.
L’edificio si presenta come una tipica costruzione rurale del New
England, in legno e mattoni, su due livelli, con un piccolo portico
sul quale si apre l’ingresso principale.
Il
piano terra comprende un soggiorno, una cucina, bagno, ripostiglio e
l’immancabile scala che porta nello scantinato. Una scala porta al
primo piano, dove si aprono 3 camere da letto, un ripostiglio, due
bagni. Al centro del corridoio, una scala retraibile conduce alla
soffitta.
All’interno
non c’è anima viva. Il mobilio è vetusto e ricoperto di polvere,
così come gli elettrodomestici, che non sono in funzione anche
perché non c’è corrente. C’è un telefono ma non c’è linea.
Il tutto ha un’aria decisamente surreale, per non dire minacciosa.
Nota per il GM: una
volta che tutti i personaggi sono all’interno, scatta la trappola.
I nostri possono rendersi conto che qualcosa non va con un test
generico di Percezione
per accorgersi che c’è qualcuno o qualcosa che gira attorno alla
casa e li spia dalle finestre. Se qualcuno dovesse decidere di
scendere nello scantinato, finirebbe letteralmente in braccio alla
posse che attende dabbasso, in agguato.
Se
qualcuno decide di uscire per vedere chi sia il misterioso stalker,
si ritrova circondato da una piccola folla eterogenea (vi ricorda
qualcosa?) ed ha solo due possibilità: tornare precipitosamente in
casa per barricarsi oppure tentare una corsa disperata verso il viale
d’accesso, sperando di non essere agguantato dai manigoldi.
Ovviamente,
se i nostri si barricano in casa, saranno (momentaneamente) al sicuro
dagli aggressori esterni ma non dal piccolo… commando che è
nascosto dabbasso. L’unica via di fuga, a questo punto, è verso
l’alto, al piano superiore.
La
misteriosa ganga di aggressori è molto male assortita ma non ci sono
dubbi sulle loro intenzioni, perché sono tutti armati, per lo più
con armi improprie. Il loro numero supera di 5 volte quello dei
personaggi; se qualcuno decide di ingaggiarli in un corpo a corpo, si
rende subito conto che hanno una forza spropositata e che sembrano
non risentire affatto dei colpi loro inferti. Le botte possono
rallentarli ma non li fermano.
L’unica
speranza di salvezza è la fuga ovvero riuscire a nascondersi in modo
tale da sfuggire alla loro ricerca. Nel
primo caso, è possibile calarsi dal primo piano sul tetto del
portico e di lì scendere a terra con alcuni tiri di Agilità:
i loro aggressori ci metteranno un po’ a scendere al piano terra
per dar loro la caccia e se non perdono troppo tempo, i nostri
possono dileguarsi nella campagna ergo raggiungere il loro veicolo e
tagliare prontamente la corda.
Nel
secondo caso, se agiscono rapidamente e in silenzio, possono
ascendere alla soffitta e ritirare la scala. La posse girerà un po’
per la casa, come se fosse indecisa sul da farsi ma alle prime luci
dell’alba leverà l’assedio e sparirà come se non fosse mai
esistita.
Come
che vadano le cose, a meno che il gruppo non decida per una eroica
(ed inutile) morte in battaglia, i nostri si ritroveranno a Potter’s
Bluff per le prime luci del giorno.
Una scoperta agghiacciante
Probabilmente, la prima cosa che i nostri vorranno fare sarà
recarsi immediatamente all’ufficio dello sceriffo per denunciare la
cosa. Gillis però non ha ancora preso servizio, c’è solo Gladys,
la sua assistente tuttofare, venuta prima dell’orario di apertura
per dare una sistemata. Non potrà fare altro che indirizzarli verso
l’albergo o il diner (che è già aperto ed operativo) nell’attesa
che lo sceriffo arrivi e prenda servizio.
In alternativa – ma Gladys non avanzerà la proposta – i
nostri potrebbero andare direttamente a casa dello sceriffo per
informarlo dell’accaduto. Gladys è adamantina sul non voler
disturbare lo sceriffo ma può essere persuasa (con un test di
Personalità contro la
Volontà
della donna) a chiamarlo
al telefono.
Se
questo accade, i nostri non potranno fare a meno di udire la
conversazione e venire a conoscenza del fatto che ieri notte sul
tardi la Contea ha inviato la risposta sulle impronte rilevate sul
luogo dell’incendio. Lei ovviamente non ha letto il referto, l’ha
solo stampato e messo in bella evidenza sul suo tavolo.
Se
invece il gruppo si reca al diner, potrà ottenere facilmente da Edna
Jo (l’onnipresente cameriera) le indicazioni per raggiungere la
casa dello sceriffo mentre se si recano all’albergo, troveranno un
Ben Collier in preda allo sgomento. Non ci vuole molto per farlo
sbottonare, è troppo sconvolto per essere reticente: questa mattina,
sul presto, si è recato alla stazione di servizio per fare
rifornimento ed è pronto a giurare che il giovane che l’ha servito
alla pompa fosse il defunto
George
LeMay!
Se
a questo punto il gruppo si reca alla stazione di servizio, vedranno
effettivamente un uomo biondo sulla trentina che ciondola pigramente
nei pressi delle pompe. Dal momento che hanno visto il dossier che lo
riguarda – mostratogli dallo sceriffo – non potranno che essere
d’accordo con Collier: a tutti gli effetti quello è George LeMay o
il suo fratello gemello.
Quando
e se finalmente i nostri parlano con lo sceriffo, lo troveranno
decisamente stravolto; se sono tornati al suo ufficio, lo troveranno
con gli occhi sbarrati con in mano la stampa dell’informativa della
Contea. Le impronte rilevate sulle taniche di benzina sono state
identificate come appartenenti ad un tale Benjamin “Ben” Dixon.
Il problema è che questo non
è possibile
perché Dixon è deceduto quasi un anno fa ed è sepolto nel locale
cimitero, dietro la Funeral
House del
Dr. Dobbs.
Se
i nostri raggiungono lo sceriffo a casa sua, avranno loro lo shock
della vita, perché ad aprigli la porta sarà Janet
Gillis,
la giovane, procace e rossochiomata
moglie dello sceriffo!
Inutile
dire che lo sceriffo appare teso come una corda di violino quando si
rende conto che i nostri hanno riconosciuto sua moglie per la
misteriosa femme
fatale
che li ha coinvolti in tutta questa vicenda, mentre la donna non da
alcun segno di riconoscerli, come se non li avesse mai visti in vita
sua.
La verità viene a galla
Come che vadano le cose, alla fine, se i personaggi non sono
completamente obnubilati, si addiverrà alla conclusione che c’è
del marcio in Cornovaglia e che la prima cosa da fare è verificare
che sia Ben Dixon che George LeMay si trovino dove dovrebbero
essere: sottoterra il primo, in
una cassa zincata per essere spedito a New Orleans il secondo.
Questo porta i nostri e lo
sceriffo – che a questo punto non sa più nemmeno lui di chi
possa fidarsi – a stringere una alleanza per svelare una volta per
tutte il mistero. Prima tappa: la Funeral
House
di Dobbs e/o il cimitero di Potter’s Bluff.
Una visita al cimitero
Quando il gruppo raggiunge il cimitero, ci trova solo
Preston,
il custode (nonché becchino del paese), un uomo rude e scontroso che
però nulla può contro l’autorità (e
la veemenza) dello sceriffo,
anche se insiste come un disco rotto sulla necessità che, per
qualunque cosa concerne il cimitero o i suoi “inquilini” solo il
Dr. Dobbs può autorizzarlo. Sia che abbiano il suo aiuto oppure no,
non ci vuole molto per rintracciare la tomba di Dixon e scavare per
riesumare il cadavere.
Una volta raggiunta e aperta la
bara, la trovano vuota
o meglio: il corpo non c’è ma all’interno del sarcofago c’è
un involto ricoperto di strane iscrizioni. Dentro
il fagotto c’è un cuore
umano
fresco come se fosse stato appena estratto dal petto (è
richiesto un fear
check
a livello 4 per la macabra scoperta).
...ed una all’obitorio
Una volta raggiunto l’obitorio, nel seminterrato della funeral
house, il gruppo vi trova
“l’assistente” di Dobbs, tale Jimmy
Baker,
intento a fare
qualcosa
al suo braccio sinistro, talmente intento da non rendersi
immediatamente conto della presenza dei nostri, come è evidente
dalla sua sorpresa.
Baker
è un ragazzotto dai capelli rossi, con piccoli precedenti penali,
che Dobbs ha voluto “redimere” (parole sue) da una vita di vizio
e dissoluzione, insegnandogli la nobile arte dell’imbalsamatore di
cadaveri. Il giovane è particolarmente infastidito (ed anche
intimidito
come può rilevare chiunque esegua un test generico di psicologia)
dallo sceriffo ma non osa contraddirlo quando chiede di vedere il
corpo di George LeMay. Li indirizza quindi verso una cassa zincata
sigillata, che lo sceriffo gli impone di dissigillare nonostante le
proteste del nostro, che vuole l’autorizzazione dal coroner, il Dr.
Dobbs, per eseguire.
Se
e quando i nostri aprono la cassa, faranno la stessa, macabra
scoperta del cimitero: la cassa è vuota, a parte l’involto dagli
strani simboli…
quando
i nostri si rivolgono a Baker per avere spiegazioni, scoprono che
questo s’è involato come una gazza spaventata, mollando tutto
quello che stava facendo.
Nota per il GM: se
qualcuno esamina la postazione di Baker, troverà che stava
adoperando degli attrezzi, comunemente utilizzati per il “restauro”
delle salme ed un barattolo di una misteriosa pasta/crema; a quanto
pare, Jimmy la stava applicando sul suo braccio… se avessero
accesso ad internet, inserendo il codice a barre della sostanza, i
nostri scoprirebbero che si tratta di una speciale pasta di origine
animale, utilizzata solitamente dai veterinari per “riparare” le
lesioni cutanee degli animali. È evidente che la sostanza è stata
in qualche modo alterata ma senza un laboratorio a disposizione è
difficile dire come e perché.
Le
stesse informazioni possono essere ottenute da un personaggio con
conoscenze in Scienze
(Chimica o Farmacologia) che esegua un test specifico: L,
la sostanza è una pasta grassa di origine animale, M
è usata dai veterinari in interventi di riparazione di importanti
lesioni cutanee, H+
è
stata in qualche modo alterata rispetto alla formulazione originale.
Quando
i nostri tornano nella Funeral
House
trovano una piccola sorpresa ad attenderli: la ganga eterogenea che
ormai ben conoscono li sta aspettando, solo che adesso, alla luce del
giorno e a distanza ravvicinata, possono riconoscerne alcuni dei
componenti, come Edna Jo, la cameriera, Jimmy Baker, l’assistente
di Dobbs, il sindaco Bass (!) ed il dottor Thurston (!!), Harry
Clemens, il meccanico del paese, il
suo nuovo “vice” George LeMay, l’assistente Gladys (!!!)
ed altri. Sono tutti lì, immobili, in attesa, ciascuno con in mano
un oggetto atto ad offendere. Davanti a loro, al centro della sala,
un carrello
di quelli utilizzati negli obitori, con un corpo ricoperto da un
lenzuolo. Se
qualcuno prova ad avvicinarsi al carrello, il
corpo si alza davanti ai personaggi: si tratta di Nils Uhri (lo
sceriffo lo confermerà) perfettamente sano ed apparentemente vivo!
Il
“risveglio” di Uhri fa da segnale per il resto della ganga, che
comincia ad avvicinarsi, in perfetto silenzio ma con intenti
facilmente intuibili.
Morti e sepolti
A meno che i nostri non vogliano morire tutti eroicamente, dopo un
paio di round di combattimento si renderanno conto che i loro sforzi
sono vani: le
creature non
retrocedono, se vengono abbattute si rialzano dopo un breve
intervallo; soprattutto, è ovvio che li vogliono morti. Nemmeno lo
sceriffo può molto: i suoi colpi straziano le carni dei suoi
concittadini ma non li fermano.
Ad un certo punto, il gruppo si
ritrova con le spalle al muro o meglio, con le spalle alla porta del
sancta sanctorum di
William Dobbs. La porta è aperta e una volta all’interno può
essere serrata.
Quando questo avviene, il gruppo
si ritrova in una scena surreale: seduto alla sua scrivania c’è il
Dr. Dobbs, l’impresario di pompe funebri, il coroner del paese…
ed il Signore e Padrone delle sue orde di non-morti. Al suo fianco,
la splendida Janet, sposa dello sceriffo. Alle sue spalle, un
maxischermo sta proiettando un filmato, un mix di sequenze una più
agghiacciante dell’altra.
Si vedono le morti violente e
truculente
di varie persone, tra cui quella di George LeMay, picchiato
selvaggiamente e bruciato vivo, quella di Lars Uhri e quella di una
giovane donna, che lo sceriffo riconosce come una vagabonda con la
quale ha avuto a che fare l’estate scorsa e che pensava se ne fosse
semplicemente andata… l’ultima scena lascia di sasso tutti gli
astanti: mostra una coppia, ripresa di nascosto da una finestra,
mentre si abbandona liberamente ad un amplesso focoso. Lo zoom rivela
che lei è Janet, lui è di spalle, un uomo robusto coi capelli
scuri. Di punto in bianco,
all’apice dell’amplesso, Janet estrae un lungo coltello da
macellaio da sotto il materasso e pugnala con una violenza brutale
l’uomo alla schiena, una, due, tre volte. L’uomo infine si
accascia ricoperto di sangue e Janet a questo punto, sguscia da sotto
il suo corpo, lorda di sangue dalla testa ai piedi ma raggiante come
una bambina in un negozio di bambole e saluta verso la telecamera.
Dobbs a questo punto arresta la
riproduzione e si rivolge ai suoi “ospiti”:
“Buonasera, Daniel… signori, vi aspettavo. Ora avrete tutte
le risposte che cercate, dovete solo avere un attimo di pazienza.
Janet – indicando la
giovane donna accanto a sé – è stata il mio primo, vero
capolavoro, non vi pare? Oh, tranquillizzatevi, è tutto
assolutamente pertinente al caso, ve lo assicuro. Volete dare
un’occhiata al mio… album di famiglia?” (con
queste parole, Janet si muove verso un armadio, lo apre e ne estrae
un grosso e pesante album fotografico, rilegato in pelle).
L’album è una vera e propria
rassegna degli orrori, vi compaiono decine di vittime di Dobbs,
comprese quelle più recenti come LeMay o Uhri, in una serie di
scatti che vanno da quelli ripresi con una Polaroid a quelle, più
recenti stampate da digitale, segno
che la… faccenda va avanti da anni.
“Guardateli, guardate i miei figlioli. Bisognava che fossero
deturpati, è ovvio, questo mi ha permesso di serbare l’anonimato,
che è essenziale. Se fossero venuti fuori dei familiari ed avessero
scoperto l’accaduto, non sarebbe stato bello, no? I miei figlioli
li voglio con me e se sono deturpati, la prospettiva per me è più
allettante. Tutti sono in grado di mettere a posto qualcuno che è
morto nel suo letto ma questi… questi hanno bisogno di me, solo io
sono in grado di far riacquistare loro l’aspetto che avevano un
tempo! Ci vuole una abilità speciale, Daniel ed io sono quello che
sa esercitarla al meglio, ma credo sia meglio andare con
ordine. Io non ho sempre fatto questo lavoro, forse lo sapete. Prima
ero un dottore. Un vero dottore ed ero anche piuttosto bravo, sapete?
Per pagarmi gli studi, accettai di arruolarmi nell’esercito ed ero
ad un passo dal laurearmi quando scoppiò la guerra.
Sì, parlo della “sporca guerra”, quella del Vietnam. Fui inviato
sugli altipiani, come Specialista Medico aggregato ad una unità di
Forze Speciali, in un villaggio dimenticato da dio, al confine con la
Cambogia. Durante uno dei nostri pattugliamenti, scoprii un tempio,
nascosto nella giungla, dove risiedeva un unico, vecchissimo monaco.
Gli indigeni ne avevano una paura folle, così come erano
terrorizzati dai suoi strani inservienti, che badavano alla
manutenzione del sito e a coltivare i campi lì intorno.
Tornai svariate volte a trovare il vecchio monaco e alla fine
me lo feci amico e lui mi aprì la mente a conoscenze
straordinarie. Qualcuno potrebbe chiamarla stregoneria o magia nera,
io la chiamo tecnica. Una tecnica antichissima ed oggi dimenticata
dai più, custodita in pochissimi luoghi da pochi prescelti. La
tecnica per rianimare i cadaveri. Sì, avete capito bene: gli
inservienti del tempio erano tutti zombie, morti viventi, rianimati
appositamente per servire il Gran Sacerdote del tempio e lui solo.
No, non guardatemi come se fossi un pazzo. La prova più
inoppugnabile è proprio qui, davanti ai vostri occhi: Janet! Lei è
stata il mio capolavoro, il mio trionfo: la trovai dentro quella sua
Duster, a Hollis Creek. Era morta. Era finita fuori strada ed aveva
perso i sensi. La cintura l’ha tenuta imprigionata mentre l’acqua
sommergeva l’auto ed è annegata. Ironia della sorte, no? Dopo i
fatti di Providence, avevo pensato di rinunciare per sempre ai miei
esperimenti ma lei era troppo bella, troppo perfetta per prenderla e
gettarla semplicemente in una fossa in pasto ai vermi.
Tornando a bomba, una volta tornato in patria e divenuto
medico, ho continuato i miei studi ed ho fatto una scoperta che
avrebbe rivoluzionato la medicina. Ci sono però molti scettici e
troppi retrogradi, che hanno ripudiato i miei metodi. Certo, ci sono
ancora dei problemi con la tecnica, non è ancora perfetta. Il guaio
è il processo di decomposizione. Tutti i miei figlioli col tempo
tendono a… disfarsi, se non do loro una ritoccatina almeno una
volta alla settimana.
Ma Janet no, lei rimane intatta più a lungo degli altri, quasi
tre settimane di fila! Mi da motivo per sperare che, un giorno, la
mia tecnica raggiungerà la perfezione e che non sarà più
necessario un intervento esterno per mantenere in salute i miei
figli.
Faccio quello che posso per ridare non solo il soffio vitale ma
una vita vera e propria alle mie creature. Purtroppo non sempre le
cose vanno bene ma sto provando varie tecniche. Anche qui, Janet è
particolare: lei È vitale, nelle paure, nell’amore, nel sesso…
per questo l’ho data a voi, Daniel: voi siete un brav’uomo, vi
sareste preso cura di lei.”
A questo punto, lo sceriffo
Gillis è talmente impietrito dall’orrore da non riuscire più ad
agire o a spiccicare parola. L’azione ricade tutta sulle spalle dei
personaggi, che devono decidere quale corso d’azione intraprendere.
Se si fanno minacciosi nei confronti di Dobbs, questi con una risata,
li mette al corrente del fatto che – sì – possono anche fargli
del male ma a questo punto
non
possono più ucciderlo, nemmeno volendo. Ha già applicato la sua…
tecnica anche a
sé stesso,
per cui, nell’eventualità di una sua dipartita, non farebbe altro
che divenire come uno dei suoi “figlioli”.
D’altro
canto, Janet è capace di spedire sottoterra loro
se osano aggredire il suo Maestro e Padrone e lo farà, visto che è
armata e che Dobbs vuole aggiungere anche i personaggi alla sua…
collezione.
Nota per il GM: Janet
è un avversario coriaceo e potrebbe benissimo mettere a mal partito
uno o più personaggi. Se questo dovesse accadere, Gillis si
risveglia dal suo torpore ed usa il suo revolver sulla “moglie”;
quando lei si rende conto di essere stata colpita in modo letale
ma di non essere morta, qualcosa scatta nel suo cervello, realizza di
essere un morto vivente e chiede al marito di seppellirla per mettere
fine a questo orrore. Gillis farà qualunque cosa per soddisfare il
desiderio della moglie ma Dobbs si metterà di traverso per impedirlo
e molto probabilmente finirà “ucciso” dallo sceriffo o da
qualcuno dei personaggi.
Il risultato netto è che
tutti i revenant che
stanno dando loro la caccia sembrano risvegliarsi come da un torpore
e cessano i loro attacchi, componendo una mesta processione dietro
Janet, lo sceriffo ed i personaggi. Arrivati al cimitero, Janet
scenderà volontariamente nella fossa e Gillis – con l’aiuto dei
nostri, se lo vogliono – la seppellirà davanti alla folla di
non-morti che poi omaggeranno la compagna finalmente e
definitivamente defunta.
Epilogo
Se
e quando i personaggi, accompagnati dallo sceriffo Gillis, tornano
alla Funeral House per definire la questione una volta per tutte col
Bokor Dobbs, troveranno che la riproduzione sul maxi-schermo è
ripresa, solo che questa volta sulla scena ci sono Dobbs, Janet e un
altro paio di non-morti. La scena è ancora quella dell’ultimo
omicidio, solo che i presenti sono tutti intorno al corpo dell’uomo
assassinato da Janet.
Le
creature rigirano il corpo così da essere inquadrato dalla
telecamera: è quello di Daniel Gillis, sceriffo di Potter’s Bluff!
A
questa visione Gillis ha un tracollo, si porta le mani al viso con un
urlo d’angoscia e orrore. Quando le ritrae, tutti i presenti notano
che dalla pelle lacerata spuntano le falangi delle dita. A questo
punto, una voce fa trasalire i presenti. È quella di Dobbs, che i
nostri hanno lasciato per morto. Si sta alzando da una specie di
poltrona, come quelle dei dentisti, sorretto da una giovane,
bellissima donna sorridente (un
tiro di percezione
permette di riconoscerla come la giovane vagabonda che hanno visto
trucidare barbaramente in video);
Dobbs finisce di scollegare alcuni tubi in cui scorre una strana
sostanza lattiginosa dal suo petto e dalle braccia e si rivolge allo
sceriffo: “Mi
piacciono molto queste piccole partite a scacchi con voi, Dan, ora
però lasciate che vi rimetta in sesto…”
Come
avrete ormai intuito, questa avventura può avere diversi epiloghi.
Nello scenario peggiore possibile, i nostri perdono lo scontro con i
non-morti, finiscono tutti trucidati e vanno ad ingrossare le fila
dei… figlioli di Dobbs, magari con nuove identità, com’è
capitato a George LeMay e diventano nuovi residenti permanenti di
Potter’s Bluff.
Nello
scenario migliore possibile, specie se hanno realizzato qual è il
punto debole dei non-morti, possono battersi e vincere contro Dobbs e
le sue schiere di revenant. In
questo caso, avranno la soddisfazione di aver eliminato una volta per
sempre la minaccia ma non potranno farne parola con nessuno, salvo
esser presi per dei lunatici o pericolosi sociopatici e finire magari
internati in un manicomio.
Il
caso più probabile è che riescano ad aprirsi un varco o trovare una
scappatoia (prendendo per esempio Dobbs in ostaggio, magari?) per
tagliare la corda e lasciarsi Potter’s Bluff ed i suoi orrori alle
spalle. Avranno salvato la pelle ma il problema permane, visto
che Potter’s Bluff ed i suoi orripilanti abitanti sono ancora lì e
sono una minaccia per chiunque abbia la sfortuna di imbattersi in
loro.
Per
di più, come nel caso più sopra, ben difficilmente troverebbero
qualcuno disposto a credere che c’è un intero paese dove gli
abitanti sono tutti – o quasi – dei morti rianimati e le stesse
autorità potrebbero dubitare della sanità mentale dei nostri o
peggio, visto che sono ufficialmente
coinvolti
nelle indagini per l’omicidio di George LeMay, essere sospettati
quali autori degli orribili crimini che sono accaduti a Potter’s
Bluff e che lo sceriffo Gillis ha trasmesso a suo tempo alla Contea.