Note
dell’autore: questo è il mio primo articolo per un grande
classico dei giochi da tavolo cui sono molto affezionato: Battletech,
in particolar modo dell’edizione originale del gioco, quella edita
dalla FASA negli anni ‘80 ed ambientata nel periodo precedente
all’invasione dei Clan, alla Guerra Civile Fed-Com, la Jihad e
tutte le altre boiate (lasciatemelo dire) seguite purtroppo agli
attentati del 9/11 che troppo hanno condizionato, in un modo o
nell’altro, anche il mondo ludico.
Per
questa ragione, in nome di un gioco più “classico” (o vecchio
stile, fate voi) che caratterizza questa pagina, vi propongo
quest’oggi un’idea che mi è venuta vedendo un’immagine sul web
(che qui vi propongo) tratta da uno degli innumerevoli volumi di
riviste come Hobby Japan dedicate alla saga del Mobile Suit bianco
che ritrae un classico Zaku II con un Magella Mortar, un espediente
degli ultimi mesi della Guerra di Un Anno a quel che mi è dato
sapere e che ben si adatta all’ambientazione “low tech” delle
Guerre di Successione dell’universo di Battletech.
Spero
che la cosa vi faccia piacere, così come spero di poter introdurre
altri mezzi e/o scenari in futuro per questo grande gioco.
Introduzione storica
Come
tutti ben sanno, la Prima Guerra di Successione (2786-2821) fu una
conflagrazione generale di inaudita violenza che devastò
letteralmente la Sfera Interna, annichilendo interi mondi e portando
ad una regressione tecnologica e culturale che avrebbe caratterizzato
i secoli a venire.
Già
verso la fine del XXVIII secolo, il declino tecnologico, dovuto alle
predazioni e alle devastazioni di guerra, aveva grandemente ridotto
la capacità dei contendenti di sviluppare, produrre e mettere in
campo nuovi sistemi d’arma, situazione vieppiù esacerbata dal
fatto di dover assolutamente mettere le mani sugli assetti
industriali e tecnologici avversari per compensare le proprie perdite
negli stessi settori.
La
più interessata in questo tipo di operazioni era l’aggressiva
Unione di Draco, sotto la guida dell’ambizioso Coordinatore Minoru
Kurita, ai danni soprattutto del Commonwealth Lyrano e dei Soli
Federati.
Le
prede più ambite si trovavano però su mondi ben muniti e
fortificati, cosa che rendeva fuori luogo un bombardamento orbitale e
troppo dispendioso in termini di uomini e mezzi un attacco frontale.
In
questi casi, l’unico modo per raggiungere l’obbiettivo era
un’operazione d’assedio lunga e logorante, con ampio uso delle
complesse, costose e vulnerabili artiglierie pesanti, che già
cominciavano a scarseggiare a causa delle ingenti perdite subite
durante le fasi più brutali del conflitto.
Occorreva
perciò trovare un sistema più rapido ed efficace per ridurre le
fortificazioni e le difese avversarie, un’arma che fosse facilmente
trasportabile, tecnicamente non troppo complessa e che impiegasse un
quantitativo minimo delle preziose risorse industriali e dei sempre
più scarseggianti materiali strategici.
La
risposta fu la riscoperta di una delle più antiche armi pesanti
d’assedio note all’umanità, il cui uso era stato abbandonato da
secoli, in un’era dominata da massicci bombardamenti orbitali,
cacciabombardieri aerospaziali e armi guidate di precisione: il
mortaio pesante d’assedio.
Intendiamoci:
i mortai, come armi d’appoggio per la fanteria e di artiglieria
leggera campale, erano ancora abbondantemente in uso tra le forze
armate convenzionali di tutte le Casate; l’uso di armi
super-pesanti, sia fisse che semoventi, era state di fatto
abbandonato già alla fine del XXI secolo sulla Terra, l’ultimo
modello di questa categoria di armi essendo il semovente russo 2S4
Tyulpan, un’arma da 240mm di calibro montata sullo scafo di un
trasporto cingolato.
L’idea
piacque agli stati maggiori dell’Unione ma i primi tentativi di
resuscitare questo sistema d’arma andarono incontro al fallimento
più abietto, in quanto il risultato era una mostruosità imponente,
ingombrante, costosa e complessa, quasi quanto – se non più –
dei pezzi d’artiglieria già in uso, specialmente a causa del
sofisticato sistema di movimentazione del pezzo e del caricatore
automatico, una necessità assoluta, dal momento che ogni singola
bomba pesava nell’ordine di un quarto di tonnellata ed era lunga
quasi 2 metri!
Mentre
tecnici e strateghi si arrovellavano alla ricerca di una soluzione,
gli eventi sul campo avevano preso una brusca accelerazione e fu così
che da un lontano, secondario campo di battaglia arrivò
l’illuminazione, sotto forma di un espediente da campo impiegato
quale difesa da ultima spiaggia durante l’assedio ad una grande
città industriale su Nirasaki.
Sotto
attacco da settimane e completamente isolata, la guarnigione del
complesso industriale, ormai a corto di mezzi e munizioni, aveva
fabbricato un rozzo “mortaio” piantando nel terreno un pezzo di
tubo, di quelli impiegati per gli oleodotti e poggiandone il lato
aperto su parapetti in muratura, macerie o terra battuta; da questi
tubi venivano sparate, per mezzo di sacchetti di polvere nera
prodotti in loco, delle bombe-barile riempite di esplosivi
improvvisati e rottami di ferro, fatte scoppiare per mezzo di rozzi
detonatori a percussione.
Per
caricare questa specie di bombarda, gli assediati utilizzavano un
‘mech industriale dotato di manipolatori, che sollevava ed inseriva
nel tubo il barile-bomba.
Era
un vero e proprio uovo di colombo: sarebbe bastato costruire in scala
gigante un normalissimo mortaio come quelli della fanteria, renderlo
mobile montandolo su uno scafo cingolato e farlo accompagnare da un
Battlemech che lo impiegasse come se fosse un comune mortaista umano,
eliminando così il pesante, costoso e complesso sistema di
caricamento automatico e il sistema idraulico di messa in batteria.
Dall’idea
alla sua realizzazione pratica, il passo fu assai breve ed in meno di
3 mesi i primi prototipi di SPM-300 erano pronti per le prove al
poligono.
Inizialmente
furono adoperati dei Battlemech umanoidi in dotazione alle unità di
prima linea ma è inutile dire che i comandanti militari sul campo
erano assai riluttanti a divertire importanti assetti perfettamente
funzionanti per destinarli al ruolo di “servente” di un pezzo di
artiglieria, per quanto importante potesse essere questo compito, per
non parlare dei Mechwarriors che, in quanto piloti da combattimento,
odiavano il ruolo di baby sitter per il novello giocattolo
dell’artiglieria.
La
soluzione a breve termine trovata dagli stati maggiori fu quella di
assegnare a questo (ingrato) compito i ‘mech – purché dotati di
arti superiori e manipolatori – danneggiati in combattimento e
quindi non immediatamente usufruibili per i combattimenti in prima
linea.
I
risultati, benché incoraggianti, soffrivano per il continuo ricambio
di macchine e personale, in quanto i ‘mech, non appena tornati in
grado di combattere, venivano ridispiegati con le loro unità
originarie.
Inoltre,
il dover ricalibrare ogni volta il software operativo dei ‘mech per
metterli in grado di “dialogare” con il sistema di puntamento del
semovente era una grossa perdita di tempo e di manodopera
specializzata.
Occorreva
trovare una soluzione definitiva al problema e fu trovata dallo
stesso Coordinatore Minoru: la produzione di un ‘mech leggero
appositamente concepito per impiegare la nuova arma, pilotato da
personale appositamente selezionato ed addestrato allo scopo, tratto
dalle truppe della Leva Militare dell’Unione.
Lavorando
a stretto contatto con gli equipaggi dei semoventi, questi piloti
avrebbero assunto il doppio ruolo di serventi e di difensori del
pezzo, nel malaugurato caso in cui fosse minacciato dal nemico.
Questo
Battlemech fu il primo della serie MRT o Mortarman.
Le
prime unità di MRT-3N Mortarman e SPM-300, ribattezzato
ufficiosamente “Genno” (Martello) entrarono in azione subito dopo
le prove al poligono di Luthien con effetto devastante: facilmente
trasportabili, rispetto alle unità di artiglieria più
convenzionali, i mortai semoventi potevano ridurre al silenzio in
breve tempo qualunque fortificazione, rendere inservibili piste di
decollo e spazioporti, devastare intere aree urbane e/o complessi
industriali da una relativa distanza di sicurezza.
Nelle
situazioni di assedio, specialmente contro guarnigioni isolate, il
connubio ‘mech/mortaio si dimostrò eccezionalmente efficace.
Purtroppo,
l’uso più massiccio di queste armi non avvenne nel corso di
battaglie campali e/o assedi planetari ma durante il famigerato
Massacro di Kentares IV, dove i mortai vennero impiegati in massa per
demolire – edificio per edificio – le aree urbane e massacrarne
gli abitanti con l’uso di rozze (ma estremamente efficaci) granate
a gas nervino.
Quando
i Soli Federati, oltraggiati dall’eccidio, scatenarono la loro
controffensiva, i famigerati mortai ed i loro equipaggi divennero un
bersaglio primario per la rappresaglia ed il loro numero venne
drasticamente ridotto a causa dell’attrito in combattimento.
Nonostante
tutto questo, già all’indomani della Prima Guerra di Successione,
altre potenze della Sfera Interna – particolarmente la
Confederazione Capellana ed il Commonwealth Lyrano – avevano
abbracciato il concetto del mortaio semovente servito da ‘mech,
riproducendo il sistema con un’operazione di ingegneria inversa
degli esemplari catturati.
Oggi
come oggi, il sistema mortaio semovente è poco impiegato nel suo
ruolo offensivo, venendo dispiegato per lo più come arma di
guarnigione planetaria per la difesa mobile di capisaldi ed assetti
industriali dalle incursioni.
L’ultimo
utilizzo offensivo in battaglia in grande stile è avvenuto – per
quanto è dato sapere – durante la male orchestrata invasione
Capellana del pianeta Lee nel territorio dei Soli Federati, durante
la quale gli invasori soffrirono pesantissime perdite a causa della
schiacciante superiorità aerospaziale dei difensori Davion, in
quanto i Mortarmen di produzione Liao si dimostrarono assolutamente
inadeguati nel fornire protezione antiaerea per i semoventi.
Il
MRT-3N Mortarman
Derivato
dal GRF-1N Griffin, un ‘mech molto comune e popolare presso tutti
gli eserciti della Sfera Interna, il MRT-3N ne è una versione
alleggerita ed in qualche modo depotenziata; dotato di armamento
difensivo impugnabile (per lasciar liberi i manipolatori, essenziali
per l’impiego del sistema mortaio) e di una blindatura abbastanza
modesta, il ‘mech è in grado di difendere sé stesso e la sua
unità ma non è certo un’unità da combattimento di prima linea.
In
compenso, il suo sistema elettronico – dotato di apposito datalink
– è perfettamente sincronizzato con quello del SPM-300, per il
quale funge, in virtù della sua maggiore altezza da terra, da
sensore e unità di puntamento.
Quando
arriva l’ordine per una missione di fuoco, il MRT-3N dispiega a
terra il mortaio da 300mm mettendolo in batteria; a bordo del
semovente, lo specialista di sistemi, calcolati i parametri per
l’esecuzione della missione, trasmette i dati al battlemech.
Le
riservette delle munizioni vengono aperte, in modo che il ‘mech
possa afferrare la bomba (già tarata e predisposta dall’equipaggio
del mezzo) e caricarla per gravità dalla bocca del mortaio.
Per
la sua difesa il Mortarman è stato equipaggiato con un cannone
automatico classe 5 impugnabile con 1 tonnellata di munizioni stivate
nell’arma stessa; l’arma, quando non in uso, viene riposta sul
retro del Battlemech, in modo da non intralciare il maneggio ed il
caricamento delle bombe di mortaio.
Completa
l’armamento difensivo un lanciamissili a 5 canne montato sulla
testa, ai lati dell’abitacolo del ‘mech, in modo da avere una
buona copertura.
L’arma
fornisce una difesa di punto a lunga gittata ed è impiegabile anche
in funzione di autodifesa contraerea.
L’armamento
secondario è composto da due mitragliatrici convenzionali montate in
alloggiamenti corazzati sulle braccia; hanno un eccellente campo di
tiro e forniscono una difesa efficace contro gli assalti della
fanteria.
Se è
vero che l’impiego di armamenti puramente balistici rende il ‘mech
dipendente da una catena di rifornimento ben sviluppata, d’altro
canto produce un’unità economica da acquisire, gestire e mantenere
che tra l’altro non si scalda mai anche al massimo delle
prestazioni e perciò molto più sicura di unità di prima linea
decisamente più potenti ma che devono amministrare con molta
attenzione la produzione di calore per non incorrere in gravi
inconvenienti, come lo spegnimento improvviso di sicurezza del
reattore.
SPM-300
Genno
Il
sistema-mortaio semovente SPM-300 è basato sullo scafo cingolato di
un normale semovente lanciamissili, un mezzo in uso da decenni presso
tutti gli eserciti della Lega Stellare, notevolmente alleggerito
rispetto al mezzo originale, cosa che ne aumenta considerevolmente la
mobilità e la velocità di spostamento sul campo di battaglia.
L’uso
di un veicolo ben noto come base ha permesso notevoli risparmi in
termini di tempo di sviluppo e risorse impiegate.
All’interno
dell’abitacolo trovano posto due membri d’equipaggio: un
capocarro/operatore dei sistemi e il pilota; a bordo si trova un
computer balistico digitale ed un datalink ottimizzato per
interfacciarsi con i sistemi del MRT-3N mentre per la sua autodifesa
ravvicinata, il mezzo dispone di una economica mitragliatrice leggera
a controllo remoto, montata sul cielo dell’abitacolo, in
corrispondenza della botola del capocarro, per la difesa di punto
contraerei e contro la fanteria.
L’armamento
primario è il mortaio da 30 centimetri di calibro lungo 20 calibri,
montato nella parte posteriore dello scafo, completo di piastra base
di 3 metri di diametro e fornita di costolature per l’ancoraggio al
terreno e il bipiede di supporto, dotato di ammortizzatori
idro-pneumatici; per il trasporto il pezzo viaggia adagiato lungo la
parte superiore dello scafo; le operazioni di messa in batteria ed il
ripiegamento vengono effettuate col supporto di un ‘mech modello
MRT-3N Mortarman.
Elevazione
e brandeggio sono controllati dall’abitacolo del mezzo e sono
completamente servo-assistite; il pezzo ha un alzo da +50° a
+80° mentre lo scostamento laterale è di 10° a destra e sinistra.
Il
pezzo è costruito come un mortaio convenzionale per la fanteria,
costituito da un tubo ad anima liscia dotato di percussore fisso sul
fondo della culatta; le bombe vengono alimentate per gravità, dalla
volata. Scendono lungo il tubo fino a che l’innesco, inserito nel
codolo, colpisce il percussore; la carica di lancio – composta da
“zoccoli” di nitrocellulosa – esplode e la bomba vola verso il
bersaglio.
Il
contraccolpo attiva la spoletta mentre le alette direzionali fissate
sulla coda stabilizzano la bomba in volo.
Con
un peso al lancio di circa 250 chilogrammi ed una lunghezza di circa
1,8 metri, la bomba contiene una carica di esplosivo ad alto
potenziale per un peso in percentuale compreso tra il 10 ed il 25
percento, con le cariche
minori
utilizzate nelle bombe a frammentazione e la carica massima in quelle
dirompenti/da demolizione.
La
riserva di munizioni trasportate a bordo è di 20 colpi, ciascuna
bomba è inserita verticalmente in un alloggiamento protettivo; al
momento dell’uso, vengono aperti i portelli sul cielo dello scafo e
le bombe esposte per poter essere afferrate dal MRT-3N Mortarman.
Dato
il suo ruolo come arma d’assedio, la prima bomba ad essere
costruita è stata quella dirompente/da demolizione, in grado di
spianare interi edifici, ridurre in macerie bunker e fortificazioni e
rendere inutilizzabili piste, ricoveri e altre strutture “dure”.
Si
tratta di una bomba dotata di ogiva rinforzata, progettata per
penetrare nel cemento armato, nel calcestruzzo o nella pavimentazione
di una strada o di una pista di decollo e fornita di spoletta a
scoppio ritardato, in modo che la carica esploda quando l’ordigno è
incassato nel bersaglio.
La
detonazione apre crateri profondi e di grande diametro nel terreno
ovvero sbriciola dall’interno edifici e ricoveri.
Il
secondo modello di bomba – sviluppato verso la fine della guerra,
quando il semovente cominciava ad essere impiegato anche come arma
difensiva – è del tipo a frammentazione perforante; la carica
esplosiva è ridotta in quanto serve principalmente ad “aprire”
il corpo bomba – realizzato in lamiera d’acciaio ad alta
resistenza ma piuttosto sottile – per scagliare oltre un migliaio
di shrapnel/spezzoni perforanti ad altissima velocità (2000+ m/s)
nel raggio di un centinaio di metri.
Questi
shrapnel sono veri e propri proiettili cilindrici-troncoconici
realizzati in acciaio al tungsteno o più spesso in uranio impoverito
e sono in grado di perforare blindature di notevole spessore.
La
spoletta è del tipo programmabile/di prossimità e fa si che
l’ordigno esploda in aria, anziché all’impatto col terreno,
saturando così una vasta area con frammenti perforanti ad alta
velocità.
La
bomba a frammentazione è un’arma multiuso, in grado di danneggiare
seriamente tanto i ‘mech quanto i veicoli corazzati ed è
particolarmente letale contro le fanterie.
È
attualmente la munizione più comunemente impiegata da chiunque metta
in campo i Genno/Hammer (come vengono chiamati dalle altre Casate).
Altri
due tipi di bombe vennero sviluppate dai Kuritani durante la Prima
Guerra di Successione ma sono state ufficialmente ritirate a seguito
degli accordi tra le 5 Grandi Casate successivi al conflitto: le
bombe chimiche e quelle nucleari.
La
bomba chimica, divenuta tristemente famosa durante il massacro di
Kentares IV, è un vettore consistente in un involucro sottile di
acciaio contenente centinaia di piccole ampolle di vetro riempite di
gas VX; la carica scoppiante viene attivata in aria da una spoletta
temporizzata/di prossimità.
Lo
scoppio apre il corpo-bomba e scaglia su una vasta area le ampolle di
VX che si infrangono al contatto col terreno (o altro ostacolo
solido) contaminandolo con l’aggressivo chimico, che resta così
attivo per giorni o settimane a meno di una pronta decontaminazione.
Inutile
dire che il VX è estremamente tossico e letale per li umani esposti
anche in concentrazioni minime.
Ultima
ad essere sviluppata ma fortunatamente impiegata solo in una manciata
di occasioni, contro bersagli particolarmente “ostici”, fu la
bomba nucleare tattica, una derivazione del tipo Davy
Crockett-M.
La
potenza selezionata, tutto sommato modesta, era conseguenza della
gittata relativamente ridotta del mortaio; testate più potenti (come
le Alamo) sarebbero state fattibili ma oltre ad essere
considerate spropositate per l’uso inteso (distruzione di
concentrazioni di truppe all’aperto e la distruzione chirurgica di
capisaldi/bunker) presentavano il rischio concreto che le conseguenze
dell’esplosione potessero mettere in pericolo anche il veicolo
lanciatore a meno di essere sparate alla massima gittata possibile.
Specifiche
di gioco
le
caratteristiche e le specifiche del veicolo sono assolutamente
convenzionali, ad eccezione del mortaio che, essendo un nuovo pezzo
di equipaggiamento, necessita di un approfondimento:
Tipo:
Groundshaker
Calore:
10
Danno:
speciale1
Gittata:
minima 2, massima 16 mappe
Peso:
11 tonnellate
Spazi:
11
Colpi:
4/tonnellata
Costo:
216.000 C-bills
1
dipende dal tipo di
munizione, vedi tabella.
Venendo
alle regole di gioco specifiche, il mortaio – a differenza delle
altre armi di artiglieria “regolari” - è un’arma
esclusivamente a fuoco indiretto, non può perciò sparare
direttamente al nemico come un cannone quando si trova entro i
famigerati 17 esagoni di distanza, in quanto i suoi attacchi vengono
lanciati esclusivamente nella seconda parabola (cioè con traiettoria
alta).
Questo
vuol dire che il mortaio ha anche una gittata minima quantificata in
termini di gioco in due (2) mappe di Battletech.
Tutti
gli attacchi vanno perciò diretti contro bersagli compresi tra le 3
e le 16 mappe di distanza; i colpi raggiungeranno il bersaglio nei
tempi normalmente previsti per gli attacchi di artiglieria per una
data distanza.
Munizioni
tipo: Danno: Raggio: Costo:
HE-FRAG 201 3 16.000
C-bills
Dirompente 302 - 16.000
C-bills
CHEM speciale3 2 24.000
C-bills
Nuke4 speciale - 225.000
C-bills
1
nell’esagono d’impatto qualunque unità viene attaccata
come per le normali regole per l’esplosione delle granate
d’artiglieria (praticamente 4 attacchi d 5 punti); per tutte le
unità al di fuori della zona d’impatto, la
bomba ha l’effetto di una raffica di LRM eccetto
che infligge danni
doppi sulla fanteria allo scoperto; entro 1 esagono usate la colonna
20, 15 a 2 esagoni e 10 a 3 esagoni.
Gli
shrapnel non colpiscono bersagli che si trovino completamente al
riparo di strutture e/o ostacoli naturali.
2
l’effetto della bomba
dipende dal tipo di bersaglio. Se colpisce il terreno o
una superficie “dura”
il danno è pari a quello di una normale munizione esplosiva: per
ogni esagono di distanza, il danno cala di 10 punti ed è assegnato
secondo le regole consuete per gli attacchi di artiglieria;
l’esplosione lascia un cratere profondo 1 livello nell’esagono
in cui scoppia
(contrassegnato dalle pedine di macerie) che impedisce il movimento
di qualunque veicolo terrestre.
La
fanteria può attraversare gli esagoni del cratere come se scendesse
o si arrampicasse su un dislivello, così come i Battlemech che
finché si trovano nel cratere godono della posizione “a scafo
sotto”.
Se
l’attacco è indirizzato contro un edificio o altra struttura
(bunker, fortificazione o altro), procedete come per un normale
attacco contro unità al coperto o all’interno dell’edificio,
dividendo il suo Fattore di Costruzione per 10 e sottraendolo al
valore di danno della bomba; se il risultato è negativo, la bomba
esplode all’esterno producendo il danno consueto alla struttura (e
alle unità eventualmente all’interno della stessa); se il
risultato è positivo, la bomba è penetrata nella struttura, nel
qual caso raddoppiate il valore di danno contro la struttura colpita,
mentre le strutture/esagoni adiacenti subiscono il normale danno
collaterale per l’esplosione (cioè la metà del danno normale).
3
la bomba copre l’area
di scoppio di gas nervino letale; personale non protetto e/o allo
scoperto è effettivamente eliminato dal gioco. Fanteria equipaggiata
di protezione NBC non è affetta, così come gli equipaggi dei
veicoli (purché chiusi) e dei Battlemech, che dispongono di
dispositivi NBC e di supporto vitale. Truppe sorprese allo scoperto
possono reagire all’attacco “salvandosi” con 8 o più su 2d6,
altrimenti sono eliminate.
4
Il costo in tabella è
per il singolo ordigno, non per una tonnellata di munizioni.
Per
gli effetti dell’attacco, fate riferimento alle regole sulle armi
nucleari, riportate al seguente indirizzo:
http://battletech.rpg.hu/mechfactory_frame.php
Note
del progettista: Trattandosi di
nuovi mezzi assolutamente non ufficiali, mi sono preso delle libertà
(diciamo pure parecchie!) nella creazione delle specifiche; quelle di
cui sopra sono perciò house
rules (classe 3) e come tali assolutamente opzionali ed introducono
una nuova arma di artiglieria da affiancare ai ben più noti Artemis
IV, Sniper, Thumper e Long Tom: il Groundshacker (Scuotiterra) le cui
statistiche sono quelle che
vedete; non esistendo
un’arma del genere nelle regole ufficiali di Battletech, ho fatto
di necessità virtù ed ho utilizzato per i calcoli nella costruzione
del veicolo l’arma che più si avvicinava per le sue
caratteristiche di peso/ingombro al Groundshacker, nello specifico un
cannone LB-10X (11 ton), così come, per le munizioni, che sono
quelle di un Fucile Gauss Pesante (4 colpi/ton).
Come sempre, per quanto riguarda i veicoli convenzionali, il
calore può essere tranquillamente ignorato, tanto più che il pezzo
è montato esternamente al veicolo, così come gli spazi interni, che
possono essere considerati occupati dal meccanismo di dispiegamento
del mortaio.
Per quanto riguarda il ‘mech, attenendomi ad una lunga e
consolidata tradizione, ho adottato a modello il Soltic
H102 “Bushman” un mecha tratto dall’anime “Fang of
the Sun Dougram” del quale la FASA adottò numerosi
modelli come il Griffin, lo Shadow Hawk, il Wolverine etc. per
la sua edizione originale.
Le specifiche originali del mecha prevedono un armamento
composto da un fucile/lanciagranate imbracciabile, due lanciarazzi a
6 canne montati sulla testa ed un paio di “armor rifles”
(praticamente mitragliatori pesanti) nelle braccia.
Dal momento che secondo le regole standard di Battletech, con
l’abitacolo montato nella testa è impossibile montare
equipaggiamenti che occupino più di 1 spazio, ho optato per
l’installazione di un singolo lanciamissili LRM/5, mentre il
cannone AC/5 e le mitragliatrici sono montati nelle braccia, come da
progetto.
MRT-3N Mortarman Game Sheet
MRT-3N Mortarman Tech Sheet
SPM-300 Genno Game Sheet
SPM-300 Genno Tech Sheet